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Welltroni. Il colpo all'americana delle primarie del Pd

di Gabriele Adinolfi - 16/10/2007

Cantano vittoria, esaltano la novità. Quasi tre milioni e mezzo di italiani (e di immigrati) si sono gettati a capo fitto a votare per le primarie del Partito Democratico e oltre due milioni di questi - secondo le cifre pubblicate - avrebbero plebiscitato come leader il Walter iconoclasta dell'Ara Pacis.

Si parla già di un segnale controcorrente, di uno stop all'effetto-Grillo e di un freno all'inversione di tendenza neo-berlusconiana. Ma è un'analisi corretta o è solo fumo negli occhi?

Ce lo dirà solo il tempo perché la politica-show non dura, non concede soste, ha l'istinto di cannibalizzazione e la famelica e snervante necessità di novità: per distrarre le plebi asservite.

 

Vittoria avvelenata

 

Sicché solo il domani ci dirà se il neoveltronismo saprà resistere all'usura di se stesso, alla sfida di Grillo, alle innovazioni della Brambilla, ai giochi di prestigio di Berlusconi e, soprattutto, alla minaccia dell'incombente recessione mondiale e alle conseguenze della politica socialicida e liberticida del governo Proni.

In attesa che quei nodi vengano sciolti, atteniamoci all'evento tanto esaltato: la grande partecipazione alle primarie del Pd è davvero una vittoria di Veltroni? Rappresenta realmente un'inversione di tendenza?

Partiamo dal sindaco/bucaiolo (nel senso della gruviera a cui ha ridotto il selciato della Capitale): entrare in pista così presto è un rischio, potrebbe esserne logorato prima del tempo, cioé prima di quando dovrà scendere effettivamente in lizza. Più che di una vittoria personale si dovrebbe parlare, nel suo caso, di una preparazione agonistica forzatamente anticipata, con tutti i rischi che ne conseguono. Sarà anche soddisfatto ma non di certo contento.

In quanto alla nutrita risposta elettorale, cosa significa realmente, che la marea di sfiducia a sinistra ha arrestato il suo flusso? Non esattamente: i tre milioni e quatttrocentomila elettori del Pd sono di sinistra e di questi sì e no un decimo era (e probabilmente lo sarà nuovamente molto presto) tentato di astenersi.

I rapporti di forza al momento non variano: Veltroni al posto di Proni, oggi, porterebbe probabilmente il centrosinistra al 46 per cento rispetto al 44 del premier ma non capovolgerebbe il sentimento generale. Ed è ben probabile che tra un anno la situazione sarà ancora peggiore per lo schieramento governativo, chiunque ne sia il paladino. Veltroni, dunque, ha forse sprecato le proprie cartucce. Ma non ha chiesto lui di spararle, ce lo hanno obbligato.

 

Perché votano

 

Il rituale delle primarie va però letto anche in un altro modo: come una geniale interpretazione degli appetiti dei sudditi.

Se tanta gente è andata a votare per niente, per nessuna linea, per nessuna scelta, per nessuna soluzione, un motivo c'è. È la stessa identica ragione per la quale televotano ogni giorno per l'isola dei famosi, per il grande fratello, per ballando con le stelle e via dicendo. Non serve a niente ma si sentono partecipi e persino "decisivi". Non contano affatto, non decidono nulla, rispondono a stimoli precisi e rigidamente orientati e, qualora per una variabile impazzita le cose non andassero come da copione e reagissero altrimenti, state tranquillli che il copione verrà rispettato comunque e le variabili verranno azzerate.

Ma non si ribellano mai, si accontentano di questo simulacro di partecipazione che dà loro l'illusione di vivere nel gregge e di contarvi belando. Partecipazione? Non bestemmiamo! Quiesta è solo passiva, ovvero l'inversione della partecipazione,  il contrario della sovranità, una presa per i fondelli attuata con assoluta condiscendenza e servile complicità dei sudditi in un'orgia masochistica e avvilente contrabbandata come qualcosa di edificante.

 

Le reti gettate

 

Il Pd non ha guadagnato voti ma ha guadagnato punti. Nel proporre le primarie alla yankee, nell'americanizzazione del Paese, è andato avanti agli altri, ha effettuato un sorpasso, uno scatto, un allungo. È stato, in questo, perfettamente in linea con la sua originaria cultura leninista, ha giocato d'anticipo guardando lontano.

Nel frattempo la competizione è in atto: l'attuale fase politica sarà presto modificata, e ai più in ogni caso non va. Alcuni protagonisti annaspano, altri, più genuini o ruspanti, provano a interpretare il disagio in maniera populista.

Tra i logori e gli equilibristi il Pd intelligentemente rilancia: se il populismo si arenerà, se e quando si stancherà, ecco che il Pd ci presenta il sistema americano bell'e pronto. Finite le smanie, cosa di meglio per irrigimentarsi del sistema dei padroni? E il Pd ci aspetta al varco, magari dopo aver cannibalizzato Veltroni bruciato anzi tempo: ma che importanza ha? Il sistema americano non ha bisogno di politici ma di lobbies e di burattini.

Il passaggio è chiaro: sono state gettate le reti per recuperare i pesci dopo il riflusso della grande nausea. Ma la nausea per ora cresce e il tre milioni e mezzo di voti alle primarie non bastano per nasconderla. Ci vorrà almeno un reality a settimana...