Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L'oppio della discordia

L'oppio della discordia

di Siro Asinelli - 08/03/2007

 
Codeina e morfina, derivati dall’oppio, in cambio di bombe intelligenti. La proposta di Verdi e Rifondazione, sottoscritta immediatamente dalla Rosa nel pugno, serviva a mitigare il sissignore all’ordine di scuderia, piuttosto atlantico, sull’ennesimo teatrino del finanziamento alla missione di guerra in Afghanistan.

La proposta, è meglio chiarirlo subito, non è affatto nuova: lo scorso luglio, il 19 per l’esattezza, la Camera aveva approvato una mozione che impegnava l’esecutivo ad elaborare un progetto finalizzato alla riconversione delle piantagioni oppiacee in Afghanistan, con le stesse finalità presentate in questi giorni da Verdi e Prc. Non solo, il 28 luglio, sempre nel pieno dello scontro politico relativo al primo finanziamento della missione votato dalla nuova maggioranza – sì, anche quello con fiducia annessa – era stato il vice ministro agli Esteri Ugo Intini ha dichiarare in una conferenza stampa: “Il governo ritiene che la questione dell’acquisto legale di oppio a uso farmaceutico meriti un’attenta riflessione, sia in sede europea che con le autorità afgane”. Le parole del post socialista non venivano dal nulla, ma seguivano una precisa strategia: a margine del vertice dei ministri degli Interni del G8 ospitato da Mosca nella metà del giugno precedente, il nostro rappresentante Giuliano Amato aveva avanzato l’ipotesi di acquistare l’oppio afghano favorendo la produzione di derivati farmaceutici come la codeina e la morfina destinate alle cosiddette “terapie del dolore”. “Si tratterebbe di un acquisto legittimo e di una destinazione trasparente per uso medico”, aveva sottolineato Amato.

Tre mesi dopo, il 18 settembre, anche la Croce Rossa Italiana è diventata della partita, sottoscrivendo un appello ai governi “per ridurre il dolore e la sofferenza nel mondo” e per “aiutare l’Afghanistan a sviluppare l’industria e il commercio di cui ha disperatamente bisogno”. La lettera d’intenti è stata promossa da una ONG internazionale, la Senlis Council, che si occupa di sviluppo e sicurezza in senso lato - molto lato - accorpando personaggi più o meno noti del panorama internazionale, da amministratori delegati a politici, da cattedratici a ‘pensatori’. Non stupisce infine la pronta adesione della Rosa nel pugno alla mozione Verdi-Rifondazione: nel settembre del 2005 era stata Emma Bonino, allora responsabile della missione di osservatori dell’Unione Europea, a formalizzare la proposta.
Niente di sorprendente, quindi. Piuttosto, il tentativo decisamente ignobile di fuorviare i termini della votazione sulla missione di guerra. E a pensarci bene, anche l’indignazione gridata dai banchi del centro destra, alla fine va ad ingrassare i meccanismi della propaganda fuorviante, quella che distoglie l’ascoltatore – e l’elettore - dal reale problema: che in Afghanistan ci siamo andati e ci resteremo per servire gli ordini bellicosi di Washington.

Senza contare che i paladini della “guerra soft”, quelli che la missione in Afghanistan la votano solamente per “scongiurare il ritorno del Cavaliere”, hanno preso una bella cantonata, riproponendo il progetto del Senlis Council “Per una marca umanitaria di morfina”. Viene infatti da chiedersi - se mai l’Agenzia dell’Onu contro la droga e il crimine (Unodc) accetterà di concedere ad istituzioni afghane praticamente inesistenti la licenza sullo sfruttamento dell’oppio a fini terapeutici – quali saranno le industrie farmaceutiche ad essere coinvolte nel grande business dell’oppio afghano. A questo, forse, rifondaroli, verdi e radicali, non ci hanno pensato. O forse, fanno finta di non saperlo. E alla fine, è preferibile non chiedersi se sia meglio votare per un’aggressione “umanitaria” piuttosto che per le lobby farmaceutiche.