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Perdoniamo, dopo averli uccisi

di Miguel Martinez - 28/03/2007

 

Internet moltiplica all'infinito un vecchio vizio, quello delle citazioni falsamente attribuite a qualche celebrità.

Per vari motivi, la grande maggioranza delle false citazioni proviene dagli Stati Uniti.[1]

Adolf Hitler, come sappiamo, è il profeta negativo dei nostri tempi: basta dimostrare che ciò che fa il nostro avversario personale somiglia a qualcosa che il baffuto cancelliere ha fatto - come, ad esempio, grattarsi il naso - e l'avversario è fuori gioco.

Quando non si trova un hadith autentico di Hitler con cui demonizzare gli avversari di turno, basta inventarselo.

Così troviamo Adolf Hitler che si dichiara contrario al possesso privato delle armi da fuoco, oppure se la prende con gli studenti in rivolta: a diffondere la prima presunta dichiarazione è stata la lobby delle armi da fuoco statunitense, a diffondere la seconda, i giovani contestatori nel '68.

Spesso, però, l'autore della falsa citazione è un personaggio positivo: la multinazionale Scientology cerca clienti mettendo la foto di Einstein sui suoi volantini e attribuendo al fisico la nozione, certamente non sua ma debitamente virgolettata, secondo cui useremmo "solo il dieci percento del nostro cervello".

Oppure abbiamo la "profezia Franklin", apparsa per la prima volta nel 1934: il falsario sosteneva che fosse il testo di un discorso di Benjamin Franklin, tenuto davanti al Congresso continentale nel 1787, in cui l'amatissimo tuttologo avrebbe messo in guardia contro il pericolo costituito dai "vampiri ebrei".

Per colpire maggiormente i lettori, il creativo autore tirò in ballo anche il Padre della Patria:

"Sono pienamente d'accordo con il generale Washington, che dobbiamo proteggere questa giovane nazione da un'insidiosa influenza e impenetrazione [sic]. Questa minaccia, signori, è costituita dagli ebrei".

Su questo blog, invece, abbiamo documentato come, per portare dalla loro i neri americani, i sionisti si siano inventati di sana pianta una citazione filoisraeliana di Martin Luther King, con tanto di falsi riferimenti bibliografici .

Una frase che gira spesso in rete viene invece attribuita a Golda Meir, che fu primo ministro d'Israele diversi decenni fa:

"Potremo perdonarvi per averci ucciso i nostri figli, ma non potremo mai perdonarvi per averci costretto ad uccidere i vostri".

La buona regola, in questi casi, è che tocca sempre a chi spara simili frasi dimostrarne l'autenticità, non certo a me leggermi tutti i discorsi della defunta signora per vedere come stanno le cose.

In realtà, non mi interessa ciò che intendeva Golda Meir, nell'improbabile caso che abbia detto davvero quelle parole.

Mi interessano le persone che usano tale frase - in una di molte varianti, tradotte di volta in volta dall'inglese - come signature o come colpo di grazia sui loro blog.

La frase ha certo qualcosa a che vedere con lo spirito di elezione di cui parla Jean Daniel nella Prigione ebraica.

Ma è una frase che rispecchia la maniera in cui tutti coloro che si riconoscono in quello stato della mente che si chiama "Occidente" percepiscono se stessi e gli altri.

Prima di tutto, la frase descrive uno scontro, in cui noi uccidiamo i vostri e voi uccidete i nostri.

Data la disparità dei mezzi, è probabile che i nostri morti siano molto meno dei vostri, come avviene dai tempi di Wounded Knee o della battaglia di Omdurman.

Ciò che però differenzia la strage imperiale da tutte le altre avvenute nella storia, è la maniera in cui l'Occidente mentale santifica se stesso.

Infatti, cosa facciamo noi? Noi perdoniamo.

E cosa fanno loro? Non solo uccidono, ma costringono noi a uccidere.

Questo vuol dire che i morti sono tutti colpa loro: non solo i morti nostri, ma anche quelli loro.

Quindi, ogni volta che noi li uccidiamo, abbiamo un motivo in più per ucciderli.

Ora, se la colpa è sempre loro, noi siamo perfettamente innocenti.

E più uccidiamo, più diventiamo innocenti e più loro diventano colpevoli.

In quanto innocenti, spetta quindi a noi il perdono.

Ovviamente dopo averli uccisi.

Nota:

[1] Il meraviglioso libro di John George and Laird Wilcox, American Extremists: Militias, Supremacists, Klansmen, Communists, & Others (Prometheus, 1996) contiene una documentata e divertente appendice sulle "fake quotes" che girano nei vari ambienti dell'estremismo statunitense.