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Il fantasma di legittimazione

di Miguel Martinez - 21/02/2007

 

Segnalo uno splendido post di Dacia sulla situazione della democrazia in Italia.

Dacia - come anch'io alcuni giorni fa - ha scelto di usare come spunto il caso di un gruppo molto piccolo di persone che sembra aver scelto la lotta armata.

Un caso politicamente irrilevante, ma interessante perché fa da cartina di tornasole, obbligandoci - se siamo in buona fede - a chiederci quale alternativa concreta e possibilmente vincente possiamo contrapporre alla loro scelta.

Quando si usano gli esempi forti, come questo, la gente tende a fissarsi sul dito e non sulla Luna, per poi scendere in un pantano inestricabile di moralismi.

Per cui ribadisco il punto fondamentale: ciò di cui stiamo discutendo è la ricerca di una risposta alla domanda posta dai cento e passa mila manifestanti di Vicenza (nonché dal 70% degli abitanti della stessa città), da un'intera società precarizzata (e non mi riferisco solo ai precari "ufficiali"), dagli abitanti della Val di Susa, dai due terzi degli italiani che si sono espressi nei sondaggi contro la spedizione in Afghanistan.

Tutte queste persone hanno espresso in modo netto il proprio punto di vista.

E i governanti che loro stessi hanno eletto, hanno risposto, magari con un'intervista a un quotidiano indiano di cui nessuno aveva mai sentito parlare prima, che il governo se ne frega di ciò che pensano, perché quando si arriva alle cose importanti, l'Italia non è governata dal popolo, bensì da trattati segreti, da incontri tra professionisti della politica, militari e potenti finanzieri a cui noi non siamo ammessi, da enti con sigle strane, dalla forza ineluttabile del "mercato globale" a cui dobbiamo tutti obbedire.

Persino gli spazi simbolici vengono espropriati.

Infatti, pur avendo la certezza che il 99% dei parlamentari italiani, eletti dal popolo, avrebbe scelto contro il popolo e a favore del governo, il governo ha lanciato una campagna durissima per privare il popolo anche della rappresentanza simbolica di due o tre parlamentari che proponevano timidamente di votare contro la spedizione afghana.

Credo che alcune delle cose più chiare e semplici le abbia detto in merito Costanzo Preve.

Ecco qualche citazione dal suo libro, Il popolo al potere. Il problema della democrazia nei suoi aspetti storici e filosofici (Arianna Editrice, Casalecchio, 2006):

"In casi come questi è meglio rischiare l'unilateralità assertiva ed essere radicali: semplicemente, non viviamo in una democrazia. La democrazia oggi è un fantasma di legittimazione, così come, a mio avviso, erano fantasmi di legittimazione il carattere cristiano della societas christiana del Medioevo europeo o il riferimento al pensiero di Karl Marx del comunismo storico novecentesco."

"Il potere del popolo, o meglio il potere al popolo, presuppone un insieme di cittadini consapevoli, informati e soprattutto sovrani del contenuto della propria decisione politica. Oggi il presunto 'cittadino' è suddito di due imponenti forze di espropriazione: il gigantesco circo mediatico, il cui compito è appunto la disinformazione pianificata e programmata attraverso una peculiare tecnica di saturazione apparentemente 'informativa' - si tratta di un vero e proprio mondo alla rovescia - e la presenza di mercati finanziari sottratti a qualsiasi sovranità statale e comunitaria."

"La conoscenza è espropriata dalla sapiente saturazione del 'circo mediatico' - che solo gli illusi e i faziosi ritengono seriamente diviso in sinistra, centro e destra - mentre la decisione lo è dalla macchina, apparentemente anonima, fatale e impersonale dei cosiddetti 'mercati finanziari' (per cui le nazioni diventano aziende, e la nazione italiana diventa 'Azienda Italia')."

"Viviamo in un'oligarchia o, più esattamente, in un sistema oligarchico controllato congiuntamente da un circo mediatico e da una rete di mercati finanziari; un sistema di potere periodicamente legittimato da referendum elettorali di facciata, che ha incorporato residui costituzionali della tradizione liberale classica, fondati sulla tutela, anche giuridica, della libertà di opinione e di organizzazione del cittadino (cittadino, peraltro, inteso come atomo portatore di libertà originaria, non come membro attivo di una comunità in divenire)."

"Se il nostro prodotto politico occidentale di esportazione è una oligarchia, malamente travestita da inesistente democrazia, è del tutto falso e illegittimo far passare questo prodotto avariato per un diritto umano universalistico primario come la penicillina o le benemerite tecniche di potabilizzazione delle acque".

"I caroselli domenicali di tifosi politici con il clacson schiacciato e lo sventolio di bandiere di partito, non sono un'alternativa alla tribù qualunquistica dei borbottatori di caffè, che manderebbero tutto il ceto politico a lavorare nelle miniere di sale, ma ne sono solo l'opposto complementare."