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Turigliatto: chi ha tradito chi?

di Francesco Fumarola - 26/02/2007

Turigliatto e la falsa percezione dell’elezione diretta del Premier

In Italia sembra un fatto, e non lo è, che Romano Prodi sia stato investito della carica di Presidente del Consiglio "direttamente" dal Popolo Sovrano per il tramite delle elezioni.

Invece il Popolo Sovrano elegge i suoi rappresentanti in Parlamento (di cui una ventina sono stati condannati con sentenza definitiva dalla Giustizia italiana, ma poco importa) ed in Parlamento il Presidente del Consiglio, incaricato dal Presidente della Repubblica dopo le "consultazioni" di rito, ha il compito di "cercarsi" i voti per l’investitura (fiducia).

Naturalmente il Capo dello Stato "tiene conto" dell’indicazione del voto ma questo non esime il Parlamento, qualora rintracciasse un candidato diverso intorno al quale far coalescere un numero superiore di voti, dal proporlo in alternativa al primo.

Questo per dire che cosa? Innanzitutto per dire che, essendo il Presidente del Consiglio espressione della maggioranza ricavata in Parlamento, è dilettantesca ogni richiesta di "tornare al voto": il Presidente della Repubblica ha l’obbligo costituzionale di verificare la sussistenza di "altre" maggioranze. Soltanto qualora l’esito risulti essere negativo, egli può sciogliere le Camere.

In secondo luogo, non essendoci elezione diretta del Presidente del Consiglio per quanto si è detto sopra, non pare opportuno parlare di "vincolo popolare" per deputati e senatori (Turigliatto e Rossi, per esempio) verso un premier (ricordiamolo) semplicemente "indicato" dai partiti usciti vincenti dalle urne. E’ infatti la stessa Costituzione a chiarire, tra le righe, che nulla vieta alla maggioranza di "sfiduciare" in qualunque momento il Presidente del Consiglio e di cercarne un altro. Forse la Costituzione legittima i "tradimenti"? Certo che no: si prende atto che i contesti politici possono mutare e con essi le maggioranze.

Dunque la maggioranza può "dare la fiducia" così come può "togliere la fiducia".

Tuttavia per i maniaci della politica da "stanza dei bottoni" e per le mezzetacche dei giornalisti nostrani al seguito, Turigliatto avrebbe tradito. Abbiamo visto che il popolo non può essere stato tradito, perché non ha investito direttamente Prodi (ribadisco che non lo dico io, ma la Costituzione): Turigliatto avrebbe potuto tradirlo solo se avesse cambiato casacca, e così non è stato.

Ma allora: chi o che cosa avrebbe tradito Turigliatto? Ha tradito la sua Base, quella della corrente troskista "Sinistra-Critica"?

Tutt’altro. Con libertà di coscienza e coerenza, Turigliatto ha portato avanti le proprie idee e quelle della base minoritaria di Rifondazione che fa capo a "Sinistra Critica" e che egli rappresenta al Senato. In più, se per amore della "democrazia interna" (si fa per dire, tutti ricordano i famosi Cammelli aggirarsi spavaldi per i Circoli territoriali del PRC al momento dell’ultimo voto precongressuale ) Bertinotti un anno fa aprì le liste elettorali anche a compagni delle aree di minoranza (40% totale, all’ultimo congresso), non si capisce per quale motivo Turigliatto avrebbe dovuto fare un torto a se stesso (e alla democrazia interna) votandosi contro.

I più accorti si guardano bene dal sostenere che Turigliatto abbia tradito l’indicazione del Popolo o della Base (fosse soltanto quella di "Sinistra Critica") e parlano di "tradimento nei confronti della coalizione".

Turigliatto ha davvero tradito la Coalizione? Anche qui non ci pare di dover dilungarci troppo. Del resto la logica vuole che Turigliatto, se per assurdo avesse votato a favore del Governo sul Pacchetto D’Alema, avrebbe tradito la "sua" base, quella che per volere di Bertinotti andava comunque rappresentata in Parlamento ( e ci mancherebbe altro!!!).

Fermo restando tutto questo, è lecito dubitare che si sia trattato davvero di una coalizione politica di Governo.

Che cos’è una coalizione politica di Governo? Si tratta di un’aggregazione di più Partiti politici raccolti intorno ad un Programma di Governo, ancora meglio intorno ad un "comune sentire minimo" che indica quel Programma. Pare di capire che, rintracciato questo denominatore comune, una qualunque coalizione possa tranquillamente definirsi altro-dai-partiti che la compongono (questa banalità è stata fiutata da Fassino, D’Alema e Rutelli quando hanno messo in moto il trenino che li porterà tra qualche tempo al Partito Democratico: più ampio risulterà questo nuovo soggetto politico cattoriformista, maggiori saranno le possibilità di formare una coalizione forte)

Non è però il caso de "l’Unione" che senza esserlo, è stata pubblicizzata come una coalizione, come la "sintesi nel Programma".

I fatti stanno a dimostrare che non si trattava, e non si tratterà nemmeno in futuro, di una coalizione ma di un’addizione di voti riuniti intorno alla necessità di "stare al potere il più a lungo possibile".

Rimane un fatto triste e che si poteva evitare stando semplicemente più attenti: Turigliatto e "Sinistra Critica" avrebbero dovuto sapere fin da subito che, appoggiando il Governo, prima o poi sarebbe giunto il momento di fare i conti con la propria coscienza e con il mostro massmediatico filocapitalista (amesso che non si voglia essere autolesionisti): ci pare strano che non ne abbiano calcolato l’evenienza!

In conclusione per "Sinistra Critica" non sarebbe stata una cattiva idea recidere da subito i rapporti con "l’Unione" uscendo da Rifondazione Comunista subito dopo le elezioni e prima della formazione del Governo. Il rischio, come vediamo, è di esserne cacciati per una "falsa percezione" (elezione diretta di Prodi) imbastita ad arte dalla borghesia.

(www.mercantedivenezia.org)