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Nell’opulenta società occidentale i casi di suicidio sono in continuo aumento

di Marco Cottignoli - 07/03/2007

Spesso il Nord-Est viene

visto dal resto della

nazione come una

landa meravigliosa, opulenta

e sfavillante. Produttività,

lavoro, servizi, ricchezza

vengono spesso decantati

come i tesori di questa zona

d’Italia. Ma non è vero. Alle

grandi industrie si oppongono

luoghi depressi, alla

abbondanza di certe province

la povertà manifesta.

Anche qui il lavoro latita ed

i giovani faticano a trovare

lavoro, ad acquistare una

casa, a crearsi una famiglia;

c’è chi si ritrova disoccupato

a quarant’anni; gli anziani,

spesso abbandonati a se

stessi, sono una parte consistente

della società. Una

situazione drammatica,

spesso intollerabile, che

conduce molte persone ad

ammalarsi di solitudine e a

procurarsi la morte nel

silenzio e nella totale indifferenza

della società.

Purtroppo anche l’ultimo,

recente rapporto della Commissione

europea ha confermato

la vastità del problema,

affermando che ogni anno

in Europa il numero delle persone

che decidono di togliersi

la vita supera il numero delle

persone che muoiono in incidenti

stradali, 58mila contro

51mila. Secondo gli esperti

dell’Oms, in tutti i Paesi della

Ue esistono delle gravi carenze

nell’ambito della cura neurologica,

con oltre il 50 per cento

di depressioni non curate adeguatamente,

mentre in certe

nazioni sono addirittura sprovvisti

di attrezzature sanitarie e

di specialisti. I risultati della

ricerca suggeriscono che si suicidano

più gli uomini delle

donne. Le fasce di età maggiormente

interessate al fenomeno

sono tra i 15 e i 24 anni e

tra i 25 e 34 anni.

Fra i dati emersi, ciò che colpisce

è la situazione grave proprio

nel rinomato Nord-Est:

nella Regione Veneto si verificano

più di 300 suicidi l’anno,

con una enorme popolazione di

potenziali clienti; in Friuli

Venezia Giulia ben 118 suicidi

e 160 tentati suicidi, pari a 9,3

persone che si sono tolte la vita

ogni 100.000 abitanti e altre

13,3 che hanno cercato di farlo.

Dati allarmanti, se si considera

che la media nazionale è

di 5,6 per i suicidi e 6,0 per i

tentati (basati sempre ogni

100.000 abitanti). Insomma,

quasi il doppio rispetto alla

media nazionale e tre volte il

dato di Regioni come Campania,

Calabria o Basilicata, dove

il tenore economico di vita è

certamente inferiore, ma non

evidentemente il tasso di felicità.

A primeggiare in questa triste

statistica è la Provincia di

Trieste, con oltre 12 suicidi per

100.000 abitanti, seguita da

Udine, con quasi 11, fanalino

di coda Pordenone, con 6.

Sono dati sui quali andrebbe

fatta una riflessione seria, in

quanto ovunque le autorità

sanitarie e l’Oms lanciano

segnali di allarme rispetto

all’incremento dei suicidi sul

pianeta, specie nei Paesi occidentali

ed in quelli in via di

transizione con l’Italia e il

Friuli Venezia Giulia che non

si sottraggono a tale tendenza.

Una tendenza di questo tipo

deve essere interpretata come

elemento indicatore di salute e

benessere della popolazione ed

al di là della riflessione sui

necessari programmi di prevenzione

nelle aree del disagio

sociale, insomma la questione

deve diventare fattore di discussione

politica ed istituzionale,

non possono restare questioni

di esclusivo interesse

delle statistiche giudiziarie o

sanitarie.

Un problema dalle conseguenze

gravi, in quanto le persone

che hanno perduto per suicidio

una persona cara soffrono e

patiscono un lento recupero,

perché si trovano a dover

affrontare la perdita, la vergogna,

la paura, il rifiuto, il

pregiudizio sociale, la rabbia,

il senso di colpa, diventando

loro stessi ad elevato

rischio di lutto complicato o

di altre conseguenze psicosociali.

Non è più un campanello

di allarme, è ormai

una certezza: la società che

stiamo creando è fragile e

disgregata e causa emarginazione

di diverse fasce

generazionali, ma, soprattutto,

è sempre più prona e

schiava di fronte alle contingenze

materiali, consumistiche,

relativizzanti ed egoistiche

dei meri diritti individuali.

Dietro al fenomeno

dei suicidi si cela l’angoscia

pesante della solitudine, la

depressione senza futuro, il

malessere del vivere moderno.

Dietro la facciata delle

pubblicità variopinte e del

benessere democratico,

affonda il profondo disagio

dell’uomo odierno che sfocia

in deresponsabilizzazione,

disgregazione, paura ed

insicurezza per l’intera

società; la crescita di innumerevoli

forme di devianza,

di criminalità, di sballo sono

il frutto malato del medesimo

male di vivere.

Dietro le luci sgargianti della

ricchezza e delle mode, viviamo

in una terra desolata.

Sopravviviamo in un territorio

devastato, malato di identità, di

certezze nel futuro, di speranze,

di ideali, di lavori precari,

di terrori globali, carente di

Stato sociale, in periferie multietniche

anonime, divise fra

loro e, spesso, avvilite e violente.

Massificati, schiavizzati,

istupiditi e, a volte, pure apparentemente

felici di ciò che il

consumismo industrializzato ci

rifila a prezzo ridotto negli

infiniti centri commerciali.

Questa è la caratteristica pervadente

del mondo moderno

occidentale, il suo anelito infinito

verso il nichilismo etico,

culturale, spirituale, sociale,

artistico. Questa è contemporaneamente

l’essenza, ma anche

la fine della civiltà occidentale

attuale. Un involucro dorato

senza più anima.