Ma a quale titolo Mattarella prende impegni con l’Ucraina?
di Savino Balzano - 11/07/2025
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Che esista una drammatica debolezza nella nostra classe politica è davvero innegabile. Tuttavia, c’è qualcuno che ne approfitta: e quel qualcuno risiede al Quirinale. La premessa è necessaria, dal momento che l’interventismo di Sergio Mattarella – e di Giorgio Napolitano prima di lui – viene spesso descritto come un atto di generosità: la famosa “fisarmonica” che suona in supplenza della politica. L’unica istituzione che davvero funziona, dicono alcuni. Ripeto: nessuno mette in discussione la patetica inconsistenza della politica, priva anche di spessore culturale. Tuttavia, ciò non giustifica un presidenzialismo di fatto.
Non è il caso di ripercorrere nel dettaglio le vicende ormai note che hanno caratterizzato l’azione del Colle negli ultimi quindici anni. Basterebbe ricordare il “golpe gentile” che soppiantò Berlusconi per portare Mario Monti a Palazzo Chigi. Oppure tornare con la memoria alle giornate concitate del 2018, con i tentativi di Mattarella di sbarrare la strada al governo Conte 1, ponendo veti su Paolo Savona al Tesoro o presentando l’ennesimo “migliore” dell’austerità, Carlo Cottarelli. Draghi, Monti, Fornero, Cottarelli: che siano i migliori è fuor di dubbio. Resta da capire in cosa lo siano – e, soprattutto, per chi.
Il Presidente della Repubblica ha da tempo abbandonato il solco della Costituzione: lo ha fatto sia sul piano del metodo, sia – ancor più gravemente – su quello del merito. Il metodo è piuttosto evidente: al di là del risultato elettorale, il Capo dello Stato tende a intervenire a gamba tesa affinché l’esecutivo rassicuri i mercati, l’Unione Europea e le sue élite, il Patto atlantico. In sostanza, il Presidente interviene affinché l’Italia sia meno sovrana possibile: affinché il vincolo interno – la Costituzione e il mandato popolare – sia meno cogente di quello esterno. E per realizzare questo obiettivo, scavalca i limiti imposti dalla Costituzione: pone veti su certi nomi – le cui idee possano apparire in contrasto con il dettato sovranazionale –; ne propone altri alla guida dell’esecutivo che nulla hanno a che fare con la volontà popolare; impedisce il voto anche in situazioni di crisi politica acuta.
Il merito riguarda invece ciò che gli italiani hanno vissuto – e continuano a vivere – sulla propria pelle: l’austerità imposta per anni, con la strategia del contenimento della domanda interna e della compressione salariale in nome della competitività nel mercato unico. La demolizione dello Stato sociale. Tutto ciò che oggi patiamo è il frutto amaro di quelle politiche che il Quirinale ha avallato o imposto perché “ce lo chiedeva l’Europa”. Politiche in netto contrasto con l’universalità dei diritti sociali prescritta dalla Costituzione.
Qualcosa di simile accade oggi anche in politica estera: ancora ieri, Mattarella ha promesso a Zelensky il pieno supporto dell’Italia nel conflitto militare contro la Russia. A che titolo il Presidente impegna il Paese in un simile scenario? Forte di quale potere riconosciutogli dalla Costituzione? E soprattutto: sulla base di quale mandato popolare? Cosa pensa il Colle di quanto sancito dall’articolo 11 della Carta, che impone il rifiuto della guerra come strumento per la risoluzione delle controversie internazionali? Al netto di come evolveranno certe dinamiche – con l’auspicio, ovviamente, che questo folle conflitto per procura tra Stati Uniti e Russia possa giungere presto alla fine – è quanto mai urgente avviare un confronto pubblico sui principali assetti istituzionali della Repubblica. È inaccettabile che su certi temi non si possa parlare o scrivere senza suscitare scandalo. Se vogliamo essere davvero una democrazia matura, dobbiamo dimostrarlo anche così: mettendo tutto in discussione, a partire dalla laica sacralità del Capo dello Stato.