Le élite occidentali sono alla disperazione?
di Enrico Tomaselli - 10/07/2025
Fonte: Giubbe rosse
Nonostante la sicumera sbandierata da Trump e dai minus habens di Bruxelles, tutto sembra indicare che questa è l'esatta fotografia della situazione.
Gli Stati Uniti - la potenza imprescindibile per l'occidente, senza la quale l'intera architettura economico-politico-militare dello stesso si affloscia come un sacco vuoto - sono di fatto alla canna del gas. Il debito pubblico sta raggiungendo vette dalle quali rischia di precipitare nell'abisso, trascinando con sé l'intero paese. La politica daziaria adottata dall'amministrazione Trump serve probabilmente a drenare un po' di risorse in più, ma al tempo stesso favorisce una crescita dell'inflazione interna, che andrà a colpire proprio la base MAGA (già non più particolarmente entusiasta). La decisione di applicare dazi aggiuntivi su tutti i paesi BRICS+ o che commerciano con loro, accusandoli di perseguire una politica "anti-americana", dimostra ancora una volta che gli USA sono preoccupati. Negli states, del resto, ormai non c'è praticamente più alcuna produzione industriale, a parte quella militare. Il fabbisogno interno è soddisfatto totalmente dall'import.
Anche l'intera architettura giuridica - il diritto internazionale e tutti gli organismi incaricati di amministrarlo nelle varie forme - pur essendo stati modellati sugli interessi occidentali, ed allo scopo di garantirli, si sono rivelati inadeguati a svolgere tale ruolo nel contesto di equilibri profondamente mutati, e quindi vengono non solo abbandonati ma contraddetti e sbugiardati, seppellendoli di fatto.
L'occidente praticamente propone un mondo senza regole, dove quindi vale la legge della giungla, ed a prevalere è il più forte.
Ma, paradossalmente, anche la tradizionale supremazia militare occidentale non è ormai che un pallido ricordo. La verità, nuda e cruda, è che ormai non è più in grado di esercitarla contro nessuno, se non forse micro-stati del livello di Panama. Nessuno stato occidentale, né tutti messi insieme, si trova nelle condizioni di affrontare un conflitto cinetico, quale gli attuali scenari disegnano. Non c'è più supremazia tecnologica, non c'è più adeguata capacità industriale, la stessa capacità di approvvigionamento per la filiera bellica è in dubbio, per tacere poi della capacità di tenuta sociale dinanzi alla prospettiva di una guerra di logoramento.
Insomma, il re è nudo.
Eppure quello a cui assistiamo è lo spettacolo delle leadership occidentali che sembrano non avere alcuna idea sul come affrontare la situazione, se non abbarbicarsi ostinatamente allo stato di cose passato, illudendosi di poter fermare ed invertire il processo di declino semplicemente accentuando gli atteggiamenti, le posture più aggressive e sgradevoli che hanno caratterizzato l'era della - ormai ex - egemonia. Non solo non c'è traccia di un qualche disegno strategico razionale, ma è impossibile persino riconoscere un qualsiasi coordinamento: il meccanismo appare sul punto di esplodere, con il moltiplicarsi di forze centrifughe che ne scuotono le strutture.
A tenere ancora insieme i pezzi sembra essere soprattutto la paura, per un verso, e l'autoinganno alimentato da una narrazione ormai praticamente fantasy, per un altro.
Ma la domanda cruciale, ovviamente, è: quale potrebbe essere lo sbocco di questa situazione, a cosa condurrà? Stante l'assoluta mancanza di un progetto razionale per la gestione complessiva di questa crisi esiziale, di cui l'ormai grottesca altalenanza della politica trumpiana rappresenta l'apice, risulta davvero complicato immaginare una via d'uscita ragionevole, che tenga veramente conto dei mutati rapporti di forza. Il rischio è che l'incapacità di accettare il declino (premessa ineludibile per mettere in atto politiche capaci di attuare una riduzione del danno) non faccia che accelerarlo, o comunque di alimentare la percezione di una sua accelerazione, e quindi spinga le élite occidentali verso mosse disperate.