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Non lasciamo brevettare la vita

di Vandana Shiva - 26/03/2007

 

L’ingegneria genetica ha espanso il dominio di ciò che può essere sottoposto a «brevetto». L’economista e scienziata indiana mette in guardia contro l’assalto della «biopirateria»

 

Se i brevetti hanno avuto diversi significati e diverse funzioni nel corso della storia, durante il secolo scorso sono stati associati all'invenzione di nuove macchine e di nuove molecole, che sono chiaramente prodotti artificiali dell'uomo. I brevetti sulle macchine e sulle molecole hanno accompagnato le due rivoluzioni industriali, quelle legate rispettivamente all'ingegneria meccanica è all'ingegneria chimica. Tuttavia è in corso una nuova rivoluzione industriale che si svolge lungo il percorso dell'ingegneria genetica, della manipolazione e della progettazione di forme di vita a livello genetico. Vi è perciò un tentativo di espandere il dominio di ciò che può essere brevettato, fino ad includervi anche le forme di vita o la biodiversità.
Il primo passo che venne compiuto nel brevettare la vita fu nel caso di un microrganismo progettato geneticamente. Nel 1980, la General Electric e uno dei suoi ricercatori, Anada Mohan Chakravarty, fecero domanda agli Stati Uniti di brevettare un batterio Pseudomonas progettato geneticamente. Prendendo i plasmidi da tre diverse specie, Chakravarty li trapiantò in una quarta. Spiegò poi: «Ho semplicemente spostato i geni, modificando batteri che già esistevano». Chakravarty non affermava di aver "creato" la vita e la Corte Suprema interpretò il lavoro di ingegneria genetica sul microrganismo come "manifattura".
Se qualcuno spostasse le sedie o i mobili da una casa a un'altra, non permetteremmo che si dicesse che questi ha costruito la casa né, per giunta, accetteremmo che egli ne diventasse il proprietario. Nonostante questo, quando si arriva a parlare di forme di vita, ossia la più basilare espressione di auto-organizzazione e di auto-costruzione, insomma, del tessuto della nostra esistenza e del supporto alla vita, coloro che semplicemente cambiano d'ordine ai geni hanno cominciato a pretendere di aver "inventato" o "creato" gli organismi viventi nei quali essi hanno semplicemente introdotto un gene, reclamandone così la pro prietà brevettata e riservandosi il diritto di escludere gli altri dal riprodurli, usarli e venderli, a meno di non pagare le royalty ai tenutari del brevetto.
Chakravarty ottenne il suo brevetto argomentando che il microrganismo non era un prodotto della natura, ma una sua stessa invenzione e perciò brevettabile. Come racconta Andrei Kimbrell, un autorevole avvocato statunitense: «La Corte sembrava inconsapevole del fatto che lo stesso inventore aveva definito la "creazione" del suo microbo semplicemente come un processo di "spostamento di geni e non la creazione di vita"». Il primo brevetto sulla vita venne garantito in questo contesto così incerto e, nonostante le restrizioni su piante e animali vigenti nella Legge sui brevetti, da allora gli Stati Uniti si cominciarono rapidamente a concedere brevetti su tutti i tipi di forme di vita.

Allo stato attuale, diverse centinaia di animali geneticamente modificati, compresi pesci, vacche, topi e maiali, stanno virtualmente attendendo di essere brevettati da una varietà di aziende e ricercatori. La biodiversità è stata ridefinita come "invenzione biotecnologica" e "costruzione genetica" per far apparire meno controversa l'operazione di brevettare le forme di vita. Questi brevetti sono validi vent'anni e quindi coprono le future generazioni di piante ed animali. Tuttavia, anche quando gli scienziati nelle università o nelle aziende spostano geni, essi non "creano" l'organismo che brevettano. Riferendosi al caso emblematico di Chakravarty negli Stati Uniti, la Corte Suprema trovò che lo scienziato aveva «prodotto un nuovo batterio con caratteristiche marcatamente diverse che in qualsiasi altro batterio presente in natura».
I brevetti sulla vita hanno profondissime implicazioni etiche, economiche ed ecologiche. La posizione dell'uomo come inventore di altri esseri è colma di problemi etici. Le forme di vita "si fanno" da sole - crescono, si riproducono, si rigenerano e si moltiplicano attraverso le loro complesse e d inamiche strutture intrinseche. Manipolare le forme di vita non è la stessa cosa che "creare" la vita. Introdurre geni nelle forme di vita non è la stessa cosa che "creare" la vita. I brevetti sulla vita aspirano a rivendicare il ruolo divino della Creazione. Una volta possibile brevettare la biodiversità, i suoi geni, i suoi processi, i suoi prodotti, diventa un passo facile estendere i brevetti su organismi geneticamente modificati e cominciare a reclamarli su neem (Azadirachta Indica), haldi (la curcuma), kareka (Momordica charantia, una varietà di zucca ampalya), baigan (la melanzana), ed altre, che sono invece basate sugli usi e la conoscenza evoluta collettivamente e cumulativamente in millenni della nostra società. Questi fenomeni di biopirateria hanno ora preso la forma di un'epidemia e hanno grandi implicazioni per le opzioni di sopravvivenza del Terzo Mondo.
I brevetti legati alle risorse biologiche hanno anche grandi implicazioni per la conservazione della biodiversità e del suo uso sostenibile. Creando la "proprietà" sulla vita attraverso i brevetti, le aziende economicamente potenti possono diventare i nuovi "signori della vita", così come una volta esistevano gli Zamindar, i signori della terra. Essi possono pretendere affitti per ogni seme seminato, per ogni medicina fatta dai doni della biodiversità presente nella natura, che sono liberamente accessibili a chiunque. Concedere il potere di raccogliere "affitti dalla vita" attraverso i brevetti è un modo garantito di spingere milioni di persone verso i limiti della sopravvivenza.