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La guerra in Sri Lanka

di Manuel Zanarini - 04/05/2009


In questi giorni, l’esercito dello Sri Lanka sta effettuando una pesante offensiva contro le Tigri del Tamil (forse quella finale), per piegarne definitivamente la resistenza. Penso sia interessante analizzare la storia di questo conflitto, di cui, spesso, poco si parla in Occidente.

Il conflitto ha di fondo motivazioni etniche; infatti, lo Sri Lanka è abitato in prevalenza dalla popolazione cingalese, buddhista e di origine indoeuropea; e da una minoranza tamil, induista e di origine dravidica. Aldilà delle dispute sul primato della popolazione dell’isola (comunemente si ritiene che fossero i cingalesi i primi abitanti, mentre i tamil vi migrarono dall’India stanziandosi nelle zone settentrionali), le origini dell’attuale conflitto sono da ricercare, soprattutto, durante il periodo coloniale britannico (tanto per cambiare!!!). I coloni britannici decisero di marginalizzare la maggioranza cingalese, favorendo la minoranza tamil; a quest’ ultima furono assegnate borse di studi presso università britanniche; al loro interno venne scelto tutto il personale amministrativo della colonia; ad essa vennero assegnati tutti gli incarichi pubblici migliori (medici, insegnanti, poliziotti, soldati); inoltre, vennero attuate massicce politiche di immigrazione di elementi tamil dall’India per lavorare nelle piantaigioni di the, a discapito della maggioranza cingalese oppressa e ridotta alla miseria.
Ottenuta l’indipendenza, nel 1948, la maggioranza cingalese si riappropriò dei propri diritti, estromettendo la minoranza tamil dagli incarichi più importanti e privandola dei favori ottenuti in cambio della fedeltà ai colonizzatori. La situazione si spostò sempre più verso uno stato di segregazione della minoranza tamil, fino agli anni ’70, quando sorsero i primi movimenti armati tamil, i quali vorrebbero creare uno stato indipendente sottraendo i territori del nord-est al governo cingalese centrale. Le prime avvisaglie di un conflitto sanguinoso, si ebbero nel 1977, quando l’esercito sciolsero diverse manifestazioni di protesta tamil, causando diverse centinaia di morti. La situazione degenerò coi pogrom del “luglio nero” del 1983; dopodichè i tamil formarono il movimento “Tigri per la liberazione della patria tamil” (Liberation Tigers of Tamil Eelam, LTTE). Sua figura carismatica fu fin dall’inizio Velupillai Prabhakaran, ancora oggi comandante della guerriglia. Il LTTE scelse la via della guerriglia nella giungla, riuscendo, grazie all’appoggio della popolazione tamil e degli ingenti fondi che gli arrivano dagli emigrati all’estero, ad ottenere il controllo delle zone nord-orientali dal paese; tanto da arrivare a istituire governo, parlamento, moneta, banca, poste, ospedali e scuole proprie. Al momento di massima espansione delle Tigri, esse controllavano un territorio di circa 10.000 km2 A livello “militare”, è famosa la sua squadra di kamikaze, denominata “Tigri Nere”, che compiono attentati suicida contro strutture amministrative centrali e obiettivi civili cingalesi.

Dal 1983, la guerra si concentra soprattutto nelle regioni nord-orientali dell’isola, in particolare attorno alla penisola di Jaffna, roccaforte delle LTTE; ma, ripetutamente, diversi attentati si sono verificati anche nella capitale Colombo. Così, l’intera popolazione dello Sri Lanka vive tra due fuochi: gli attentati suicida delle Tigri, da un lato; e la repressione del governo di Colombo, che fa ampio uso di corpi paramilitari per colpire sia civili tamil che cingalesi ostili alla guerra, dall’altro. La situazione sembrava potersi stabilizzare nel 2002, quando venne stipulato un “cessate il fuoco” tra i due contendenti, facilitato dalla decisione del LTTE di accettare una soluzione federale all’interno di un unico stato, abbandonato la teoria separatista. I sogni di pace naufragarono nel novembre del 2005, quando dopo le elezioni, venne eletto il “falco” cingalese Mahindra Rajapakse, che aumentò l’oppressione, facendo naufragare definitivamente le trattative di pace nel 2006, costringendo la missione di pace scandinava (Sri Lanka Monitoring Mission, SLMM) a lasciare il paese. Attualmente, il partito del presidente, lo SLFP (Sri Lanka Freedom Party) è incalzato dai due partiti nazionalisti, Il Fronte di liberazione popolare (Janatha Vimukthi Peramuna - JVP) ed il partito dei monaci buddhisti JHU (Jathika Hela Urumaya - Partito del retaggio nazionale), affinché elimini militarmente le Tigri, per poi offrire alla minoranza tamil una soluzione politica. L’esasperarsi della situazione è stata anche facilitata dal rifiuto del maggior partito tamil, la Tamil National Alliance (TNA), di aderire al tavolo congiunto di tutte le forze politiche, proposto dal governo, per lavorare ad una soluzione federale.

Entrambe le parti in causa ricevono armamenti dall’estero: il governo gode dell’appoggio di Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Russia, Cina, Pakistan, India, Ucraina, Israele, Repubblica Ceca; le Tigri tamil da Cambogia, Thailandia, Singapore, ex Jugoslavia e Zimbabwe (anche se usano soprattutto armi sottratte all'esercito). Ultimamente, però, gli Stati Uniti hanno deciso di scendere pesantemente in campo a sostegno del governo di Colombo, permettendo la massiccia offensiva di questo periodo e spostando l’ago della bilancia a favore della maggioranza cingalese. Il Pentagono ha ammesso di aver fornito addestramento per l’attività di contrasto alla guerriglia alle truppe dello Sri Lanka, così come notizie di intelligence ed armi non-letali. Fra queste, sofisticate attrezzature radar che hanno permesso a Colombo di smantellare le rotte marittime di rifornimento dall’India. Contemporaneamente, Israele ed il Pakistan hanno fornito all’esercito un largo arsenale di armamenti tecnologicamente avanzati. Nel gennaio 2006, solo poche settimane dopo l’insediamento del nuovo governo e le sue denuncie circa le supposte eccessive concessioni fatte alle Tigri da quello precedente, l’allora ambasciatore USA Jeffrey Lunstead minacciò le Tigri che se non avessero rapidamente aderito ad un accordo secondo le condizioni espresse dal governo, avrebbero dovuto fronteggiare “un esercito più forte, capace e determinato”. A scanso di equivoci, Lunstead aggiunse: “Per mezzo dei nostri programmi di addestramento militare e di assistenza, inclusi gli impegni riguardo il controterrorismo ed il blocco delle transazioni finanziarie illegali, stiamo collaborando a formare la capacità del governo dello Sri Lanka di proteggere il suo popolo e difendere i propri intereressi”. Lo stesso attuale ambasciatore USA si è rallegrato per i successi militari governativi, spronando l’esercito all’annientamento delle Tigri. In cambio, Washington e Colombo hanno firmato il “Access and Cross Servicing Agreement”, firmato nel marzo 2007, che consente alle unità della Marina e dell’Aviazione statunitense di utilizzare le infrastrutture dello Sri Lanka. Oggi la situazione sul campo, vede l’avanzata probabilmente definitiva delle forze governative che stanno bombardando a tappeto le zone della guerriglia, hanno sfondato a Jeffna e hanno occupato  Kilinochchi, la “capitale” dei separatisti tamil, e Mullaitivu, principale base militare dell'Ltte. La situazione della popolazione è drammatica; in questi 25 anni di guerra, più di 70.000 persone (su una popolazione di circa 19 milioni) sono rimaste uccise, qualcosa come 800.000 tamil hanno abbandonato l’isola ed un altro mezzo milione sono profughi interni, di modo tale che un terzo della popolazione tamil è stata sradicata dalle proprie case, e a tutt’ oggi, l’esercito impedisce che l’ONU e la Croce Rossa possano portare soccorso alla popolazione civile.
Anche per la maggioranza cingalese la situazione non è rosea; infatti, oltre alla minaccia del terrorismo e al vedere i propri figli, che pur di non morire di fame vanno a combattere al nord, deve fare i conti con l’impegno economico che tale conflitto richiede. Attualmente, pur essendo lo Sri Lanka un paese poverissimo, il 71% del bilancio nazionale è impegnato per spese belliche e stesse sorte hanno avuto i fondi per la ricostruzione post-tsunami.

Aldilà della posizione che ognuno di noi possa avere sul conflitto, trovo vergognoso che nessuno riesca a fare nulla per proteggere donne e bambini vittime di una guerra per la quale di certo non sono responsabili.