Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Che fine ha fatto Frederick Valentich, scomparso nei cieli della Tasmania?

Che fine ha fatto Frederick Valentich, scomparso nei cieli della Tasmania?

di Francesco Lamendola - 11/09/2011







L’Australia meridionale e la Nuova Zelanda, negli ultimi mesi del 1978, furono teatro di una notevole serie di avvistamenti, particolarmente numerosi e più che mai anomali, dei cosiddetti Oggetti Volanti Non Identificati.
Uno di essi ebbe un esito tragico, perché coincise con la scomparsa del testimone, un giovane pilota australiano di vent’anni, Frederick Valentich, di origini italiane, in quanto suo padre, Guido, era originario della Venezia Giulia.
Il fatto ebbe luogo nella notte del 21 ottobre 1978 sullo Stretto di Bass, il burrascoso braccio di mare che separa il continente australiano dall’isola della Tasmania, ove le acque dell’Oceano Pacifico si confondono quelle dell’Oceano Indiano.
Era decollato dall’aeroporto di Moorabbin di Victoria, con visibilità buona e venti leggeri; ma appena 50 minuti dopo, mentre si dirigeva verso l’isola King, doveva essere accaduto qualche fatto imprevedibile.
Prima di scomparire nel nulla con il suo aereo, un Cessna 182, Valentich aveva visto qualcosa; qualcosa che aveva tentato di descrivere alla torre di controllo di Melbourne, parlando con l’operatore Steve Robey.
Più precisamente, aveva chiesto conferma della presenza di un grande oggetto volante con quattro luci brillanti che si librava alto sopra di lui e che sembrava quasi voler “giocare” con il suo aereo; ma gli era stato risposto che, nella zona, dai piani di volo come pure dallo schermo radar, non risultava la presenza di alcun velivolo estraneo.

«Si sta avvicinando da est… Sembra che stia giocando a qualche sorta di gioco. Vola a una velocità che non posso valutare… Mi sta sorpassando. Ha una sagoma lunga… sta tornando verso di me, ora… Ha una luce verde e una specie di luce metallica all’esterno.
La cosa sta girando sopra la mia testa… Sto procedendo per King. Che strano oggetto si sta librando sopra di me; è in bilico sopra di me e non è un aeromobile» («The Encyclopedia of Ufos», Ed. Ronald D. Story; «Flying Saucer Review», marzo 1979).

Queste furono le ultime parole pronunciate da Frederick Valentich, il quale, subito dopo aver segnalato che il misterioso oggetto luminoso si era posizionato al di sopra del proprio aereo, chiuse la trasmissione.
Nonostante la giovane età, egli era un pilota abbastanza esperto (aveva sulle spalle 150 ore di volo) e sicuramente capace di distinguere un normale aereo, civile o militare che fosse, da un oggetto di volante di diversa natura; e, a maggior ragione, da un semplice fenomeno atmosferico.
Alla base di terra si udì un forte rumore metallico che durò per una ventina di secondi, dopo di che la comunicazione cadde definitivamente.
E quella fu l’ultima volta che un essere umano udì la voce di Valentich e l’ultimo giorno in cui egli e il suo aereo furono visti: infatti, scomparvero entrambi nel nulla, letteralmente; e nessun relitto, nessuna chiazza di carburante, nessun indizio di alcun genere, vennero mai più ritrovati nelle acque dello Stretto di Bass, o altrove.
Che fine ha fatto il pilota italo-australiano, in quel giorno di fine ottobre di trentadue anni fa; che ne è stato di lui e del suo Cessna?
Come è possibile che siamo spariti senza lasciare dietro di sé la benché minima traccia, nonostante le ricerche effettuate con mezzi assai moderni ed efficienti?
Prima di pensare ad una sparizione sul tipo di quelle che si registrano nel Triangolo delle Bermuda, ed anche in numerosi altri “triangoli” esistenti nei diversi mari del globo, primo fra tutti il cosiddetto Mare del Diavolo al largo delle coste orientali giapponesi, sarebbe forse opportuno riflettere alle ultime parole trasmesse via radio da Valentich ed, eventualmente, porle in relazione con altri episodi della fenomenologia ufologica.
È noto, ad esempio, che alcuni “rapiti” dagli alieni sostengono di esser stati prelevati per mezzo di una sorta di raggio luminoso proveniente da una astronave, in certi casi perfino con la propria automobile, dopo che il motore di essa si era spento, insieme ai fari, e si erano così ritrovati immobilizzati sulla strada o sull’autostrada che stavano percorrendo.
Altri sostengono di essere stati prelevati direttamente da casa propria, in molti casi mentre giacevano a letto, e di essere stati trasportati a bordo di una astronave aliena; e ciò, in taluni casi, mentre avevano notato all’esterno, attraverso la finestra, delle strane luci compiere evoluzioni nell’aria, intorno all’edificio.
È altrettanto noto che numerosi indizi fanno pensare che alcuni capi di bestiame, vittime di misteriose mutilazioni nelle vaste fattorie del Nord America, siano stati trascinati in alto da una forza di natura sconosciuta e poi lasciati cadere a terra; lo attesterebbero, fra le altre cose, la mancanza di impronte intorno alle carcasse e, in qualche caso, perfino la testimonianza di esseri umani i quali, stando a una certa distanza, avrebbero assistito al fatto, per quanto incredibile possa apparire.
Abbiamo però il diritto di escludere pregiudizialmente la veridicità di un fatto, solo perché esso sembra contrastare con ciò che sappiamo, o che crediamo di sapere, intorno a ciò che è possibile o che invece è impossibile?
In ogni caso, come abbiamo già detto, la drammatica scomparsa dell’aereo di Valentich non deve essere considerata come un episodio isolato, ma, al contrario, rientra in una ricca serie di avvistamenti di Oggetti Volanti Non Identificati che ebbero luogo, sullo scorcio del 1978, fra l’Australia, la Tasmania e la Nuova Zelanda, specialmente negli ultimi giorni del mese di dicembre (che, nell’emisfero meridionale, corrisponde a giugno in quello settentrionale, ossia ad un periodo dell’anno caratterizzato da cieli generalmente limpidi).
Un po’ di luce, forse, potrebbe venire se si ponesse la scomparsa di Valentich in relazione con l’avvistamento di uno strano oggetto luminoso, che ebbe luogo circa due mesi dopo, al largo della Nuova Zelanda; oggetto che fu attentamente osservato da almeno cinque testimoni le cui capacità di discernimento non dovrebbero essere poste in dubbio, trattandosi di tre operatori televisivi e di due piloti d’aereo.
Così scrive Marcello Truzzi, già professore di Sociologia alla Eastern Michigan University, nell’opera «Into the Unknown», (The Reader’s Digest Association, 1981; traduzione italiana «Viaggi nel mistero», a cura di Alberto Cesare Ambesi, Milano, Selezione dal Reader’s Digest, 1984, pp. 305-06):

«Nei giorni che seguirono immediatamente la scomparsa di Valentich, nel cielo australiano e in quello della vicina Nuova Zelanda vi furono molti avvistamenti di misteriosi oggetti luminosi. Per quanto nessuno di tali avvistamenti giungesse a una conclusione tragica come quello dello strano incontro e della scomparsa del giovane pilota, uno di essi ebbe tuttavia un impatto sconcertante. Iniziò nelle prime ore del 31 dicembre 1978. A est dell’Isola del Sud, in Nuova Zelanda, una troupe televisiva di tre uomini stava ripercorrendo in volo la rotta da Wellington a Christchurch lungo la quale, dieci giorni prima, gli equipaggi di due aerei avevano avvistato delle luci non identificate molto brillanti.
Appena dopo mezzanotte, la troupe avvistò strane luci in movimento.
Nelle due ore successive, l’equipaggio e gli operatori a bordo continuarono a vedere sparire e riapparire, in un curioso gioco a nascondino, le misteriose luci. Mentre l’aereo passava a sud di Christchurch, un testimone registrò su nastro questa descrizione: “luci brillanti e pulsanti… che appaiono e scompaiono. Nello stesso momento, furono individuate sul radar di Wellington delle immagini radar inspiegabili. Una di queste immagini sembrava seguire l’aereo mentre i testimoni a bordo osservavano una luce accecante apparire per qualche minuto. Durante il volo di ritorno, una luce si avvicinò a meno di 10 miglia nautiche dall’aereo. Questa luce, a quanto disse uno degli operatori televisivi, “aveva la base fortemente illuminata e una specie di sfera trasparente nella parte superiore”.
Qualunque fosse la natura dell’oggetto, esso fu sottoposto a un’osservazione notevolmente approfondita sia da parte dei testimoni sia da parte delle apparecchiature elettroniche, perché non soltanto fu visto dagli operatori televisivi e ai due iloti dell’aereo ma fu anche rilevato a radar di bordo dell’apparecchio. Inoltre l’elusiva immagine del’oggetto fu documentata con una pellicola a colori.
In tutto, la troupe televisiva riprese ben 23.000 fotogrammi su pellicole da 16 mm. In seguito, i fotogrammi furono consegnati al fisico ottico della Marina degli Stati Uniti, Bruce Maccabee, perché le analizzasse con un computer. Il film rivelò una breve, ma altamente interessante, serie di immagini di misteriosi oggetti volanti. Una sequenza mostrava una sagoma a forma di campana che brillava nella parte inferiore, così come era stata descritta dal cameraman. Un fotogramma di tale sequenza mostrava ciò che avrebbe potuto essere la traccia dell’oggetto mentre eseguiva il classico “cerchio della morte” e dimostrava una grandissima velocità dell’oggetto stesso rispetto a quella di ripresa della telecamera. Un’altra sequenza mostrava un oggetto che oscillava, a frequenza costante, da una vasta forma circolar coloro giallo brillante a una forma triangolare, più cupa, di color giallo rosso.
Dall’analisi dei film, Maccabee valutò che uno degli oggetti, se effettivamente si trovava a 10 miglia nautiche di distanza dall’aereo come risultava dalle rilevazioni del radar di bordo, doveva aver un diametro tra i 20 e i 30 metri. Secondo il suo rapporto, l’oggetto emetteva una luce estremamente potente, equivalente a quella che avrebbe emesso una enorme lampada da 100.000 watt. Inoltre, fece un’altra scoperta sorprendente, partendo dal presupposto che i movimenti della telecamera o altri fenomeni valessero zero: uno degli UFO, mentre stava eseguendo il “cerchio della morte”, avrebbe avuto una velocità di 5.000 chilometri orari.
Quando Maccabee ebbe terminato il suo studio, il film e l’altra documentazione annessa furono sottoposti al giudizio di un vasto gruppo di scienziati americani esperti in ottica, biofisica, radar, fisiologia ottica e astronomia. Tutti furono unanimi nel dichiarare di non essere in gradi di spiegare nessuno degli strani eventi che si erano verificati nel corso di quell’avvistamento nel cielo della Nuova Zelanda. Secondo loro, contrariamente ai pareri espressi pubblicamente da altri ricercatori, le luci non identificate non erano né Venere né altri pianeti. Non erano neppure stelle, meteore, palloni d’alta quota, aerei fuori rotta, satelliti, illusioni atmosferiche o luci riflesse e non si trattava di una montatura. Secondo loro, erano veri e propri (“Unidentified Flying Objects”), cioè oggetti volanti on identificati.
Questo avvistamento fu il primo in cui furono fatte registrazioni dal vivo mentre si osservava un UFO che contemporaneamente veniva filmato e tracciato su radar. Maccabee, a questo proposito, affermò: “Se non si è trattato di un UFO, allora è stata una serie di coincidenze straordinariamente fortuite”.»

Il caso di Frederick Valentich rimane notevole perché, oltre alla scomparsa totale del suo aereo (come avvenne per i cinque cacciabombardieri Avenger partiti da Fort Lauderdale il 5 dicembre 1945 e per il gigantesco idrovolante Martin Mariner inviato alla loro ricerca), la comunicazione radio con la base a terra indica chiaramente che tale scomparsa fu preceduta e accompagnata dalla presenza di un Oggetto Volante Non Identificato.
Sarebbe veramente chiedere troppo anche allo scettico più incallito se si supponesse una causa naturale di quella scomparsa, come un guasto al motore, visto che il pilota non ne fece alcun cenno; e considerare come puramente accidentale il contemporaneo avvistamento dell’Oggetto Volante Non Identificato.
Ma c’è di più: quell’oggetto evoluiva in maniera intelligente, accompagnando e sovrastando il Cessna 182 e giocando con esso come fa il gatto col topo, grazie ad una velocità di manovra inconcepibile per un velivolo di origine terrestre.
La sensazione che dovette provare Valentich, come già altri piloti che si trovarono in situazioni analoghe, dovette essere quella di una scoraggiante impotenza, come quando ci si trova alla prese con qualcosa che è incommensurabilmente più forte di qualunque mezzo umano, per quanto tecnologicamente sofisticato.
Qualcosa di alieno, appunto.
Valentich è stato rapito da un UFO, come sostenne suo padre Guido, dopo che le ricerche del figlio erano state abbandonate da parte delle autorità australiane?
Probabilmente non lo sapremo mai.
Alcuni indizi, però, lo fanno pensare, o, quanto meno, tendono a suggerirlo; e, sebbene la cosa possa apparire sconcertante ed esponga al rischio del ridicolo chi si azzardi anche solo ad ipotizzarla, una simile congettura è pur sempre meglio di niente, in assenza di altre spiegazioni plausibili.
E questo per una ragione molto semplice, che si potrebbe riassumere con un celebre aforisma di Sir Arthur Conan Doyle: «Dopo aver eliminato l’impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità».
Ora, che una tecnologia aliena possa essere molto più sviluppata di quella terrestre, non è per nulla da considerarsi impossibile; né deve essere considerato impossibile il fatto che il nostro pianeta ed i suoi abitanti siano oggetto di attenzioni da parte di creature provenienti da altri mondi o da altre dimensioni.
Numerosi indizi, al contrario, fanno pensare che ciò avvenga da moltissimo tempo, fin da quando esistono testimonianze umane (si pensi alle cronache di Giulio Ossequiente); mentre testimonianze fossili, come oggetti tecnologici imprigionati in antichissime rocce, suggeriscono che tale presenza risalga addirittura a molto prima che l’uomo apparisse sulla Terra…