Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L’Iran è ora la prima linea di difesa dei BRICS e del Sud globale

L’Iran è ora la prima linea di difesa dei BRICS e del Sud globale

di Pepe Escobar - 18/06/2025

L’Iran è ora la prima linea di difesa dei BRICS e del Sud globale

Fonte: Come Don Chisciotte

“L’ombra piangente nella funebre danza,
Il forte lamento della sconsolata chimera.”
T.S. Eliot, Burnt Norton

La questione è quanto di più serio si possa pensare. Esaminiamo lo scacchiere, dal micro al macro.
L’operazione “shock’n awe” di Israele contro l’Iran – direttamente dal libro dei giochi [che è il marchio di fabbrica] degli Stati Uniti – è sostanzialmente fallita, nonostante l’iniziale combinazione di velocità, meticolosa pianificazione militare ed elemento sorpresa, che comprendeva l’hackeraggio delle comunicazioni elettroniche iraniane all’interno della griglia militare; la decapitazione della nomenklatura verticale dell’IRGC, l’attacco da manuale con droni in stile Operazione Spiderweb e il bombardamento – alla fine inefficace – dei nodi chiave dell’infrastruttura nucleare iraniana.
Ci sono volute ore perché tecnici iraniani di alto livello rimettessero in funzione la loro rete. E una volta che ciò è avvenuto, la situazione ha cominciato a cambiare, al punto che, dopo i missili “chirurgici” lanciati nella notte di domenica, l’IRGC ha annunciato di essere in grado di interrompere seriamente i sistemi di comando e controllo di Israele utilizzando “intelligence avanzata”, violando così l’Iron – o Paper – Dome.
Sono stati distrutti nodi infrastrutturali assolutamente fondamentali a Tel Aviv e Haifa, dal complesso militare Rafael (specializzato in missili, droni, guerra cibernetica e componenti dell’Iron Dome) alla centrale elettrica e alla raffineria di petrolio di Haifa. Si tratta di un evento storico sotto più punti di vista.
Alle grida di gioia in tutte le terre dell’Islam si aggiunge l’enorme trauma psicologico inflitto a Israele. Il mito dell’invincibilità israeliana è stato definitivamente infranto. Scatenare l’inferno dall’alto, uccidere donne e bambini e imperversare come se non ci fosse un domani non fa vincere una guerra contro un vero avversario.
La strategia dell’IRGC – applicata da una leadership immediatamente rinnovata – viene messa a punto giorno per giorno in modo calcolato e chirurgico. Non è così difficile per l’IRGC paralizzare completamente l’economia di Israele. Israele ha una sola raffineria di petrolio (già bombardata), tre porti, di cui uno già in bancarotta (Eilat) e un altro in fiamme (Haifa); e un aeroporto (già in grave difficoltà).
Il contraccolpo della mossa disperata, anzi suicida, di Tel Aviv – non c’entrano gli scacchi – è in atto. Teheran sta dimostrando che tutti i calcoli dell’asse sionista, secondo cui l’Iran avrebbe potuto dissanguarsi in poche ore – come in parte è stato – erano, come prevedibile, fasulli.
Il Presidente Trump, da parte sua, è stato inghiottito da una trappola. La sua base MAGA è già fratturata – in profondità; i MAGA non sionisti sono la stragrande maggioranza. In un sorprendente quanto infantile post ha ammesso di aver sempre saputo tutto sullo “shock’n awe” israeliano.
Meno di 10 giorni fa, in un incontro a New York con i soliti miliardari, tra cui Steve Witkoff in persona – il suo Talleyrand – Trump aveva esplicitamente affermato che i missili balistici iraniani erano “una minaccia per l’America”. Considerando la loro performance nelle ultime 48 ore, tutto fa pensare che Washington sia entrata di fatto nella guerra calda.
Fonti diplomatiche a Teheran sottolineano che la leadership sta lavorando in questo scenario. Per questo motivo stanno essenzialmente ancora mantenendo le loro capacità – e calibrando attentamente i prossimi grandi passi sulla strada verso l’escalation: ancora una volta una dimostrazione della pazienza strategica iraniana.
La domanda da porsi è quindi: in uno scenario in cui gli Stati Uniti sono di fatto in guerra, cosa ci vorrà perché Russia e Cina, di concerto, perdano la loro pazienza strategica?
L’orgoglio persiano – e la fiducia nelle proprie capacità, come ho avuto modo di osservare il mese scorso in Iran – impone che essi ritengano di avere tutte le risorse necessarie per superare l’asse sionista, Stati Uniti compresi. Dopo tutto, stanno iniziando solo ora a usare i loro missili veramente avanzati – dal Kheybar-Shekan 2 e il Fattah-1 all’Haji Qassem.

La vera guerra è contro i BRICS
In poche parole, la risposta iraniana ha completamente capovolto lo scacchiere: il direttore del circo – con tanto di patetica parata militare a Washington – è nudo. E smascherato.
Ora si trova impantanato non in una, ma bensì due guerre per procura: contro la Russia e contro l’Iran, con i neonazisti di Kiev e i genocidi di Tel Aviv in prima linea. Il tutto fa parte della Grande Guerra: contro i BRICS.
Ormai è chiaro anche ai sordi, ai muti e ai ciechi che non si è mai trattato del programma nucleare iraniano o dello “sforzo” di costruire un JCPOA 2.0 di proprietà di Trump. Si tratta dell’ossessione dell’asse sionista di sempre: il cambio di regime a Teheran.
È questo il Santo Graal, sognato fin dalla fine degli anni Novanta, in grado di aprire all’Impero del Caos, in profonda crisi, le porte dell’immensa ricchezza iraniana in termini di risorse naturali – dall’energia ai giacimenti di terre rare (*)  – prolungando così la vita di un Impero indebitato per diversi miliardi di dollari.
I bonus aggiuntivi sono ancora più seducenti: tagliare fuori la Cina da una questione di sicurezza nazionale – le importazioni di energia – e da corridoi cruciali di connettività della Nuova Via della Seta, insieme all’apertura di un mostruoso ascesso nel ventre della Russia. Un colpo definitivo, in un colpo solo, ai tre principali BRICS – Iran, Russia e Cina -, all’integrazione dell’Eurasia e alla spinta verso un sistema di relazioni internazionali multinodale (corsivo dell’Autore) e multipolare.
Anche se i principali Stati della civiltà stanno facendo i salti mortali per resistere all’Impero del Caos e alla spinta dei suoi padroni a scatenare la Terza Guerra Mondiale, a Mosca e a Pechino sanno benissimo che per affrontare questo scenario è imperativo agire in modo asimmetrico – con suprema astuzia, invece di limitarsi a rispondere alle provocazioni (che è stato il manuale operativo russo predominante nella guerra per procura in Ucraina).
Inoltre, non è casuale, anche considerando la soglia di attenzione massima di Donald Trump, pari a un battito di ciglia newyorkese, che stia facendo girare l’idea che Vladimir Putin agisca come mediatore tra Israele e Iran. L’idea di mediare tra un partner strategico e un’entità dubbia e doppiogiochista è un’assurdità assoluta. Questo trasformerebbe il partenariato strategico – tra l’altro appena approvato dal Majlis, il parlamento iraniano – in una farsa.
In pratica, Mosca potrebbe fornire a Teheran altri S-400 di cui ha bisogno – per ora ha solo un sistema -, più Pantsir e BUK, mentre la Cina sta già fornendo materie prime per accelerare la produzione di missili.
L’intelligence russa, nel frattempo, ha già fatto i conti con l’effetto speculare dell’Operazione Ragnatela di Israele, che ha impiegato esattamente lo stesso modus operandi dello SBU ucraino – che fa da copertura all’MI6 e al Mossad – contro i bombardieri strategici russi che fanno parte della triade nucleare.
Ci si chiede seriamente se Tel Aviv sia direttamente coinvolta nel sabotaggio di Mosca. Altrettanto seri sono gli interrogativi che stanno emergendo in merito alla pista ucraina. I ben informati di Mosca ritengono che il processo di “cessate il fuoco” di Trump abbia tutte le caratteristiche di un rozzo camuffamento per costringere la Russia a fare marcia indietro per un po’, mentre i chihuahua della NATO, ai comandi dello Stato profondo, preparano un primo attacco (almeno nei loro sogni contorti).
Quindi, prima o poi, potremmo vedere la Russia espandere l’attuale strategia iraniana: una guerra infrastrutturale generalizzata, che faccia sprofondare l’Ucraina in un blackout completo, metaforico e non, proprio come il bombardamento di una centrale elettrica ad Haifa ha fatto sprofondare la città in un blackout completo.

Perché non si può permettere che l’Iran fallisca
Naturalmente non ci troveremmo nell’attuale, folle corsa all’escalation se Trump fosse stato abbastanza maturo da accettare l’offerta di Ali Shamkhani – l’ex ministro della Difesa poi assassinato da Israele: se le sanzioni fossero revocate, l’Iran avrebbe potuto sbarazzarsi del proprio uranio altamente arricchito e firmare un nuovo accordo nucleare. Teheran avrebbe poi arricchito l’uranio a bassi livelli solo per il suo programma civile.
Parallelamente, Teheran aveva anche suggerito un progetto di arricchimento nucleare congiunto con investimenti statunitensi, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Il Ministro della Difesa iraniano Abbas Araghchi lo aveva illustrato personalmente all’inviato speciale statunitense Steve Witkoff in Oman, prima che i colloqui si interrompessero.
Il Sud globale, nel frattempo, assiste all’orrendo ping-pong mortale tra Israele e Iran – con la crescente consapevolezza che l’Occidente, messo all’angolo, è un animale ancora più pericoloso, giorno dopo giorno, che conduce una guerra totale sotto la maschera della pace.
Tel Aviv in fiamme è l’inizio di una nuova era. Nella loro rabbia, ora minacciano il modello “Beirut” su Teheran: distruzione selvaggia di quartieri civili. Ancora una volta, quello che sanno fare meglio: il terrorismo.
Ma questa volta non ci sarà più impunità per un sistema genocida. Le conseguenze saranno inevitabilmente discusse questa settimana al Forum Economico di San Pietroburgo, fino al discorso di Putin alla sessione plenaria di venerdì e fino al vertice dei BRICS a Rio de Janeiro all’inizio di luglio.
A sentire il polso del Sud globale, la sensazione è che l’Iran stia di fatto ripristinando l’etica e l’autorità geopolitica in tutta l’Asia occidentale, come l’impero persiano l’aveva esercitata per secoli. È questo che fanno gli Stati-civiltà: il loro ruolo di custodi privilegiati della propria sfera d’influenza è sempre essenziale.
È improbabile – sotto la presidenza brasiliana; ma i BRICS prima o poi dovranno compiere la transizione strategica da macchina da dichiarazioni iper-cortesi a vera, solida, infrangibile spina dorsale del Sud globale e dell’Asse globale di resistenza.
Perché l’Occidente, infuriato e scombussolato, non è più in modalità guerra ibrida, ma è orientato alla guerra totale, per “calda” che possa diventare. Quindi, il Sud globale deve passare alla modalità post-ibrida, Ribelli con una causa.
Dalla Nigeria all’Indonesia al Vietnam – membri e partner dei BRICS – c’è un crescente consenso sul fatto che l’Iran non deve essere lasciato cadere. È una cosa seria. L’incantesimo del diktat occidentale senza limiti è stato finalmente spezzato: tutto ciò che sopravvivrà sarà “il forte lamento della sconsolata chimera”. Ci vuole uno shock – fallito – per rompere la schiena del cammello.

Pepe Escobar è un analista geopolitico e autore indipendente. Il suo ultimo libro è Raging Twenties. È stato politicamente cancellato da Facebook e Twitter. È possibile seguirlo su su Telegram.
 
Link: https://sputnikglobe.com/20250617/iran-now-first-line-of-defense-of-brics-and-the-global-south-1122272733.html