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La Memoria del Bipartito

di Miguel Martinez - 15/02/2007

 

Il sistema bipartitico, abbiamo detto, è come quello ludico.

Puoi essere della Roma o della Lazio, ma devi sostenere l'Industria del Calcio.

Per tenersi in piedi, questo sistema si deve dotare di un simbolo condiviso, l'equivalente politico del Grande Pallone.

I sistemi politici si creano i propri simboli, reinventando la storia.

Ecco che si inventa la storia degli italiani, popolo buono e creativo, vittime del Totalitarismo, liberati dagli americani in un tripudio di bandiere (la "Resistenza", con i suoi mujahidin armati alla buona, illegali e senza divisa viene silenziosamente accantonata).

Questa Newhistory - per parafrasare Orwell - viene raccontata soprattutto attraverso una serie di filmini sentimentali prodotti e diffusi da Rai Uno.

La Newhistory viene divisa tra le parti: un 70% al Totalitarismo Nazifascista, il 30% a quello Comunista.

Certo, molti italiani sono stati uccisi dai nazisti e dai fascisti. Un buon numero è stato ucciso dai partigiani.[1]

Ma un numero molto maggiore di italiani è stato mandato a morire a forza in guerre che iniziano nel 1911 e continuano, dopo la "pugnalata alle spalle" all'impero austroungarico, in Etiopia, in Libia, in Grecia, in Africa, tra le steppe del Don. Il loro assassino esiste ancora oggi, e si chiama Esercito Italiano.[2]

Un numero altissimo, poi, molto maggiore delle vittime dirette di nazisti e comunisti, è morto o ha perso tutto nei bombardamenti e nei mitragliamenti aerei angloamericani.

Queste memorie, la cui stessa esistenza è una meritatissima offesa alla Dignità della Patria e all'Onore dei Liberatori, sono oggetto al massimo di qualche piccola pubblicazione locale.

Si dà però il caso che il Bipartito ha i suoi pilastri politici (ben altri sono quelli economici) negli eredi dei totalitari fascisti in alleanza con gli eredi dei totalitari comunisti.

Questo crea un'opportunità per gli uni, che diventa anche un problema per gli altri.

Ad esempio, i nipoti dei comunisti troverebbero utile che si sottolineassero più spesso le colpe dei nonni della squadra avversaria, e viceversa.

I nipoti dei fascisti cercano invece di non far parlare di crimini fascisti, e di reindirizzare questo veleno il più possibile verso una specie di alieni chiamati nazisti, che non hanno nipoti, non votano e non possono creare problemi internazionali.

I nipoti dei comunisti devono rispettare la Quota Memoria riservata alla destra, ma vorrebbero che si parlasse il meno possibile di crimini commessi dall'ex-PCI e dintorni. C'è una soluzione a portata di mano: reindirizzare questo veleno verso "gli slavi".

Un esempio particolarmente ributtante di questo trucco ce lo ha mostrato il solito Giorgio Napolitano pochi giorni fa.

E' lo stesso signore che ha aspettato mezzo secolo, nonché quindici anni dopo la fine dell'URSS, per stigmatizzare l'attacco sovietico a Budapest nel 1956; ma che non ha aspettato la morte di Berlinguer per tessere ogni sorta di trama con il dilagante impero statunitense. Lo stesso che dopo i massacri israeliani in Libano e in Palestina ha messo in guardia contro... l'antisionismo.

Dopo lo stesso mezzo secolo di silenzio sulle foibe, Napolitano prende la palla della destra e la scaglia con veemenza addosso alle popolazioni che hanno avuto la nera sfortuna di subire il dominio italiano per vent'anni.

Napolitano, disarmando gli anticomunisti, dichiara che "il dramma del popolo giuliano-dalmata" fu scatenato «da un moto di odio e furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo che prevalse innanzitutto nel trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica». 

Senza entrare negli eventi successivi, chi, se non l'Italia, tra il 1915 e il 1918, ha fatto morire 600.000 italiani per un "disegno annessionistico" nei confronti di terre che non erano mai appartenute prima a uno stato chiamato "Italia"?

Il presidente della Croazia ha risposto con parole di assoluta, semplice verità:

«È impossibile non intravvedere elementi di aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo politico.»

Tutti "sdegnati" per le parole del "fanatico nazionalista balcanico, ustascia e comunista".

Nota.

[1] Non voglio assolutamente discutere qui della questione della verità e della gravità dei rispettivi delitti, le relative giustificazioni, se sono "moralmente comparabili" e tutto il resto.

I destri e sinistri politicamente astuti evitano come la peste simili discussioni, perché il Bipartito ha bisogno di armonia e di condanna unanime verso un capro espiatorio estraneo a entrambi, non di giustificazioni e di accuse reciproche.

[2] Come tutti gli enti collettivi - Italia compresa - "l'esercito italiano" semplicemente non esiste.

Allo stesso tempo, quello che oggi si chiama esercito italiano si inserisce orgogliosamente nello stesso filone di "storia militare" che dal 1911 finisce sulle rive del Don.

Non esiste la rottura simbolica che esiste, ad esempio, con l'esercito borbonico o quello pontificio, che si potrebbero benissimo demonizzare, se ciò servisse a qualche funzione politico-storica.

Gli ufficiali che hanno eseguito e imposto ordini non erano quindi estranei a quello che è oggi l'esercito italiano, che il Bipartito sostiene e anzi invia unanimamente in giro per il mondo.

Ecco perché la critica alle guerre italiane, a parte le accuse a "quel pazzo di Mussolini", è impossibile e non può essere fatta rientrare nella memoria storica italiana.