Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La strage di Oslo. Nei romanzi gialli l'innocenza perduta

La strage di Oslo. Nei romanzi gialli l'innocenza perduta

di Aldo Garzia - 25/07/2011




Con ciò che è accaduto a Oslo e nell'isola di Utoya la cronaca degli attentati sembra essere passata dalle pagine di carta della letteratura scandinava alla vita reale. Le nostre librerie sono sommerse di gialli del nord Europa. Il fenomeno è esploso in modo inatteso negli ultimi dieci anni. Chi frequenta i paesi scandinavi e la Finlandia sa bene che cronaca nera e criminalità politica sono generi poco diffusi sulle cronache dei quotidiani di quelle realtà. La vita lì scorre tranquilla. Soprattutto d'inverno, quando le temperature sono polari e la luce del giorno scompare nel primissimo pomeriggio. Quindi, la prima reazione di un lettore qualsiasi che si avvicina per la prima volta al genere «giallo del nord» è di sconcerto: possibile che quelle società siano così ricche di intrighi, spy story e scorribande di mafie dell'est da produrre un immaginario criminale da primi posti in classifica nelle vendite di romanzi in mezzo mondo?

Un film cult in Svezia è stato qualche anno fa «Kops» (2003), firmato dal regista Josef Fares. La trama faceva ridere a crepapelle le platee nordiche. In uno sperduto paesino di campagna la vita scorreva tranquilla fino a quando a Stoccolma viene presa la decisione di chiudere l'ufficio di polizia locale per assenza di crimini da combattere. I poliziotti del distretto, per evitare la chiusura, iniziano a simulare una serie di episodi di delinquenza comune per dimostrare alla funzionaria giunta da Stoccolma che la loro stazione di polizia non va chiusa.

Prima del boom delle vendite dei libri di Henning Mankell a Stoccolma e all'estero, il genere giallo della letteratura svedese aveva avuto come precursori la coppia Maj Sjöwall e Per Wahlöö (riediti recentemente in Italia da Sellerio). The Martin Beck Award è un premio letterario inaugurato nel 1971 dall'Accademia svedese degli scrittori di gialli (Svenska Deckarakademin) che deve il suo nome proprio a Martin Beck, il commissario protagonista dei romanzi di Maj Sjöwall e Per Wahlöö. Bisogna perciò sfatare l'idea che il boom sia da collegare alla trilogia Millennium di Stieg Larsson, letta da milioni di persone in tutto il pianeta. Nella tradizione svedese si può tornare addirittura più indietro, agli anni Cinquanta e Sessanta, con i racconti gialli di Maria Lang (1914-1991), ribattezzata per la sua prolificità «la Agatha Christie di Svezia».

Il problema nuovo è che dal 1989 in poi le società nordiche sono molto cambiate. Con la caduta del muro di Berlino è andato progressivamente in crisi anche il welfare più invidiato del mondo, oltre alla collocazione di frontiera delle società nordiche abituate a praticare la «ostpolitik» (il dialogo est-ovest). Il nord Europa è invaso dall'emigrazione: su 9 nove milioni di svedesi oltre un milione sono «extracomunitari». Oltre il 10% di immigrati, percentuale simile in Norvegia e Danimarca. La piccola e grande criminalità ha invaso queste società, in particolare la mafia russa, che ha trovato la via sgombra per riciclare denaro e fare di Svezia e Finlandia luoghi d'appoggio per le centrali del malaffare che operano nel resto d'Europa.

Proprio Mankell, l'inventore dell'ispettore Wallander e delle sue storie, ha spiegato più volte che con l'assassinio del premier socialdemocratico Olof Palme nel 1986 e la caduta della cosiddetta «cortina di ferro» nel 1989, la Svezia si è trasformata in territorio di traffici illeciti di tutti i tipi che possono contare anche sull'impreparazione della polizia e dei servizi segreti locali a farvi fronte. Gli svedesi non erano tradizionalmente abituati a misteri, intrighi e omicidi. I fortunati racconti di Stieg Larsson (e di Mankell) ci hanno descritto cosa c'è sotto la cenere di Svezia. Proprio Larsson, inoltre, nella sua primaria attività di giornalista, si era impegnato in inchieste sui gruppi neonazisti presenti nei paesi del nord Europa e abbastanza operosi, altro fenomeno restato perlopiù sconosciuto e che ora conquista le prime pagine per via dell'efferato eccidio di Oslo e di Utoya. E se si legge «Morte apparente», del quarantenne norvegese Thomas Enger (Iperborea, 2011), si scoprirà un altro autore di talento capace di rivelarci un'inedita Oslo.
Con il linguaggio della letteratura, Larsson e Mankell sono forse i primi scrittori ad avvertire gli scandinavi che la loro «innocenza» sta venendo meno. Crollano di conseguenza le antiche certezze socialdemocratiche che hanno avuto proprio in Scandinavia il luogo al mondo dalle più avanzate realizzazioni sociali ed economiche. Politiche di piena occupazione, alta qualità dei servizi e di redistribuzione del reddito sono possibili solo in società dal forte vincolo nazionale che la globalizzazione invece ha messo a dura prova. Non è quindi una casualità che a Stoccolma e a Copenaghen governino da due legislature i conservatori, dopo decenni di ininterrotti governi socialdemocratici. E che i moderati abbiano conquistato il governo di Helsinki. Fa eccezione proprio la Norvegia colpita dalla strage dell'altro ieri. Quando si chiede a un dirigente socialdemocratico norvegese, il perché di questa resistenza isolata, di solito quest'ultimo allarga le braccia e spiega che forse dipende dalla scoperta del petrolio che ha aggiunto ricchezza a ricchezza per una popolazione che non supera i 5 milioni o forse dalla bontà di una certa tradizione culturale. Insomma, nemmeno i socialdemocratici norvegesi - così duramente colpiti dall'uccisione di decine di loro giovani militanti nell'isola di Utoya - sanno darsi una spiegazione della loro longevità politica. Chissà che non siano l'eccezione di tutt'altra tendenza, almeno in questa fase storica.

Per tornare alla metafora del commissario Wallander, le sue inchieste sono di solito ambientate a Ystad, piccola località nei pressi di Malmö, città di frontiera con la Danimarca, quasi a dimostrare che il malaffare non alberga solo nella metropoli Stoccolma. Per Wallander (e Mankell), le indagini poliziesche scoperchiano la pentola sulla realtà sociale svedese e scandinava ormai del tutto differente da quella bonariamente progressista degli anni Sessanta e Settanta. Non va dimenticato inoltre che Mankell inizia a scrivere i racconti che hanno per protagonista il commissario Wallander proprio nel 1990, data che gli scandinavi assumono di solito per segnalare la globalizzazione che non li ha risparmiati.

Sul sito della casa editrice Iperborea, specializzata in letteratura del nord Europa, diretta da Emilia Lodigiani, è comparso tempo fa un testo che così spiegava il boom della giallistica di Stoccolma, Oslo e Copenaghen: «Quasi il 60% dei libri che vengono pubblicati nei Paesi scandinavi negli ultimi anni sono gialli... Iperborea è convinta che non si tratti solo di una moda editoriale per una specifica letteratura di genere ma dell'evidenza di una nuova tendenza culturale: l'affermarsi di una maniera quanto mai attuale non solo per raccontare la realtà, ma anche per esprimere un senso di malessere più generalizzato. Forse per trovare il colpevole di un momento storico complesso (come non pensare alla crisi finanziaria, alle problematiche d'integrazione, alle discussioni aperte su parità, welfare e Stato sociale)».
Opinione condivisa da Alessandro Bassini, studioso di letteratura scandinava, traduttore che vive a Stoccolma: «Gli studi secondo cui l'attuale produzione di polizieschi sia legata a un mutamento della società svedese sono i più numerosi. La gravissima crisi economica di inizio anni Novanta ha risvegliato bruscamente la Svezia dal suo sogno socialdemocratico. Qui il successo del giallo è persino maggiore che in Italia. C'è indubbiamente il pericolo che la letteratura svedese si appiattisca su questo genere letterario».

I racconti noir, insomma, rischiano di essere stati preveggenti: l'altro ieri la strage ad Oslo e nell'isola di Utoya, un anno fa l'attentato (forse di matrice fondamentalista islamica) nel centro di Stoccolma, le dure polemiche in Danimarca per alcune vignette che deridevano Maometto, l'uccisione del regista Theo van Gogh sempre in Danimarca reo di criticare il mondo musulmano. Il nord Europa assomiglia sempre di più all'Europa del sud.