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Mare Mediterraneo: la civiltà conviviale (Franco Cassano e Danilo Zolo)

di Elena Doni - 08/10/2007


Da un lato l’identità efficientista atlantica e angloamericana
Dall’altro i tempi e gli stili di vita «mediterranei»

CULTURE Uno studio a più voci a cura di Franco Cassano e Danilo Zolo riscopre un’antica verità proclamata dal grande storico Braudel: quello del «mare nostrum» è un unico destino. Plurale. Dove cristiani e islamici respirano con lo stesso ritmo

E se avessimo sbagliato tutto? Nel senso di aver guardato solo a ovest e nell’esserci lasciati abbagliare dal mito dell’efficientismo, del giovanilismo, delle verità assolutiste e della ricchezza come ricompensa dei giusti? È il dubbio che semina il volume L’alternativa mediterranea (Feltrinelli, Euro 40) curato da un sociologo, Franco Cassano e da un filosofo, Danilo Zolo. Un libro di 656 pagine che raccoglie scritti di autori europei e arabi e propone il Mediterraneo, «mare fra le terre», come antidoto alle ideologie «atlantiste» che hanno portato alle guerre umanitarie o preventive nei Balcani, in Medio Oriente e in Iraq.
Partendo dal grande storico francese Fernand Braudel (che, prigioniero in Germania dal 1940 al 1945, teneva lezioni ai suoi compagni di sventura, e in campo di concentramento cominciò la redazione a memoria de Il Mediterraneo all’epoca di Filippo II) si sottolinea l’unità, la coerenza e la grandezza nella storia dell’area. Per auspicare un’identità mediterranea. Diceva Braudel: «Io resto convinto che i turchi del Mediterraneo vivono e respirano con lo stesso ritmo dei cristiani perché l’intero mare mediterraneo condivide il medesimo destino». Un destino di grandezza che durò molti secoli: ben oltre, sottolinea lo storico, l’epoca di Colombo e di Vasco de Gama. A proposito di una comune identità mediterranea il francese Serge Latouche, scrive in uno dei saggi contenuti nel libro, che questa potrebbe dare all’Europa una civiltà «più conviviale, più umana, più sociale, più tollerante, più culturale, più amante della famiglia e dell’arte del vivere», che faccia da argine «all’Europa delle borse globali, delle banche centrali, di Francoforte e dell’americanizzazione forsennata». E quanto a tolleranza, osserviamo noi, Venezia ha costituito per secoli un miracolo di libertà: per fare solo un esempio, la dottrina di Averroé, il grande commentatore di Aristotele, condannata perché negava l’immortalità dell’anima sia dall’islam che dai papi, fu insegnata per tutto il Rinascimento nell’università di Padova, il centro ufficiale di studi della Serenissima.
Progetto entusiasmante da dirsi, quello dell’alternativa mediterranea, ma problematico da realizzarsi. Come nota uno dei curatori, Danilo Zolo, nel capitolo introduttivo intitolato «La questione mediterranea», a questo bel sogno culturale si oppongono drammatici dati concreti: l’incancrenirsi della questione palestinese, il permanente squilibrio di prosperità tra i paesi del nord e quelli del sud del Mediterraneo. E l’incomprensione - spesso anche l’ignoranza - da parte dell’Europa dei problemi, delle difficoltà e dei valori della civiltà arabo-islamica. Basti pensare che la nozione stessa di stato, anche se oggi largamente diffusa nel mondo arabo, è un’eredità coloniale sovrapposta alla tradizione musulmana della umma, la comunità dei credenti. Molta attenzione dovrebbe essere data invece, scrive Zolo, alla produzione di pensatori politici islamici contemporanei, impegnati in una nuova riflessione su temi come l’emancipazione femminile e i diritti individuali.
Proprio a questa carenza di informazione sul mondo della riva sud del Mediterraneo viene incontro il volume, proponendo ampi saggi che spaziano dall’esportazione della democrazia nei paesi del Medio Oriente e del Mediterraneo (Alessandra Persichetti), all’associazionismo civile nei paesi arabo-islamici (Orsetta Giolo), dall’integrazione musicale tra Europa e islam dall’antichità all’orchestra di Piazza Vittorio (Gianfranco Salvatore), dalla situazione militare del Mediterraneo (Angelo Baracca) al ruolo della donna nei paesi del Maghreb (Hafidha Chefir), dalla situazione penitenziaria in Marocco (Nour-eddine Saoudi) al costituzionalismo in Europa e nell’islam mediterraneo (Gustavo Gozzi).
Molti ancora gli argomenti trattati in questo libro che pone domande scomode e sottolinea ambiguità e contraddizioni. Per esempio nel capitolo curato da Predrag Matvejevic, da qualche anno cittadino italiano, «quale Mediterraneo, quale Europa?, o in quello di Ali El Kentz, sociologo al Centro di ricerche di Algeri, «Tra finzione e realtà». Il primo, che dichiara di fare «un discorso disperato», dice che l’immagine offerta oggi dal Mediterraneo non è affatto rassicurante: dilaniato dai conflitti, diviso dalle disparità tra nord e sud e con la diffidenza che la costa sud mantiene dopo l’esperienza del colonialismo. «Il Mediterraneo si presenta come uno stato di cose, non riesce a diventare un progetto», scrive Matvejevic. Quanto a El Kenz, lo studioso algerino osserva che il progetto euro-mediterraneo è stato concepito e in parte realizzato dalla sola Unione Europea, mentre i paesi arabi del Mediterraneo sono passivi e attendisti. La Commissione Europea detta l’agenda e le priorità: con la conseguenza che migliaia di piccole imprese familiari e artigianali rischiano di chiudere, gli investimenti tardano ad arrivare e il nuovo settore privato dei paesi arabi insidia il pubblico, per esempio nella scuola che sta cedendo il passo alle istituzioni private (anche quelle incantate dalle «tre i», si direbbe), con la conseguente diminuzione, per esempio in Egitto, del tasso di scolarizzazione e del peggioramento della qualità dell’insegnamento dovuto alla diminuzione degli stipendi degli insegnanti.
È dunque solo un sogno di poeti e intellettuali quello di un nuovo mondo mediterraneo? Certo molti e gravi sono i fattori che si oppongono alla sua realizzazione: primo fra tutti il perdurare delle guerre. Ma dati economici recentissimi che riguardano proprio il nostro paese indicano una tendenza della quale non si può non tenere conto: l’Italia è infatti il primo partner commerciale europeo del Mediterraneo, con un aumento del 7% nel 2006 rispetto all’anno precedente. E l’italiano è diventato la lingua franca del Mediterraneo, proprio grazie agli intensi rapporti commerciali e al fatto che sono soprattutto navi italiane , con equipaggi che hanno dovuto imparare l’italiano, a solcare il mare che il latino chiamava Nostrum. Oggi la Società Dante Alighieri tiene 190 corsi di lingua italiana di livello superiore nell’area mediterranea.