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Ferrovie dello Stato: svendita continua

di Nicoletta Forcheri - 21/12/2007

 


 

          

 

            FS, capogruppo holding. Dopo che Di Pietro ha bloccato i fondi alle FS, indovinate che ne sarà delle ferrovie? Da ente pubblico diventate holding SpA, suddivise in tante società di cui almeno 7 direttamente e 17 indirettamente controllate al 100%, e numerose collegate e partecipate, alcune sono già parzialmente privatizzate -  Grandi Stazioni SPA (60%), Centostazioni SpA (60%) e la Sogin Srl (55%, società della Sita, corriere regionali toscane) mentre il patrimonio immobiliare è gestito e ceduto, attraverso la Ferrovie Real Estate SpA, l’ultima società nata del Gruppo (2003) per la “vendita del patrimonio immobiliare non più strumentato all’esercizio ferroviario, assegnatole tramite atto di scissione parziale dalla società RFI (…)”.

 

E se la maggior parte delle società di FS sono o in perdita (FS: -345 M, Trenitalia -327,7M) o quasi in perdita, stranamente si distinguono per gli eccellenti risultati, a fine 2006, le immobiliari e finanziarie: Ferrovie Real Estate SpA (185,5 M), Fercredit SpA (5,1 M), Grandi Stazioni SpA (13 M) e Centostazioni SpA (2,5M), mentre colano a picco, RFI (la rete), FS e Trenitalia, oberata quest’ultima dagli strumenti derivati: 15 contratti derivati, nel 2006, per un valore  di 979,3 milioni di euro oltre a 165,3 milioni di euro per altri tre contratti all’inizio del 2007.  Nel disposto della legge finanziaria 2007 sono stati trasferiti allo Stato i debiti verso la Cassa di Depositi e Risparmio SpA per un accollo totale di ben quasi 13 miliardi di euro!

 

Stazioni privatizzande: con la “mission” di “restyling”,  Centostazioni Spa e Grandi stazioni SpA hanno messo le mani su 103 stazioni minori e sulle principali stazioni (Roma, Torino, Firenze ecc), patrimonio architettonico storico inestimabile, introducendo – in conflitto d’interessi? - catene commerciali, edicole e pubblicità delle loro partecipate nelle stazioni date in “gestione”. Centostazioni è  per il 40% di Archimede, cordata privata con capofila SAVE-Società aeroporti di Venezia e Treviso – della Finanziaria Internazionale SpA, sede a Conegliano, società di cartolarizzazione la più attiva d’Italia e tra le più attive d’Europa, che ha costruito il suo patrimonio sulla trasformazione dei debiti in titoli su cui specula. Cartolarizzazione e derivati, due “strumenti” che vanno a braccetto nel piano di danneggiamento dei nostri settori/enti privatizzandi.

 

Grandi Stazioni è partecipata al 40% da Eurostazioni SpA - il trio d’imprenditori coraggiosi: Tronchetti/Benetton/Caltagirone: citata in giudizio da ex concessionari ed edicolanti “espropriati”, che fanno valere contratti di locazione ancora validi. E’ la privatizzazione all’italiana. Ci diranno che è la “liberalizzazione” voluta dall’Europa. Essa sta indebitando, con i canoni di locazione, Trenitalia e anche RFI, la consociata rete ferroviaria,  con 36 M di “indennità” richieste per non essere smammata in tempo, operazione ideata per generare utili pompando denaro dallo Stato (RFI) dritto nelle tasche del trio imprenditori coraggiosi.

 

Del resto la privatizzazione delle FS era stata predisposta nel 2001 da Visco, allora ministro del Tesoro che nel Libro Bianco delle privatizzazioni parla di accelerare “l’impiego del “project financing” e di forme di Public-Private partnership, estendendo il concetto di privatizzazione alla realizzazione e gestione di infrastrutture e servizi di pubblica utilità”.

 

Stato spolpato. Nel frattempo, la missione principale delle FS va a quel paese, ma Di Pietro invece di insistere su più Stato, insiste sulla separazione dallo Stato, e tace su queste storture come delle società semi private, in settori secondari, che “aspirano” un grosso flusso di fondi dal governo. Quando privatizzeranno del tutto le chicche che “aspirano”,  Trenitalia, RFI e Ferrovie dello Stato precipiteranno in un buco nero il cui onere sarà fatto portare allo Stato, cioè a noi tutti che non abbiamo pagato abbastanza in anni di aumenti e degrado. E poi, sotto ricatto, le “regaleranno”. E’ la nascita di un grande gruppo all’italiana. A quel punto l’opinione pubblica, manipolata, tirerà un sospiro di sollievo.

 

Mentre il governo, unico azionista, propone o accetta gli aumenti di stipendio del cda delle FS e persegue, nei fatti, il sabotaggio con conseguente regalo, paradigma che oramai conosciamo. Se così non fosse, non premierebbe Moretti, ad esempio lo licenzierebbe. E invece questi è premiato, l’8 novembre scorso, dal comitato d’onore dell’associazione “Alba del Terzo millennio” - titolo in codice del “Nuovo Ordine Mondiale”? - per i “traguardi tecnologici” raggiunti dalle FS. E per la liquidazione di Elio Catania, il precedente presidente ad (67000000 euro), il sottosegretario al ministero dell’Economia Tononi parlò di una “clausola di riservatezza contenuta nel contratto di lavoro” per non rivelare le cifre ma soprattutto i fini. 

 

L’espressione "interesse generale" è sempre più censurata a profitto dei soliti argomenti triti e ritriti: debito pubblico e i necessari tagli alle spese di cui Padoa Schioppa ci martella, premiato anch’egli con la promozione del suo datore di lavoro, l’FMI.

 

Lo Stato è indebitato, e lo sarà sempre di più, strozzato in una economia usurocratica che predisponendo l’impossibilità di rimborsare il debito, è riuscita ad assoggettare le nazioni prescelte, di cui modestamente il nostro belpaese, rendendone gli enti pubblici, alla stregua dei normali cittadini, insolvibili.[1] Mentre le società di consulenza e/o i revisori contabili, veri e propri reparti crociati della “globalizzazione”, PricewaterhouseCoopers qua, la Goldman Sachs per  la Telecom Italia (o Warburg,  JP Morgan, Barclays, Rothschild, Lehman Brothers, ABN AMRO ecc.) sono sempre lì a “consigliare”, certo non disinteressatamente – in conflitto di interessi?- le nostre aziende (ex) pubbliche, forse sarebbe meglio dire a “dettare” al governo il da farsi. Come mai consigliano sempre male?

 

Le FS/Stato in mano al governo svizzero? In realtà uno dei finanzieri storici delle FS è un ente di diritto svizzero, Eurofima, fondato nel 1955 per una durata di 50 anni, prorogata al 2059: ibrido sovranazionale pubblico/società per azioni partecipata da 25 Stati/ferrovie degli Stati europei (tranne le ferrovie britanniche), nasce in virtù sia di una Convenzione tra Stati sia di uno statuto da società per azioni (peraltro quotata in borsa), con la missione dichiarata di reperire i fondi per finanziare, mediante mutui/leasing, l’acquisto di materiale ferroviario europeo ai suoi azionisti/clienti. Dal sito “.org” tipico delle no profit, e il simbolo del brevetto ® tipico delle Corporation, gode di un regime fiscale esentasse e antepone nell’articolo 1 della sua Convenzione “l’interesse della stessa alle leggi statali.[2]

 

Gli azionisti/ferrovie godono dei normali diritti ma per le decisioni più importanti - statuto, capitale sociale, diritti di voto,  cda e ripartizione degli utili - decide il governo svizzero. Il materiale in leasing rimarrà di proprietà di Eurofima fino al totale rimborso del debito, persino in caso di recesso dai contratti, come anche le garanzie date. A fine 2006, i debiti obbligazionari delle FS verso Eurofima erano di  “600 milioni di euro (…) per il  materiale rotabile di Trenitalia SpA”.  Agli incroci “geneticamente modificati” dovremo abituarci visto che è ciò che ci propinano nel “governo globale”: basti pensare alla Banca Centrale europea SpA ©.

 

Del resto tutto candido candido non dev’essere se si  legge in un documento della società di rating StandardandPoor’s, del 20 settembre scorso[3] che “le autorità UE non hanno mai indagato sul finanziamento degli aderenti di Eurofima e sulla struttura delle garanzie. Nell’improbabile eventualità che ciò avvenga, il debito emesso precedentemente da Eurofima non potrebbe essere colpito, perché qualsiasi normativa UE in merito non potrà essere applicata retroattivamente. La qualità del credito delle obbligazioni emesse precedentemente non potrà quindi risultare pregiudicata da qualsiasi normativa europea in merito.” Come dire chi ha preso ha preso, chi ha dato ha dato..

 

Nel rapporto di Moody’s, che ha declassato l’Italia da AAA a AA2 quest’anno – atto dovuto prima di ogni grossa svendita (cfr. Alitalia) per agevolare gli acquirenti - si rassicurano gli investitori: in caso di privatizzazioni delle ferrovie, azionisti e investitori continueranno a beneficiare della doppia garanzia, Stato e ferrovie, pena l’esclusione dalla SpA. Ossia si privatizzano gli utili e si nazionalizzano le perdite e, en passant, si cartolarizza il debito.

           

Degrado strumentale. Da quando è stata pianificata la privatizzazione massiccia delle grandi aziende di Stato (92), si manipola l’opinione pubblica, presentando il paese e gli italiani come un popolo incapace di gestire le proprie aziende – vero nei limiti in cui le persone messe ai vertici sono premiate per “assicurarne” la cessione, non certo per farle funzionare - per propinarci la  “soluzione salvifica”  dove una multinazionale estera/fondi ci acquisiscono per un niente. Lo sbarco degli americani non la smette di accadere, in un dopo guerra “incantato”.  

 

Per gli utenti/cittadini, o "sudditi/clienti",  uno degli aspetti del programma comprende anni e anni di disagi, disservizi e degrado, strumentali alla supposta della “privatizzazione”: aumenti tariffari, linee dismesse, stazioni chiuse o portate avanti con sovvenzioni pubbliche, rami/binari seccati e tagliati, o "ceduti" con tanto di precarizzati,  e opere inutili pagate dalla collettività. Come in Liguria dove stanno trasportando la tratta con vista mare verso l'entroterra, eliminando tante stazioni intermedie. Mussolini, a confronto, fu campione d'equità sociale nel portare il treno in OGNI comune d'Italia, a costo abbordabile per TUTTI. E riuscendoci.

 

Al fallimento/regalo delle FS, Di Pietro e gli altri potranno fare il loro show mediatico, ma allora perché non licenziano subito il cda? E un silenzio assordante circonda il dibattito attorno alle miste, o l’opportunità di strutture a SpA e holding per le ferrovie dello Stato. Intanto tra Garlasco e Perugia, il gruppo FS è già una mista, con il meccanismo sopra, gli strumenti derivati, la struttura a SpA, la quotazione in borsa del suo debito, le stazioni privatizzande e la “cessione”, forse decisa nel 1955, anno in cui i vincitori riscrivevano la storia e ipotecavano il futuro dei vinti.

 

Eppure non dovrebbe  più essere un mistero per nessuno, tranne che per qualche bocconiano indottrinato o per chi cede al ricatto psicologico del debito, che la commistione pubblico/privato per la gestione di settori d’interesse generale (trasporti, acqua, energia, salute, ecc: da definire sovranamente!!!) provoca solamente catastrofi e che sempre meno è auspicata dal pubblico, soprattutto da quando si è visto che il privato, che predomina e impone la sua logica, accolla gli investimenti agli utenti e/o al pubblico.

 

Tanto più che l’Europa non ci impone certo di privatizzare né la rete né le stazioni: da anni tirata in ballo come scusa di questo pastrocchio, in realtà prevede delle salvaguardie per i cd “servizi di interesse generale”, e nella finta neutralità che la Commissione europea ostenta (art. 295 dei trattati) in materia di regime proprietario della gestione degli stessi  - ferme restando le direttive per la separazione reti e contenuto - neutralità di cui si servono i francesi. E poi alla peggio si può sempre fare come gli inglesi con la moneta: opting-out, chiamarsi fuori. O siamo meno uguali? Ne va, penso, della nostra “sicurezza nazionale”.

 

            Nazionalizzazione liberale. Paradossalmente, nella nostra storia, vi fu una nazionalizzazione, voluta dal Giolitti liberale, nel 1905, per far fronte al disservizio delle società private di gestione delle ferrovie che alla fine dell’800 “non garantiscono condizioni di viaggio sostenibili”. Vi chiedete ancora chi sia l’enigmatica Alba Terzo Millennio o perché Moretti sia stato premiato?

Nicoletta Forcheri

 

 

 



 

[1] www.signoraggio.com

 

[2] “la società sarà disciplinata dallo Statuto allegato alla presente Convenzione e dalle leggi dello Stato della sede, nella misura in cui esse non deroghino alle clausole della presente Convenzione” (traduzione della sottoscritta che non corrisponde alla traduzione ufficiale in italiano). 

 

[3] http://www.eurofima.org/files/s&P%20Eurofima%20report%20Sept%202007.pdf