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Il Consumo responsabile (dossier)

di Frare Benedetta e Franco Indira - 03/03/2007

 

 


Il commercio equo e solidale: che cos’è?
Nei paesi di lingua spagnola viene denominato “comercio justo”, richiamando una parola, “giustizia”, che ben si adatta a rappresentare il concetto che sta dietro questa forma innovativa di mercato, inventata dagli olandesi vent’anni fa. I movimenti di base che lavoravano nella cooperazione internazionale si accorsero allora che i “cafetaleros” dell’America Latina erano costretti a vendere il frutto delle loro fatiche ad un prezzo che a stento li ripagava dei costi di produzione. In realtà, gran parte del margine di guadagno veniva disperso nei mille rivoli delle intermediazioni commerciali locali che trattenevano per sé un margine considerevole del prezzo a cui veniva acquistato il caffè. Questi gruppi olandesi escogitarono un sistema molto semplice per offrire più margine ai loro amici produttori: si offrirono di importare direttamente piccole quantità di caffè che avrebbero poi rivenduto nel mercato olandese, rompendo così la catena delle speculazioni.
Da questa intuizione, che i fondatori identificarono in un motto “Trade not aid” (“Commercio, non aiuto”), nasce il Commercio Equo e Solidale che dal concetto di superare le intermediazioni si sviluppa come “prezzo giusto” di acquisto non più solo del caffè ma di tanti altri prodotti alimentari e oggetti di artigianato disponibili oggi in migliaia di negozi in tutta Europa grazie alle Botteghe del Mondo.
Sono questi luoghi (solo in Italia più di 400), dedicati alla vendita dei prodotti del Sud del mondo comperati a prezzi “equi”, ad essere il primo canale di relazione fra produttore e consumatore finale che non è solo un semplice acquirente ma attraverso il pacchetto di caffè entra direttamente in contatto con chi lo produce. Chi compra aumenta infatti il grado di consapevolezza e di responsabilizzazione sulle conseguenze del suo gesto nei confronti dei piccoli produttori di caffè dell’Africa e dell’America Latina; il caffè venduto ad un prezzo giusto, d’altra parte, consente alle organizzazioni di produttori di attivare processi di sviluppo e di autogestione al di fuori della logica assistenziale. Quel famoso margine tolto agli speculatori, si trasforma infatti in acqua pulita, vie di comunicazione, abitazioni migliori, formazione di base e professionale, centri sanitari più vicini e riforniti, aumento di reddito da destinare ad una migliore alimentazione, all’educazione dei figli, al miglioramento della qualità di vita delle donne e degli anziani.
Il Commercio Equo e Solidale è diventato così una delle risposte possibili agli squilibri ed alle ingiustizie generati dall’attuale sistema internazionale degli scambi.
La creazione di rapporti commerciali equi permette l’instaurarsi di processi di autosviluppo e di autogestione nelle comunità del Sud; d’altra parte, aumenta la consapevolezza e la responsabilizzazione dei consumatori rispetto ai meccanismi che creano gli squilibri.
L’utilizzo dello scambio commerciale equo come strumento di cooperazione permette di uscire da logiche assistenzialiste tendenti a generare dipendenza dagli aiuti, e dimostra che le condizioni necessarie allo sviluppo hanno un costo – per i Paesi del Sud come per i Paesi del Nord – infinitamente minore a quello dei programmi d’aiuto d’emergenza promossi dalle grandi agenzie internazionali.
Commercio Equo e Solidale significa anche maggior autostima e fiducia, significa maggior rispetto da parte delle istituzioni locali (enti locali, banche), significa riprendere in mano il proprio futuro.
Per i consumatori, Commercio Equo e Solidale vuol dire contribuire alla costruzione di un mondo più equo e ricreare rapporti di solidarietà con le popolazioni oppresse, vuol dire dichiarare la propria contrarietà a un sistema economico iniquo. E’ un metodo di pressione sui governi e sulle istituzioni internazionali che decidono, in nome dei cittadini, le politiche di sviluppo.
 
 
Il Commercio Equo e Solidale in Italia
Il Commercio Equo e Solidale è nato in Italia nella seconda metà degli anni Ottanta, quando l’attività di alcune associazioni, attive da qualche anno nel sostegno ai Paesi del Terzo Mondo, prende una strada meno assistenzialistica e più orientata a rapporti commerciali equi tra venditori e compratori con pari dignità. Nascono, grazie all’impegno volontario di migliaia di persone, le Botteghe del Mondo, negozi che vendono esclusivamente o comunque in via prioritaria i prodotti del Commercio Equo e Solidale, e che all’attività di vendita affiancano quella di informazione e formazione sui temi dei rapporti Nord-Sud e del Commercio Equo, e le centrali d’importazione, cooperative specializzate nell’importazione e nella distribuzione dei prodotti soprattutto alle Botteghe del Mondo.
Fin dall’inizio lo sviluppo, sia in termini di vendite, sia in termini di maggior consapevolezza della società civile italiana, è stato molto forte, ed oggi il movimento del Commercio Equo e Solidale è uno dei principali protagonisti del “Terzo Settore” nel nostro Paese, con le sue oltre 450 Botteghe e alcune migliaia di volontari.
Dal 1995 i prodotti del Commercio Equo e Solidale sono presenti, grazie al marchio TransFair, anche nei negozi della distribuzione tradizionale.
 
 
I marchi di garanzia del commercio equo
Dal 1986 le organizzazioni di Commercio Equo e Solidale (ATOs, Alternative Trade Organizations) europee ed i loro partners nel Sud del Mondo cominciano a discutere sulla necessità di maggior diffusione per i prodotti del Commercio Equo e Solidale.
Se il 60% dei prodotti artigianali dei produttori partners delle ATOs riesce ad ottenere un prezzo equo, infatti, per i principali prodotti agricoli (caffè, tè, cacao…) questa percentuale scende al 10-12%.
Il resto della produzione continua ad essere venduto agli intermediari locali o agli esportatori legati alle multinazionali, e questo vanifica in gran parte gli sforzi dei produttori e delle ATOs, ponendo inoltre dei problemi riguardo all’efficacia dell’azione ed alla continuità che il Commercio Equo e Solidale può avere nel tempo.
Si decide, dopo numerose riunioni e discussioni che coinvolgono le ATOs, i produttori e numerose ONG (le Organizzazioni Non Governative sono organismi, espressione della società civile, di cooperazione con il Sud del Mondo), che la soluzione può venire dall’inserimento di prodotti equosolidali nei canali distributivi tradizionali, e che a tale scopo è necessaria la creazione di un marchio distintivo dei prodotti acquistati a condizioni eque, che renda visibili e distinguibili questi prodotti tra tutti quelli presenti sugli scaffali di negozi e supermercati.
L’idea comincia a realizzarsi con la fondazione, il 20 maggio 1988, di “Stichting Max Havelaar”, organizzazione dei Paesi Bassi per la promozione del marchio Max Havelaar, che istituisce un Registro dei Produttori di Caffè e che concede l’uso del suo marchio agli importatori e distributori di caffè che si impegnano a rispettare le regole del Commercio Equo.
Il modello si diffonde anche in altri Paesi, nascono altre organizzazioni nazionali Max Havelaar (Belgio, Francia, Svizzera, Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia), nasce TransFair International, cui aderiscono le organizzazioni nazionali di Germania, Lussemburgo, Austria, Giappone, USA, Canada e Italia, e nascono Fairtrade Foundation nel Regno Unito e la Irish Fair Trade Network in Irlanda.
Vengono istituiti i Registri dei Produttori di cacao, tè, zucchero, miele, banane e succo d’arancio.
Il numero di produttori che entrano in contatto con il Commercio Equo e Solidale ed il numero di punti vendita in cui si possono trovare prodotti equosolidali aumentano vertiginosamente, ed aumenta anche la consapevolezza e l’attenzione dei consumatori rispetto alla necessità di condizioni di produzione e di commercializzazione eque.
 
Fairtrade Labelling Organizations
E’ questo il contesto in cui nasce FLO (Fairtrade Labelling Organizations International), organizzazione senza scopo di lucro con sede in Germania, fondata nell'aprile del 1997. I suoi membri sono i marchi nazionali come TransFair in Italia, Germania, Austria, Canada, Giappone, Stati Uniti; Max Havelaar in Svizzera, Olanda, Belgio, Danimarca, Francia, Norvegia; Fair Trade Mark in Irlanda; Fair Trade Foundation in Inghilterra. Tutte queste Iniziative Nazionali sono organizzazioni senza scopo di lucro che promuovono il Commercio Equo e Solidale, svolgono azione di lobby, trattano con gli importatori e i commercianti al dettaglio, diffondono informazioni sul Commercio Equo Solidale e organizzano campagne educative.
FLO si incarica di stabilire i criteri del Commercio Equo e Solidale e di farli rispettare attraverso FLO-Cert, un’agenzia indipendente, fondata nel 2004,  che si occupa esclusivamente di certificare il rispetto degli standard di FLO da parte di tutti gli operatori della filiera: produttori, importatori e trasformatori finali.
 
FairtradeTransFair Italia
Nel 1994, facendo seguito alla nascita di TransFair International e delle prime iniziative nazionali di marchio, venne fondata l’Associazione TransFair Italia, con il compito di aprire la strada della distribuzione tradizionale ed organizzata ai prodotti del Commercio Equo e Solidale.
TransFair Italia fu fondata con il concorso delle centrali d’importazione del Commercio Equo, dell’Associazione Botteghe del Mondo, di importanti parti della società civile, quali Arci, Acli, Agesci, ACU, CGM, Pax Christi e di alcune tra le principali ONG italiane (ManiTese, Focsiv, Acra, Cipsi, Cospe…).
Il primo prodotto a marchio TransFair, il caffè, venne messo in commercio sul finire del 1995. Seguirono il tè ed il miele, poi il cacao e la cioccolata, e nella primavera del 2000 fu  la volta del succo d’arancio. Nel 2003 vennero introdotte le banane, l’ananas e nel 2004 è partito un progetto sperimentale per la vendita dei manghi del Senegal nella Grande Distribuzione Organizzata. Nel frattempo l’Associazione TransFair Italia ha rafforzato la sua base sociale e, dal 2004, si è trasformata  nel Consorzio Fairtrade TransFair Italia, con 22 soci.
Fairtrade TransFair Italia conta oggi su 45 licenziatari ed i prodotti a marchio sono presenti in migliaia di punti vendita in tutta Italia. 
 
Le garanzie del marchio Fairtrade TransFair
Il principio base su cui si fonda è di offrire maggior sicurezza ai piccoli produttori affinché abbiano la possibilità di investire e di migliorare le loro condizioni di vita. Uno sviluppo che può avere un’influenza positiva anche sulle nostre economie e sulla nostra vita quotidiana. Con il marchio Fairtrade-TransFair nuovi orizzonti si aprono ai produttori ed ai consumatori, grazie ai criteri che i licenziatari (importatori e trasformatori) sono contrattualmente tenuti a rispettare:
 
  • acquisti diretti: i prodotti devono provenire direttamente dai produttori del Sud, organizzati collettivamente e democraticamente. Ogni intermediazione non necessaria è proibita. Gli importatori possono acquistare dalle cooperative ed associazioni di produttori iscritte nei registri internazionali tenuti da FLO-Cert. I trasformatori (torrefattori) possono acquistare direttamente dai produttori o tramite gli importatori autorizzati.
  • Prezzi equi: il prezzo di vendita deciso con i produttori deve coprire i costi di produzione e permettere ai lavoratori un livello di vita dignitoso. Si compone di un prezzo minimo garantito, indipendente dalle –spesso enormi- fluttuazioni delle quotazioni dei mercati ufficiali, e di un Fairtrade Premium fisso destinati a progetti di sviluppo decisi e gestiti dalle cooperative. Se il prezzo di mercato supera il prezzo minimo garantito, gli importatori autorizzati da FLO-Cert pagano il prezzo di mercato aumentato del Fairtrade Premium. Le colture biologiche certificate godono di un ulteriore Premium.
  • Relazioni commerciali stabili: contratti almeno annuali, rinnovabili, devono essere conclusi tra importatori e produttori, al fine di permettere a questi ultimi una migliore programmazione delle attività e degli investimenti.
  • Prefinanziamento dei raccolti: i produttori hanno il diritto di chiedere e di ricevere fino al 60% del valore del contratto già alla conclusione dello stesso, e comunque prima della spedizione della merce. Questo per evitare l’indebitamento ed il ricorso agli usurai, che vanificherebbe i vantaggi del prezzo equo.
 
Le organizzazioni dei produttori iscritte nei registri di FLO
 
Non tutti i produttori possono essere iscritti nei Registri Internazionali di FLO. A garanzia degli importatori e dei consumatori, ma soprattutto dei piccoli produttori, sono stati fissati i criteri per l’ammissione ai Registri:
 
  • Strutture democratiche: i produttori devono essere organizzati in associazioni, gruppi o cooperative, e tutti i membri devono partecipare al processo decisionale. In particolare, la decisione sull’uso del Fairtrade Premium deve essere decisa in assemblea.
  • Non discriminazione: le cooperative devono essere aperte all’entrata di nuovi membri, e al loro interno non devono essere attuate forme di discriminazione razziale, religiosa, politica di genere o di altro tipo.
  • Qualità: i prodotti devono soddisfare le esigenze del mercato; questo soprattutto per stimolare l’uso di tecniche di coltura sempre migliori e l’investimento in formazione.
 
 
Il ruolo di Fairtrade TransFair Italia
FairtradeTransFair Italia non acquista né vende prodotti. Il Consorzio non partecipa direttamente al circuito commerciale e quindi non ricava profitto dalla vendita dei prodotti marchiati. Fairtrade-TransFair Italia, con le royalties derivanti dalla concessione del suo Marchio, garantisce il corretto uso dello stesso: determina i criteri per l’ottenimento del marchio FairtradeTransFair, specifici per ogni prodotto; li propone ai differenti attori commerciali: produttori, importatori, trasformatori e distributori; verifica, insieme a FLO, il rispetto dei criteri da parte delle diverse parti: produttori dei registri, importatori autorizzati, licenziatari; promuove il Commercio Equo e Solidale e la conoscenza del Marchio Fairtrade TransFair.
 
 
Il caffè del Chiapas: un viaggio sulle tracce di Tiemelonla Nichklum, “il fiore che ci unisce”
 
La Sociedad de Solidaridad Social Tiemelonla Nich K Lum non è stata semplice da contattare.
Avevo tentato di inviare un’e-mail senza alcuna risposta, quindi avevo ritentato dal Messico di telefonare alla loro sede, prima con una scheda e infine, la mattina prima dell’unico giorno in cui avrei potuto raggiungere Palenque, da un call-center di S. Cristóbal, dove mi hanno gentilmente informato che il numero era incompleto.
Ho deciso comunque di affrontare il viaggio fino a Palenque (5 ore di autobus) pensando che avrei potuto provare a cercare qualcuno nel magazzino la mattina dopo. In caso contrario sarei andata a consolarmi con una visita alle Piramidi.
Lasciata di fronte al magazzino, ho suonato ed ho trovato un moderno ufficio commerciale, il responsabile commerciale, il responsabile qualità del caffè e una delle due hermanas (Suore) che vivono lì (in un appartamento sopra gli uffici) e fanno da consulenti spirituali, sociali e organizzative.
Tiemelonla vende il 100% del suo prodotto attraverso i canali del Commercio Equo e Solidale, principalmente a Germania, Olanda (e da qui all’Italia, hanno scoperto), Austria, Inghilterra, Danimarca. Stanno valutando la possibilità di vendere il caffè tostato e macinato agli Usa.
Il Fairtrade premium è stato utilizzato in diversi modi nel tempo: nella prima fase per affrontare il problema delle malattie delle piante del caffè, attrezzando un laboratorio dove mettere a punto tecniche di cura e prevenzione secondo metodi biologici e senza fare ricorso a sostanze chimiche. Poi, per un sistema di assistenza tecnica ai produttori direttamente sul campo.
Per il 2005 stanno pensando di utilizzarlo per fare concorrenza ai Coyotes. Nel 2004 ci sono stati problemi climatici in Brasile (il primo produttore mondiale di caffè) che hanno portato a quotazioni più alte alla borsa di New York. In Chiapas, nella zona di Palenque, novembre è stagione di raccolto (dal bus era tutto uno sfilare di caffè messo ad essiccare accanto alle case) e le previsioni sono per un raccolto basso, per cui il prezzo del caffè ha iniziato a salire: gli intermediari hanno iniziato a comprarlo anche a 95 dollari al sacco, alzando molto il prezzo. Sembrerebbe un meccanismo positivo, ma il responsabile commerciale mi ha detto che teme che il prezzo alto dell’intermediario possa portare i contadini a disertare le cooperative per vendere singolarmente con un apparente guadagno, che però potrebbe minare la loro capacità di lavorare con i soci oltre che creare un notevole danno economico. Questo fino al prossimo crollo dei prezzi, che riporterebbe la situazione a condizioni peggiori. Per cui Tiemelonla sta pensando di aumentare il prezzo di acquisto utilizzando parte del Premium.
Siamo poi passati a visitare la struttura della Oficina Comercial che è piuttosto grande: c’è un edificio a due piani che è la Oficina vera e propria. Poi, passando da un corridoio aperto con tettoia che dà su un giardino interno, si passa al laboratorio, che è pulitissimo ed ha l’impianto di condizionamento dell’aria per le piantine del caffè che qui vengono fatte nascere. Poi vi è anche un altro laboratorio dove vengono creati i rimedi naturali da dare alle piante e magazzini a temperatura controllata dove questi rimedi vengono conservati.
Dall’altra parte del cortile, dopo il laboratorio, vi è l’ex-magazzino, che ora è in fase di ristrutturazione per essere utilizzato per assemblee e corsi di formazione, oltre alla cucina per i dipendenti della cooperativa che vengono anche da molto lontano per lavorare. Vi è poi una sala riunioni più piccola che gruppi di soci possono utilizzare per attività formative e informative varie (a quanto ho capito vi sono gruppi di donne, gruppi di ex alcolisti, ma anche gruppi di preghiera). Il tutto è estremamente moderno, in muratura bianca, pulito.
Sopra questo vecchio nucleo sta l’appartamento delle due Hermanas del Verbo Incarnato. Con una di loro mi sono fermata a prendere un caffè e a parlare ancora un po’. Ed è stato molto illuminante, soprattutto per capire l’atteggiamento dei piccoli produttori nei confronti della grande proprietà. Anzitutto la Hermana mi ha spiegato la struttura della Cooperativa, che ricalca la struttura sociale degli indigeni Ch’oles e Tzeltal, poiché ha un’Assemblea dei Soci, un Consiglio e un Presidente, ma ha anche un Consiglio allargato con potere consultivo su qualsiasi argomento di interesse della Cooperativa di cui fanno parte di diritto tutti gli ex-consiglieri che ricalca il Consiglio degli Anziani e ha la precisa funzione di non perdere la memoria storica.
Mi spiega anche che tutti, a parte le due Hermanas, sono indigeni che si sono formati (fino ad arrivare a studi universitari) per lavorare nella cooperativa. La Hermana mi spiega anche che, per esempio, hanno imparato a vestirsi in modo adeguato per le trattative commerciali e a portare le scarpe. Mi racconta anche che, tra gli indigeni, corre voce che una maledizione colpisca chi vada a vedere le piramidi e i siti archeologici. Secondo lei questa è una diceria messa in giro di proposito per evitare che gli indigeni coltivino una loro propria memoria storica e si rendano conto di quanto fosse complessa la civiltà Maya.
La Hermana mi spiega poi la struttura degli Ejidos: sono appezzamenti di terra o foresta che vennero previsti nella Costituzione del 1917 dopo la Rivoluzione condotta da Emiliano Zapata, che formalmente appartengono allo Stato che li dà in concessione alle Comunità Indigene per lavorarle e trarre da lì il sostentamento necessario. Fino al 1992 si trattava di terra inalienabile. Nel 1992 la Costituzione è stata modificata e l’Ejido è stato considerato una proprietà di coloro che lo avevano ricevuto in concessione. Gli Ejidatarios hanno così potuto ritirare gli atti di proprietà della loro terra ed essere liberi di rivenderla. E molti, estremamente poveri, di fronte alle difficoltà di sopravvivenza sull’Ejido, stanno vendendo i loro atti di proprietà per poche migliaia di dollari, spostandosi dalle terre così vendute a Città del Messico o tentando di emigrare. La Hermana mi ha spiegato che questo rientra nei piani di Puebla per la creazione del Corridoio petrolifero (il Chiapas Meridionale è ricco di risorse petrolifere) e dell’Alca. Il Presidente Fox sta incoraggiando questo processo perché è perfettamente integrato in questi piani economici.
Il Chiapas, in particolare, ha mantenuto la medesima struttura sociale di 70 anni fa: la terra coltivabile è ancora divisa a metà tra grandi proprietari latifondisti e Ejidos. Nelle grandi aziende latifondiste (la cui attività principale è l’allevamento soprattutto nella regione di Palenque, ma che coltivano anche caffè e frutta). I lavoratori delle fincas vivono nelle fincas stesse alle totali dipendenze dei proprietari in condizioni di semi-schiavitù. Anche se la struttura della proprietà è ripartita, c’è molta concorrenza tra latifondo e piccoli proprietari organizzati; per questo motivo i latifondisti hanno creato finte cooperative. Talvolta i dipendenti del latifondo credono di essere soci di finte cooperative in cui gli atti di proprietà sono però intestati ad una sola persona. Questo perché spesso i dipendenti non sanno leggere e si fidano della parola del patron.
La Hermana mi spiega quindi che proprio per questo le cooperative di piccoli produttori hanno istituito Certimex, la società certificatrice che lavora a stretto contatto con Flo. Per risparmiare sui costi di certificazione delle produzioni biologiche, ma anche per vigilare su finte affiliazioni alla causa dei piccoli produttori messicani. Tiemelonla partecipa anche al progetto di Commercio Justo Mexico (che non certifica ma promuove i prodotti del Cees sul mercato messicano).
Credo che avrei capito molte altre cose ancora se non avessi dovuto prendere l’autobus delle 14.00 per Tuxla Gutierrez (dove sono arrivata alle 22.00 dopo avere ripercorso praticamente tutto il Chiapas).
 
 
I CONTROLLI EFFETTUATI DA FLO E DA TRANSFAIR ITALIA
 
 
Controllo Qualitativo
Controllo Quantitativo
PRODUTTORI
(Controlli effettuati da FLO-Cert)
sulla natura delle organizzazioni
  • Efficacia e stabilità delle strutture
  • Apertura delle organizzazioni ai nuovi membri
  • Utilizzo di tecniche di produzione ecosostenibili
  • Rispetto dei criteri di solidarietà
  • Assenza di ogni discriminazione
  • Indipendenza politica
 
 
  • Quantità di caffè venduto nel circuito FLO
IMPORTATORI
(Controlli effettuati da FLO-Cert)
Sul rispetto delle condizioni di acquisto
  • acquisti da produttori iscritti nei Registri tenuti da FLO
  • rispetto dei prezzi fissati da FLO
  • applicazione di condizioni finanziarie favorevoli ai produttori (prefinanziamento, termini di pagamento)
  • conclusione di contratti a lungo termine
 
 
  • Confronto tra le quantità vendute dai produttori e le quantità importate
LICENZIATARI
(Controlli effettuati da FairtradeTransFair Italia, in collaborazione con FLO-Cert)
Sull’uso del Marchio
  • menzione corretta sull’etichetta
  • promozione corretta del marchio
  • confronto tra le quantità importate e quelle acquistate dai licenziatari
  • confronto tra le quantità di caffè verde acquistato e di caffè torrefatto
  • confronto tra il caffè torrefatto e il caffè impacchettato
  • confronto tra il caffè impacchettato e il caffè venduto
 
 
 
 
 
 
Dove trovare i prodotti a marchio FairtradeTransFair
 
50 Botteghe del Mondo
800 Supermercati e Ipermercati Coop
300 Supermercati GS e SuperStore
40 Carrefour
500 DìperDì
35 Bennet Ipermercati
40 Cadoro Spa
50 Billa spa
100 supermercati SMA
120 supermercati PAM e Superal
12 PANORAMA Ipermercati
30 Sadas (insegna Despar in Lombardia)
30 Aligrup (insegna Despar in Sicilia)
40 Gabrielli (insegna Tigre e MaxiTigre in Abruzzo, Marche, Molise e Lazio)
30 Famila e Iperfamila
40 Conad Romagna Marche
20 Conad Adriatico
36 DrogerieMarkt
20 SAIT (Trentino)
32 NaturaSì
6 Peters-Tee House
30 Caffetterie Goppion
200 Negozi di biologico
300 Dettaglianti
5 Iperal Lombardia