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La strategia USA per il controllo totale dell’energia nell’Unione Europea e in Eurasia

di F. William Engdahl - 04/08/2009

Il progetto Nabucco tra Turchia e UE e la politica di Obama


Nella sua prima visita all’estero, in qualità di Presidente neo-eletto, Obama si è recato ad Ankara, per un incontro di alto profilo, con il primo ministro turco, Recep Erdogan, e altri alti dirigenti locali. Obama ha proposto ai turchi uno scambio quasi commerciale: “Io sostengo il vostro ingresso nell’Unione Europea; e in cambio, voi aprite le porte alla collaborazione con l’Armenia”. Tutti gli altri aspetti che riguardano i rapporti tra NATO e Turchia sono secondari; infatti, il vero obiettivo di Obama è favorire la realizzazione di un oleodotto che colleghi la Turchia alla Germania, e da lì a tutti gli altri paesi europei, e che si ponga in contrapposizione al progetto South Stream, portato avanti dalla Russia.

Il “Nabucco” è parte integrante della strategia statunitense di controllo totale dell’energia, sia di quella europea, che di quella eurasiatica. Il 13 luglio, in occasione della cerimonia di presentazione del “Progetto Nabucco”, ad Ankara, il “soft power” dell’amministrazione Obama ha dato i primi frutti; bisognerà vedere se saranno dolci o amari.
La principale figura del Partito Repubblicano in politica estera, il senatore Richard Lugar, faceva parte della delegazione statunitense, al seguito di Obama, in missione ad Ankara; alla cerimonia, erano presenti anche il presidente della Commisione UE, Barroso, e i capi di governo della Turchia, della Bulgaria, dell’Ungheria e dell’Austria.
Il Progetto Nabucco, quando e se sarà terminato, prevede il trasporto del gas del Caucaso e del Medio Oriente attraverso la Turchia, la Bulgaria, la Romania e l’Ungheria, in Austria e, da lì,dovrebbe  raggiungere tutti i mercati dell’Europa Centrale e Occidentale. Dovrebbe essere lungo 3.300 Km., partendo, da un lato, dal confine georgiano-turco, e, dall'altro, da quello iraniano-turco, fino a Baumgarten, in Austria, con un costo previsto di 8 miliardi di dollari. Questo progetto è parallelo a quello già esistente Baku-Tiblisi-Erzurum, e dovrebbe essere in grado di trasportare 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno. I due terzi di questo gasdotto dovrebbero attraversare il territorio turco.
Azerbaijan, Uzbekistan, Turkmenistan, Iran e Iraq, sono visti come potenziali fornitori della materia prima.
Per diverso tempo, i colloqui Obama-Erdogan a riguardo erano in fase di stallo, per lo scarso interesse mostrato dalla Turchia; ma, ora, pare che la nuova amministrazione sia riuscita a segnare qualche punto nel “Grande Gioco” in atto in Eurasia. Questo però è vero a un’occhiata superficiale, se si guarda in profondità, la realtà è diversa.

Analisi geopolitica

Per Washington, la realizzazione del Nabucco è di primaria importanza; basti pensare, che il Senato degli Stati Uniti ha stabilito, dopo diverse riunioni parlamentari, che bisogna prestare la massima attenzione al controllo delle risorse energetiche, in quanto esse influenzano gli affari a livello globale. In realtà, questo è il cuore della politica estera degli Stati Uniti, fin da quando l’allora presidente Woodrow Wilson ordinò alla sua flotta militare di stanza a Vera Cruz, in Messico, di difendere gli interessi della Standard Oil dei Rockefeller, nel 1913.
Durante i lavori a Washington, i senatori hanno espresso il loro massimo interesse verso la realizzazione del gasdotto Nabucco. Il senatore John Kerry, presidente dell’influente Commissione per le Relazioni Estere del Senato USA, lo ha espresso molto chiaramente: “Esiste una relazione strettissima tra la situazione delle risorse energetiche mondiali e le fonti di instabilità politica, e noi dobbiamo considerare molto attentamente questo aspetto. Iran, Iraq, Sudan, Russia, Caucaso, Nigeria e Venezuela, rappresentano i nostri problemi principali per l’approvvigionamento energetico, e, quindi, sono i punti cruciali della nostra geopolitica”.
Quello che il senatore democratico si è dimenticato di dire è che quei paesi sono diventati “i punti cruciali della nostra geopolitica”, perché, a partire dalla fine della Guerra Fredda, Washington ha agito unicamente per aumentare il proprio controllo sul futuro economico dell’Eurasia, comprese Russia e Cina, e per rendere energicamente dipendente dalle sue scelte l’Unione Europea. Per Washington, quel controllo è diventato LA preoccupazione principale di tutta la sua politica estera, dalla caduta del Muro di Berlino, nel novembre 1989, in poi.

Gas per il Nabucco?

Il problema principale del progetto Nabucco, al momento, non è la mancanza di volontà della Turchia di costruire la maggior parte del gasdotto, che pare essere superata; bensì, individuare chi fornirà gli enormi volumi di gas naturale da far scorrere nei tubi, tanto da rendere il progetto economicamente conveniente. Qui nascono i problemi.
Finora, l’unico fornitore individuato sarebbe l’Azerbaijan, il quale già immette enormi quantità di gas, in un gasdotto anglo-americano, gestito dalla British Petroleum, che lo porta dal Mar Caspio, da Baku, in Occidente, in modo indipendente dalla Russia. Il gasdotto Baku-Tiblisi-Ceyhan è stato la vera ragione che ha spinto Washington a organizzare la “Rivoluzione delle Rose” in Georgia, nel 2004, che mise al potere il dittatore Mikhail Saakashvili, estromettendo il veterano dell’era Sovietica, Edouard Shevardnadze, il quale, essendo troppo amico di Mosca, minacciava di ostacolare la geopolitica energetica dell’amministrazione Bush-Cheney. Il fatto è che, attualmente, l’Azerbaijan ha siglato un accordo con la Russia per la fornitura di gas, dal Settore 2 della riserva di Shah Deniz- la stessa che, nei piani statunitensi, dovrebbe rifornire il Nabucco.
L’accordo tra la Gazprom e la compagnia azera prevede che gli altri acquirenti debbano fare un’offerta superiore a quella russa, per poter acquistare il gas, cosa che consegna alla Russia una leva di potere molto efficace, in grado di uccidere ancor prima della nascita il progetto Nabucco, o quantomeno a tenerlo in stallo, il quale ha lo scopo di ridurre la dipendenza dell’Europa dal gas russo; infatti, Mosca può decidere di tenere il prezzo del gas di Shah Deniz talmente alto, da rendere il Nabucco non economicamente praticabile, come alternativa al suo South Stream. Il presidente dell’Azerbaijan, Aliyev, sembra giocare al gatto e al topo, sia con la Russia che con l’asse UE-USA, cercando di metterle una contro l’altro, allo scopo di far alzare il prezzo del suo gas. La Gazprom ha accettato di pagare l’enorme cifra di 350 dollari per mille metri cubi del gas di Shah Deniz; questa decisione, che è puramente politica, essendo economicamente fuori mercato, l'ha in realtà presa  Mosca, che controlla la Gazprom.
Wahington non dispone di molte carte per mantenere vive le speranze di realizzare il Nabucco; infatti, anche se l’Azerbaijan decidesse di vendere le proprie riserve energetiche a prezzi competitivi, rispetto a quelli della Gazprom, fonti del mondo industriale affermano che tutto il suo gas non sarebbe comunque sufficiente a sostenere il gasdotto.
Da dove dovrebbe arrivare l’altro gas?
Una risposta possibile è l’Iraq, e una seconda è l’Iran; ma, entrambi i paesi rappresentano enormi problemi geopolitici per Washington, per poterci fare affidamento.
Il senatore Lugar, di ritorno dalla missione ad Ankara, ha detto che la risposta al problema potrebbe essere l’Iraq, il quale sarebbe in grado di fornire da solo la metà del gas necessario per il Nabucco: “Idealmente, in un mondo perfetto, il gas naturale- e probabilmente anche i rifornimenti di petrolio- arriverebbero da un Iraq pacificato, che potrebbe tranquillamente fornire questa enorme quantità di risorse. Sarebbe una cosa meravigliosa e segnerebbe un lieto fine all’attuale tragico periodo della sua storia”. “Idealmente” suona bene; ma, in pratica la questione è molto diversa, anche se gli Stati Uniti dovessero mantenere la loro estesa rete di basi militari in Iraq, in modo permanente. Il gas irakeno, per arrivare in Turchia, dovrebbe attraversare il Kurdistan, cosa che fornirebbe alla popolazione di questa regione un’eccezionale opportunità di guadagno e di pressione politica; cosa che Ankara certamente non vuole.
La seconda opzione sarebbe l’Iran, che possiede la seconda maggiore quantità di gas naturale identificato al mondo, dopo la Russia. Ahahahhahah! Peccato che questa ipotesi non si addice per nulla alle scelte geopolitiche adottate da Washington di questi tempi.
Il giornale russo Ria Novosti ha riferito che il primo ministro turco, Recep Erdogan, ha invitato sia la Russia che l’Iran ad aderire al progetto Nabucco, affermando che “vogliamo che, non appena le condizioni lo consentiranno, l’Iran aderisca al progetto, e speriamo che lo stesso possa fare la Russia”.
Dal canto suo, anche Teheran sta giocando a gatto col topo. Seyyed Reza Kasaiizadeh, direttore commerciale della Compagnia Nazionale Iraniana per l’Esportazione del Gas, ha dichiarato alla stampa, il giorno della presentazione del Nabucco, che “l’Unione Europea si rende perfettamente conto che il progetto può essere economicamente conveniente solo se l’Iran entrerà a far parte dei fornitori del gasdotto”. La sua affermazione coglie nel segno; infatti, Nabucco può rappresentare un’alternativa economicamente conveniente solo se l’Iran farà parte dei suoi fornitori, cosa che non va per niente giù a Washington.
Richard Morningstar, l’Addetto Speciale del Dipartimento di Stato USA per l’Energia Eurasiatica, ha dichiarato al Senato che l’Iran non beneficerà del Nabucco finché Teheran non collaborerà sulla questione del nucleare. Ha detto che “questo sarebbe il momento peggiore possibile per incoraggiare l’Iran a partecipare al progetto Nabucco, dal momento che non è disposto a dare nulla in cambio”; anzi, ha affermato che tale progetto deve essere utilizzato per stimolare Teheran a collaborare con la comunità internazionale.

Perché l’Armenia?

La strada “naturale”, per portare il gas iraniano in Europa, attraverso il Nabucco, passerebbe per l’Armenia, la piccola e fieramente indipendente nazione, schiacciata tra Iran, Georgia, Azerbaijan e Turchia; infatti, agli inizi del 2007, è stato inaugurato un piccolo gasdotto che collega proprio l’Iran e l’Armenia. Una seconda linea del gasdotto potrebbe, potenzialmente, consentire a Teheran di fare arrivare il suo gas, tramite la Turchia in Europa. Questo scenario spiega perché Obama abbia invitato la Turchia a iniziare discorsi riconciliatori con l’Armenia, dopo le decennali tensioni tra i due stati, causati dal genocidio armeno, durante la I Guerra Mondiale, ad opera dei Turchi. Queste trattative sono state l' argomento centrale della visita del presidente statunitense, dell’aprile scorso, al primo ministro Erdogan.
Sembra che i consiglieri di Obama stiano conducendo una strategia molto più sottile di quanto non facesse il duo Cheney-Bush; promettendo “ricompense” alla Turchia, all’Armenia, e addirittura all’Iran, Washington spera di sferrare un pesante attacco alla Russia, sul versante delle forniture energetiche all’Unione Europea. Da canto suo, Mosca, attraverso le proprie risorse di energia, cerca di stabile rapporti più soldi con la UE, per spezzare l’accerchiamento tentato da Washington, con l’installazione di missili in Polonia e in Repubblica Ceca.
Cosa particolarmente rilevante, è che Obama non ha fatto alcun riferimento a tutto ciò, durante i recenti colloqui in Russia; questo perché, nell’agenda geopolitica statunitense, il controllo sul continente eurasiatico rappresenta l’unica possibilità per mantenere in vita l’ “Impero Americano”, ormai sull’orlo del fallimento. Sembra che il motto di Washington sia: o dominazione totale o niente.

Fonte: www.globalresearch.ca
Traduzione: Manuel Zanarini