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Collaboratori e scomparsa dei fatti

di Nicoletta Forcheri - 14/01/2009

Apprendo dal sito di Massimo Fini (cfr. http://www.ilribelle.com/) la decisione di assumere Marco Travaglio su base regolare per l’editoriale della sua nuova rivista “La voce del Ribelle” e subito mi dico che qualcosa stride. Che cosa stride?

 

ECCO COSA STRIDE:

La risposta di Marco Travaglio a una mail su Gaza di questi giorni dice:

“Israele non sta attaccando i civili palestinesi. Israele sta combattendo un’organizzazione terroristica come Hamas che, essa sì, attacca civili israeliani (di origine ebraica e palestinese, cittadini di uno Stato discutibile finchè si vuole, ma democratico). Da tre anni, dopo il ritiro di tutti i soldati israeliani dalla Striscia, quel che accade a Gaza non è più responsabilità di Israele, ma del governo di Hamas, che anzichè lavorare a costruire lo Stato palestinese, s’è occupato di distruggere quello di Israele. L’ultima volta l’ha fatto un mese fa violando unilateralmente la tregua a suo tempo firmata e riprendendo il lancio di missili su centri abitati e uccidendo civili, anche bambini. Di qui la reazione di Israele.”




[Foto: la prova dei fatti del numero di attacchi di razzi durante la "tregua", ricominciati dopo il 4 novembre data di un'incursione israeliana a Gaza che ha ucciso 6 palestinesi, durante una tregua mai rispettata da Israele che ha continuato un embargo letale sulla popolazione di Gaza, chiusa da un muro e strozzata nel cibo nei medicinali nell'acqua nell'elettricità e nelle acque territoriali, last but not least NELLA MONETA per pagare gli stipendi dei pubblici ufficiali]

Ecco cosa stride, perché no, la questione non è così complicata per chi si fosse doverosamente informato - e dovrebbe essere proprio il compito di giornalisti, opinionisti, intellettuali - altrimenti a cosa servirebbero i vari “ribelli” in rete e i tanti altri siti di (contro)informazione sul net? Chi afferma che la situazione è troppo complicata da capire fa chiaramente il gioco di Israele che si è prefissato di demonizzare e uccidere 125000 miliziani di Hamas, scontando le uccisioni “collaterali” di circa 10 cittadini per ogni miliziano. Se la matematica non è un’opinione e se sarà una operazione lunga come hanno dichiarato i vertici militari israeliani, il risultato matematico è genocidio (essendoci 1600000 di abitanti nella Striscia). 

Poi stride che Travaglio si occupi così massicciamente della “questione morale” - in linea con il personaggio per carità - ma ciò facendo fa il gioco di disinformazione dei media che hanno inventato la questione e il “terremoto di Napoli” dal 17 dicembre scorso come metodo di “scomparsa dei fatti” che erano: le indagini di Woodcock sulla cupola internazionale della Total, arrivando su su fino ad Albert Frère, azionista di maggioranza di Suez Gaz de France e socio in affari di BNP Paribas (BNL), degli amministratori Total Italia e delle loro malefatte in Basilicata. Funziona così: i riflettori si spostano dal vero scandalo e creano una “questione morale” preconfezionata ma utilizzata unicamente come metodo per “bruciare” alcuni politici – del resto particolarmente inossidabili i nostri - il cui eventuale “sacrificio” mediatico sarà servito a coprire i veri responsabili e i veri gangli del potere economicofinanziario, spesso oltralpi, e gli stessi meccanismi del potere occulto. 

Così nel silenzio e dietro le quinte, i poteri forti internazionali hanno avuto il tempo di soffocare l’affaire, non senza la complicità delle varie istituzioni politiche. Le ipotesi di reato erano: organizzazione a delinquere con turbativa d’asta nella vicenda Centro Oli di Tempa Rossa (scambio di buste per la gara) di cui Total partecipa al 50%, corruzione, concussione, e altri reati molto pesanti. Ne avete sentito parlare oltre a qualche dispaccio stampa scritto il 16 dicembre? No, oscurato ad arte dalla “questione morale”. 

Prima si oscurano le notizie, che si fanno sempre più rade e sempre più nel senso di fare scomparire il fatto, il fatto mediatico e il fatto giudiziario (vedi sotto), con una concatenazione operativa e molto efficace dietro alla facciata mediaticopolitica. 

Eppure la questione giacimenti idrocarburi dovrebbe essere la Questione di cui tutti i media dovrebbero parlare se non vogliamo finire espropriati della nostra terra, a marcire in un campo profughi in una qualche periferia cittadina, con gli aiuti umanitari di Croce Rossa e Onu, quando l’Italia sarà completamente fallita come l’Argentina. Si, perché le royalties (7%) pagate sono le più basse al mondo e quelle effettivamente corrisposte agli enti locali non vengono assolutamente ridistribuite; perché in Basilicata e Abruzzo vi è un nuovo esodo di massa dei giovani, un nuovo scempio territoriale ed economico per gli “indigeni” che avrebbero potuto tranquillamente vivere di agriturismo e autosostentarsi con l’agricoltura. Senza parlare della selvaggia privatizzazione dell’acqua non senza vari casi di premeditato inquinamento delle falde e dei pozzi, un modo per far risultare “indispensabile” l’intervento di un monopolio “privato” che ha i brevetti per la depurazione idrica (il duopolio che spadroneggia nel mondo e in Italia è Veolia in cartello con Suez Gaz de France, Albert Frère azionista di riferimento). 

Chiusa la parentesi sul fatto scomparso, ritorniamo ai nostri pionieri del fatto resuscitato: al riguardo non dimenticherò le prese di posizione – e le tante omissioni - di Travaglio sulla scomparsa della truffa monetaria e che solo ultimamente, ob torto collo, ha accennato qualcosa di confuso proprio costretto dal contesto della crisi finanziaria circostante, che più che una crisi è una enorme piramide truffaldina a schema MADOFF. All’epoca, lo avevo scusato perché effettivamente non ci si può occupare di tutto, e lui era così bravo a spulciare le sentenze, ma sinceramente un’analisi così superficiale del conflitto in atto e un contributo così massiccio alla scomparsa dei fatti nel caso Total, STRIDONO, con le sue prediche e con la linea del Ribelle, a meno che il Ribelle non voglia diventare conforme o sia lì per recuperare un movimento di ricerca della verità tra gli internauti. Ma allora cambi nome. Lo dica chiaramente. Ecco cosa STRIDE. 

All’argomento della libertà di espressione e della pluralità di opinioni, rispondo che una cosa è la libertà di espressione, altra cosa è opinare su un dato di fatto che è un massacro etnico in un ghetto, e questo fatto non dovrebbe essere dell’ordine delle opinioni, degli argomenti o dell’opinabile; è un dato di fatto sulla cui ingiustizia, atrocità e responsabilità non dovrebbe esserci alcuno spazio per disquisire. Certi fatti non sono opinabili, tranne per certa stampa di regime. Punto.

Vi è un massacro in corso, e di due cose l’una, o lo si nega, e si fa del negazionismo, o non lo si nega, allora quel che è peggio lo si appoggia e si fa del collaborazionismo. 

A meno che non si parta dal presupposto, ma lo si dica chiaramente allora, che la vita dei membri di alcune etnie hanno meno valore di quelle di un’altra che si richiama a una presunta “democrazia”, per non parlare del rivendicato giudaismo dello Stato d’Israele – diritto di sangue contro diritto di suolo degli indigeni - al punto da giustificare una reazione non solo sproporzionata ma una punizione collettiva – e non da ieri - di cui un giorno qualcuno dovrà rispondere davanti a una corte internazionale per crimini contro l’umanità. Ma in questo caso si pecca anche di razzismo, reato contemplato dal codice penale (razzismo e istigazione al razzismo). 

Cioè, ben vengano gli scambi di opinioni, argomentate e suffragate dai fatti ma che non si confondano con la libertà di manipolare l’opinione pubblica facendo scomparire i fatti del regime tanto stigmatizzato da Travaglio e Fini. Il fatto, ad esempio, che a interrompere la tregua è stato Israele e non Hamas – uccidendo sei palestinesi ai primi di novembre – che la tregua è stata costantemente violata da Israele che ha proseguito un vergognoso embargo da quando Hamas, partito democraticamente eletto nel 2006 non è mai stato riconosciuto né alcun israeliano ha mai voluto discutere attorno a un tavolo delle sue giuste rivendicazioni: ritiro dai confini del 1967, apertura dei valichi, cessazione della costruzione del muro e degli insediamenti illegali dei coloni, sospensione dell’embargo alimentare, energetico, idrico e monetario, liberazione di tutti i prigionieri politici, di cui le tante donne e i bambini che marciscono nelle prigioni israeliane. 

Per tornare ai nostri paladini dei fatti resuscitati, libertà di opinione non dovrebbe essere quella di veicolare sofismi e luoghi comuni per giustificare un crimine contro l’umanità. Né il lavoro onesto e certosino di tanti precari sul net che tentano di sbrogliare la matassa dei ragionamenti capziosi dovrebbe essere vanificato dalla propaganda, almeno non in quegli ultimi spazi liberi che ci sono rimasti sul net!!! 

Fosse una collaborazione una tantum, ancora ancora, ma la collaborazione è su base regolare. Non vi sembra sia giunta veramente l’ora per questo martoriato paese di dare spazio ai nuovi talenti del giornalismo che annegano nella precarietà più totale? Travaglio, che io sappia, è un giornalista dell’establishement, ha le sue “poltrone” in televisione o sulla stampa scritta. A meno che anche qua voi della Voce non predichiate bene per razzolare male. 

E poi pongo un interrogativo (retorico): chi scrive, e ha visibilità, non ha anche una responsabilità etica? Se una parola va nel senso di sia pur minimamente difendere le giustificazioni faziose di chi sta perpetrando un massacro etnico, non è come collaborarvi, o esserne complici? Insomma così come esiste il reato di mancata assistenza a persona in pericolo, dovrebbe anche esistere il reato di collaborazionismo intellettuale, quando si omettono deliberatamente i fatti, e la libertà di opinione dovrebbe trovare un limite laddove tenta di giustificare le violazioni dei diritti, i soprusi, le violenze, i massacri, le espropriazioni. Qual è la linea etica del Ribelle? Collaborare con un collabora-sionista? 

E se Travaglio non è ferrato nel conflitto, di due cose l’una, o si informi sui fatti, o taccia. Però strano per un opinionista. Stride soprattutto con la visione implicita che ha della democrazia, agli antipodi di quella dichiarata da Massimo Fini: un regime da ampliare a suon di cannonate. Che fa Massimo Fini assume un infiltrato nella sua testata? Sempre pronto a sparare le sue pallottole eccellenti sugli stessi personaggi, ma mancando sempre regolarmente il quadro globale, i veri mandanti o i veri meccanismi del potere. Premeditato? Fa lo gnorri? L’interrogativo rimane aperto.

Fatto sta che a certi personaggi non si dovrebbe dare più spazio di quanto non abbiano già sui media ufficiali. Largo agli altri. Almeno sul web. 

Cronaca di un fatto "scomparso": il caso "Total"
 

Foto: dott. Jean Paul Juguet, Direttore Total Italia del Progetto Tempa Rossa, Antonio Potenza, assessore alla salute, sicurezza e solidarietà sociale servizi alla persona e alla comunità della Regione BasilicataPrendiamo il fatto accaduto, il 16 dicembre scorso (cfr.
http://www.news4.it/speciale/default.asp?speciali=34883)

Prendiamo il fatto accaduto, il 16 dicembre scorso (cfr. http://www.news4.it/speciale/default.asp?speciali=34883 ) degli arresti, in seguito alle indagini del pm Woodcock di 4 amministratori Total, di cui l’ex ad Lionel Levha di Total Italia, il contumace Jean Paul Juguet, il deputato PD (di cui Margotta) e l’imprenditore Ferrara, oltre al sindaco di Corleto Perticara. Le ipotesi di reato spiccate dal pubblico ministero non sono da poco conto: associazione a delinquere con finalità di turbativa d’asta – scambio di buste per appalti – corruzione e concussione, creazione di una società per pilotare gli appalti di costruzione, stipula di un contratto anticoncorrenziale per 15 milioni di euro e garanzia di rifornimento presso la Total per cinque anni, clausole capestro per l’acquisizione di terreni agricoli a un prezzo fuori mercato, 6 euro al metro cubo pena il pignoramento a 2 euro, con la collaborazione di un funzionario comunale. Esse ruotano attorno al progetto “Tempa Rossa” (vicino alla Val d’Agri in Basilicata) che “prevede lo sviluppo di un giacimento petrolifero all’interno della Concessione Gorgoglione, situato nella Regione Basilicata, nel Sud d’Italia, principalmente nel territorio del Comune di Corleto Perticara (PZ)” dove TOTAL ITALIA SpA, ha la quota del 50% (ESSO Italiana e Shell Italia E&P il 25% ognuna), e comporta la costruzione di un centro di Trattamento Oli, la costruzione e messa in funzione di sei pozzi; la realizzazione di una rete di condotte; la realizzazione di un impianto nell’area industriale di Guardia Perticara, per lo stoccaggio del GPL prodotto; la realizzazione delle condotte di collegamento all’oleodotto “Val d’Agri-Taranto”, per il greggio, alla Rete Gas nazionale per il metano e al centro di stoccaggio per il GPL. 
 

 

La notizia riportata dal Corriere, il 16 dicembre, è la seguente: “Tangenti sul petrolio in Basilicata, finisce in carcere l’ad di Total Italia.” Coinvolto anche il deputato Pd Margiotta, che si autosospende dall’incarico: «Sono innocente».

Dove si riferisce con tanto di dettagli sulle ipotesi di reato. Incarcerati gli amministratori di Total, latitante Jean Paul Juguet, agli arresti domiciliari il deputato PD Margotta. 

La Repubblica mostra subito il suo taglio “giornalistico” del fatto, facendo anche un copia e incolla del comunicato della Total: Basilicata: Total, fiducia in dirigenti e magistrati. 

Il 17 dicembre scoppia la “questione morale”: quasi due settimane ininterrotte di sparizione dei fatti economici con tanto di riflettori unicamente sui politici, e deviazione dell’attenzione anche sul “terremoto” di Napoli con l’affaire degli appalti truccati dell’imprenditore napoletano Romeo, sacrificato a dovere sull’altare degli interessi di altri imprenditori più potenti e finito in prigione. Fu una settimana particolarmente ricca in arresti e retate mafiose da Potenza a Firenze, da Napoli a Pescara. E di Juguet neanche più un indizio. Da latitante a fisicamente e virtualmente scomparso del tutto dai dispacci stampa, dal sito della Total e dalle notizie. 

E poi il 31 dicembre, dopo due settimane di brainwashing sulla questione morale, il Corriere titola: Inchiesta Total, scarcerati gli indagati «Ma restano le accuse di corruzione». La decisione del Tribunale del Riesame di Potenza. Cancellata l’ipotesi di associazione a delinquere. Dove si riferisce della sospensione degli arresti domiciliari del deputato, della scarcerazione di Lionel Levha, Roberto Arancini e Roberto Pasi, l’imprenditore Francesco Rocco Ferrara, il sindaco di Gorgoglione (Matera) Ignazio Tornetta – che rimangono agli arresti domiciliari - la cancellazione del reato di associazione a delinquere, il dissequestro dei beni immobili (50 milioni di beni mobili e immobili in una lista di 29 pagine dell’ordine di custodia cautelare). Continuo a chiedermi dove è finito Juguet. Gli hanno annullato l’arresto?  

Poi l’epilogo, per il quale spiana bene la strada il quotidiano La Repubblica il 2 di gennaio 2009 con conclusioni quanto meno affrettate: Potenza, il Riesame boccia Woodcock «Nessun comitato d’ affari sul petrolio». Niente arresto per il pd Margiotta: così mi restituiscono l’ onore. Le analogie con il caso Pescara. Dove si rassicura la popolazione sull’inesistenza di un comitato d’affari, cupola, associazione a delinquere che dir si voglia. 

Sempre letteralmente figurativamente e materialmente scomparso Jean Paul Juguet, di cui non ci sarà mai più l’ombra di un accenno dal 16 dicembre 2008. Sparito completamente dal mondo virtuale. 

Nel frattempo il Corriere resiste debolmente, il 3 gennaio, con la versione del bicchiere mezzo pieno, o più accuratamente con la versione del pm: Woodcock difeso dal capo: l’ indagine non è demolita. Il procuratore: la lista dei prosciolti? Non mi occupo del passato. Dopo l’annullamento dell’ ordinanza contro il parlamentare diessino Margiotta. «Non c’ è alcun comitato d’ affari». Il procuratore: Il Riesame dice che la nostra inchiesta è in gran parte confermata.  

Per il Riesame rimane intatto l’impianto accusatorio, confermati “i «gravi indizi» per tutti i reati-fine, quelli cioè per i quali si ipotizzava fosse stata messa in piedi l’ associazione a delinquere e tutte le ipotesi di corruzione, concussione e turbativa d’asta per i protagonisti dell’ inchiesta (ora tutti ai domiciliari)” per: l’ amministratore di Total Italia, Lionel Levha, e i dirigenti della compagnia Roberto Francini e Roberto Pasi, l’ imprenditore Francesco Rocco Ferrara e Ignazio Tornetta, sindaco di Gorgoglione (Matera).”  Ma Juguet, non era anche lui indagato? 
 

Vi si parla anche della tappa del 7 gennaio dove bisognava discutere della proposta del pm di sospendere per due mesi OGNI ATTIVITA’ DELLA TOTAL ITALIA. Si apprende anche che all’imprenditore Ferrara era contestato il reato, annullato dal Riesame, di associazione a delinquere per detenzione e spaccio di stupefacenti. (Dal petrolio alla droga…un passo non così singolare basti pensare alle colture di papavero in Afghanistan moltiplicate da quando l’esercito “di liberazione occidentale” ha introdotto la guerra per ottenere il diritto di passaggio delle pipelines Chevron Texaco dal Kazakistan al Pakistan… ) 

E vi si riferisce anche che nell’ordinanza del pm era scritto che “il petrolio doveva essere una «grande occasione di sviluppo per tutta la regione” e che invece è diventato «una occasione di arricchimento di una schiera di soggetti» che ha «svenduto» la Basilicata «a discapito del pubblico interesse»” (3 gennaio 2009 - Corriere della Sera) 

E poi la stoccata finale, il sospetto di “gravi anomalie” sull’inchiesta di Woodcock sparato dal ministro Mancino : Potenza: la Procura nega «gravi anomalie»

Nessuna notizia sull’ udienza del 7 gennaio e sulla proposta del pm Woodcock di sospendere le attività di Total. Sparita la notizia. Scomparso il fatto. 

Cronaca di una scomparsa annunciata, ne parla correttamente il giornalista di Peacelink, Pietro Dommarco, nell’articolo del 20 dicembre (http://www.pietrodommarco.it/fumonegliocchi.htm): Inchiesta petrolio: “Fumo negli occhi”, dove alla probabilità di fare macchia d’olio per “l’inchiesta più pesante ed incisiva degli ultimi anni” si contrappone la possibilità che “l’attenzione dell’opinione pubblica potrebbe essere “dirottata” lontano dai problemi reali. I sentori di “specchietti per le allodole” ci sono. Fumo negli occhi, insomma.” 

Dove è finito Juguet? E se è sparito mentre era latitante come mai neanche più una parola e non se ne trova traccia neanche in tutti i siti della Total? Come è finita la richiesta del pm di sospensione delle attività della Total che doveva essere discussa il 7 gennaio? E la ventilata possibilità di ricorrere in Cassazione contro il dissequestro dei beni? Tutto scomparso, una scomparsa fin troppo prevedibile a giudicare dalle gesticolazioni dei media e il gran numero di retate di mafia e corruzione iniziate il 17 di dicembre. Solo una coincidenza?