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La fine dell'era dei grattacieli

di Gabriele Tagliaventi - 02/05/2011

Fonte: magazine.quotidiano


DEMOLIZIONE DI UNA TORRE DI APPARTAMENTIA  CLICHY, FRANCIA, 2010

DEMOLIZIONE DI UNA TORRE DI APPARTAMENTIA CLICHY, FRANCIA, 2010

Rassicuriamo i patiti dei simboli fallici e gli architetti in cerca di notorietà. Sicuramente se ne costruiranno ancora.

Soprattutto nei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo e là dove la parità di diritti tra i cittadini è un concetto evanescente.

Tuttavia, l’articolo recentemente pubblicato da Bloomberg -”From Vanity to Sanity”- segna la fine dell’era dei grattacieli ad ogni costo.

Anzi, come afferma il progettista del famoso “Gherkin” di Londra, il “suppostone” subito imitato da Barcellona e che ha inaugurato la serie dei grattacieli fallici, il problema di fondo è proprio il costo.

Già, costruire un grattacielo costa il doppio di un edificio urbano, a parità di superficie.

Cioè, costruire un grattacielo di 40 piani costa il doppio che costruire un isolato urbano di 6-7 piani con la stessa superficie utile.

Lo si sapeva da tempo, ma è stata la crisi economica più dura degli ultimi 80 anni a rendere evidente questo enorme spreco di risorse.

Uno spreco cruciale per gli investitori privati che rischiano la bancarotta quando inseguono le ambizioni di altezza e predominio, uno spreco intollerabile per gli enti pubblici, le varie Regioni o Provincie che costruiscono grattacieli a spese del contibuente facendogli spendere il doppio di quello che avrebbe speso se si fosse costruito un efficiente isolato urbano compatto.

In base a queste considerazioni, la società immobiliare Commercial Estates Group Ltd ha abbandonato il progetto di costruire una torre di 63 piani a Canary Wharf, mentre HMSO ha cancellato il progetto di una torre di 32 piani nella City di Londra per sostituirla con un isolato urbano compatto di “soli” 15 piani.

Dopo aver visto imprese, banche, compagnie di assicurazione fallire a decine, gli imprenditori immobiliari stanno rivedendo in fretta i loro piani commerciali.

Perchè costruire un grattacielo se costa, a parità di superficie costruita, esattamente il doppio di un isolato urbano compatto?

In aggiunta, sostiene Mark Swetman, direttore di Hines Interests LP, la multinazionale dell’edilizia che ha costruito ovunque nel mondo, costruire un grattacielo costringe l’investitore ad affittare gli spazi al 15 – 20% in più del prezzo praticato per un isolato urbano compatto. Ed è per questo che Hines ha deciso di abbandonare l’ennesimo progetto di grattacielo a Londra per costruire, al suo posto, un isolato urbano di 8 piani di complessivi 36.000 m2.

 Esistono, inoltre, altre buone ragioni per smettere di inseguire la moda del grattacielo come segno di potere e di dominio. Un grattacielo può essere occupato dagli acquirenti solo al termine dei lavori. Non è flessibile. Un isolato urbano della stessa superficie può, invece, essere realizzato per fasi e, quindi, essere venduto, affittato, occupato per fasi.

In tempi in cui il valore del denaro diventa importante, questo è un vantaggio decisivo per gli investitori del real estate.

Poi, esistono, evidentemente criteri ecologici. Per costruire il “suppostone” di Londra sono stati impiegati 35 km di acciaio, materiale la cui produzione è famosa per le enormi capacità inquinanti. Oggi, si cerca di costruire utilizzando i principi della bio-architettura, utilizzando materiali locali che richiedono una bassa quantità di energia per la loro produzione.

Infine, esiste sempre il problema dei diritti e della democrazia.

Perchè mai solo il Signor Rossi dovrebbe poter costruire un grattacielo in una città Rossa e non, anche, il Signor Neri?

E viceversa, ovviamente.

O tutti possono costruire grattacieli, come accade a New York nelle 2 zone di Up-Town e Mid-Town, o nessuno, come accade a Washington D.C.

Non solo gli amici del sindaco…

Costruire grattacieli è diventato, oggi, decisamente politicamente scorretto, simbolo di arroganza e di prevaricazione.

E, palesemente, antieconomico.

Speriamo che i candidati alle poltrone di sindaco delle città italiane facciano tesoro di questa esperienza e adottino nuovi criteri di pianificazione urbanistica basati sull’efficienza e la parità dei diritti.