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La tigre di carta chiamata Bce

di Federico Rampini - 01/10/2008

 

 

Dopo Fortis, Dexia: ora a chi tocca il prossimo panico da bancarotta? Quale nome avrà il successivo crac da scongiurare scaricandolo sui contribuenti europei? 

In quale capitale del Vecchio continente si terrà il prossimo meeting notturno per sanare un disastro finanziario prima delle luci dell'alba e dell'apertura dei mercati? Dall'ultimo weekend i tempi della crisi si sono accelerati in Europa: almeno una grande banca al giorno sfiora il crollo, imponendo affannosi salvataggi pubblici. 

Il metodo seguito fin qui, improvvisato e frammentario, non regge più. S'impone con urgenza una politica europea della vigilanza bancaria, nuovi strumenti, nuove istituzioni, nuove risorse. È tutta l'architettura dei mercati finanziari europei che va ridisegnata, superando per sempre l'attuale mosaico di competenze suddivise tra staterelli impotenti, nani lillipuziani rispetto alle dimensioni globali dei Moloch bancari che loro stessi hanno amorevolmente incoraggiato a crescere. 

Il caso Dexia dà la misura dei rischi che stiamo correndo. Ancora una volta per salvare questo colosso pericolante si sono dovuti unire ben tre Stati ? Francia Belgio e Lussemburgo ? che hanno precipitosamente versato 9 miliardi di euro nelle casse dell'istituto. Nicholas Sarkozy, formatosi nell'ammirazione del modello neoliberista americano, oggi è costretto a nazionalizzare seguendo suo malgrado l'esempio del socialista François Mitterrand un quarto di secolo fa. 

Perché Sarkozy sia con le spalle al muro lo ha spiegato lui stesso, dopo il summit notturno con il governatore della Banque de France: se falliva Dexia erano in pericolo "il finanziamento degli enti locali, la sicurezza e la stabilità dei sistemi finanziari in Francia e in Europa". Dexia, frutto di fusioni tra casse di risparmio locali (prevalentemente francesi e belghe), è il più grosso erogatore di finanziamenti ai Comuni d'Europa. 


Questo dà la dimensione del rischio: va ben al di là della platea degli investitori di Borsa. Ma l'intervento in extremis concordato fra Parigi e Bruxelles ? seguito da misure assicurative prese in Irlanda, dove si era aperta un'altra "falla" sistemica sulla sicurezza di tutti i depositi ? getta un'ombra di dubbio sulla credibilità degli appelli alla calma. "Non c'è nessuna ragione di essere impauriti e di cedere al panico", garantiva ieri il governatore della Banque de France, Christian Noyer. 

Per mesi lui e altri banchieri centrali del continente hanno continuato a vantare la solidità del nostro sistema bancario, teorizzando che fosse meno esposto di quello americano. Dopo i fatti degli ultimi giorni l'impressione è che le banche europee siano ancora meno trasparenti di quelle americane. Lo stesso Noyer è stato costretto ad ammettere che non si possono escludere sorprese "quando saranno pubblicati i bilanci bancari nelle prossime settimane o nei prossimi mesi". Ma i risparmiatori, i clienti, gli azionisti, avrebbero diritto di saperne di più nelle prossime ore, senza aspettare settimane o mesi. 

Seguendo le cronache di questo tracollo di fiducia nel sistema creditizio, il cittadino europeo ha scoperto di colpo che la Banca centrale europea è una tigre di carta. Fu a lungo dipinta come un'istituzione onnipotente e perfino prepotente; oggi è additata per la sua impotenza: ed è una pessima notizia. In realtà sta tutto scritto nei trattati e negli statuti. Nessuno ha mai voluto trasferire alla Bce i poteri di vigilanza, che sono rimasti gelosamente in mano alle autorità nazionali. 

L'istituto di Francoforte può fissare i tassi d'interesse sull'euro e provvedere liquidità, ma non ha gli strumenti per intervenire sulla crisi di solvibilità di un colosso bancario italiano o francese o tedesco. Non ha neppure l'accesso alle informazioni più rilevanti custodite (o sepolte) nei conti delle aziende di credito. Dopo anni di crescente euroscetticismo, o anti-europeismo, in cui la destra italiana si è distinta con un ruolo di punta, questa crisi mondiale ci dimostra che abbiamo un terribile bisogno di Europa. 

Tutto ciò che non è stato fatto per rafforzare l'Unione negli anni passati, in queste ore si ritorce contro di noi. 
Oggi a Bruxelles il commissario europeo Charlie McCreevy, responsabile per il mercato unico, presenterà una serie di proposte importanti: una grande riforma delle regole di vigilanza e controllo sulle banche. Per la prima volta si affaccia un piano organico, perché gli arbitri e i poliziotti che devono disciplinare il credito abbiano la stessa dimensione sovranazionale dei giganti bancari. 

Il progetto McCreevy include requisiti più severi sulle riserve di capitale che le banche devono accantonare, e sui comportamenti prudenziali nell'erogazione del credito. Meglio tardi che mai. È essenziale che queste innovazioni siano approvate e varate in tempi rapidi. Guai se venissero sabotate da ottusi nazionalismi, o congelate nei tempi geologici dei negoziati che in passato hanno seppellito tanti trattati europei. Stavolta incombe un'emergenza mondiale, chi intralcia la protezione dell'economia europea si assume responsabilità gravissime.