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L’ultima trovata dell’ego ribelle: il “femminicidio”

di Enrico Galoppini - 05/01/2013

Fonte: europeanphoenix



Chi ci legge da un po’ di tempo, sa che in vari articoli abbiamo denunciato, sotto svariati aspetti, il vero e proprio baratro in cui sta finendo l’umanità una volta avviatasi, con totale incoscienza unita ad un certo compiacimento, lungo il vicolo cieco della “modernità”.

Tutto ha un preciso inizio: nella pretesa dell’ego, dell’“io” illusorio, di ergersi a “principio”. Una volta compiuto questo fondamentale “peccato”, che per quanto ci riguarda coincide con l’“errore” e non con qualcosa di moralistico (sebbene la morale abbia una sua indubbia relativa importanza), tutto il resto ne discende come un’inesorabile conseguenza. Questo passaggio – questa rottura dell’unità “principiale” - può essere individuato sia a livello “di civiltà”, ma anche a livello individuale, perché se da un lato l’umanità, nel suo complesso, non è sempre stata “la stessa” avendo invece espresso “forme” qualitativamente superiori a quelle odierne (checché ne pensino i faciloni d’oggigiorno in cerca di autogiustificazioni), dall’altro, ogni essere umano, in ogni epoca, è sempre stato a rischio di abdicare dal suo imprescindibile compito, che è quello di “fare ritorno a casa”, di ripristinare appunto l’unità perduta, grazie ad una costante “vigilanza”, tenendo a bada le insidie del suo “satana interiore”.

Il “diavolo”, infatti, non è quel signore con le corna e le zampe da animale, che tiene in mano il forcone, ma una forza che è dentro di noi, che ci “sussurra” continuamente quello che dobbiamo o non dobbiamo fare per fallire completamente l’obiettivo per il quale siamo su questa terra.

Ce n’è per tutti i gusti, e ciascuno è sottoposto ad attacchi commisurati al proprio livello di realizzazione spirituale (oggi va di moda dire “consapevolezza”, ma non è esattamente la stessa cosa, prestandosi a vari equivoci). Ma in un modo o nell’altro il diavolo va sempre a stuzzicare l’ego, quella tendenza insita in ognuno di noi a far prevalere la divisione e le forze centrifughe.

Queste forze operano dentro ogni essere umano e, di riflesso, nella misura in cui circolano esseri con un livello di “consapevolezza” molto basso, nella società. Se le persone vanno dietro al loro ego, cercando di soddisfarlo di continuo, la società ne risentirà negativamente, finendo per essere invivibile, tanto che anche individui gravemente “irrisolti” la percepiranno talvolta, al fondo del loro essere, come insopportabile e tirannica, anche se proseguiranno a farsela andare bene raccontandosi un sacco di frottole per non darsi finalmente una mossa.

Il problema è dunque quello della tirannia, dell’oppressione che ciascuno esercita primariamente verso se stesso, e poi verso gli altri, a tutti i livelli. O della “ribellione” all’Ordine divino, vista sotto un altro aspetto.

Tutta questa premessa, che avrebbe bisogno di ulteriori chiarimenti, serve per capire dove collocare tutte le “rivendicazioni” del mondo moderno, specialmente quelle “di genere”, che sono parecchio in auge. Ma non sono da escludere anche le altre, comprese quelle “sociali”, se le si vuol considerare settorialmente, come un qualcosa di separato da un tutto, a cui porre rimedio lasciando che tutto il resto continui ad andare per i fatti suoi: tipica è la “rivendicazione salariale” inalberata dai sindacati, che un po’ per malafede e un po’ per stupidità, non hanno mai raccontato ai loro “rappresentati” che la loro felicità non sta in un aumento di stipendio, specialmente se esso verrà immediatamente vanificato a causa di altri fattori a monte, ai quali essi non accennano neppure per sbaglio.

Intendiamoci, con questo non s’intende affermare che determinate “rivendicazioni” non muovano dalla constatazione d’una patente ingiustizia, ma il problema è che tutte, senza eccezione, non tengono conto d’un fattore essenziale senza il quale sono destinate, quand’anche vengono soddisfatte, ad essere inevase di fatto, subito tallonate da nuove richieste e proteste, a dimostrazione che “il punto” non era quello di partenza…

Il problema è che tutte, e sottolineo tutte, le “rivendicazioni” moderne muovono dall’ego, che non volendo riconoscere altro signore che se stesso tiranneggia praticamente tutti gli esseri umani, eccezion fatta per i santi, che per definizione hanno sconfitto il loro “satana interiore”.

Inutile che ce la stiamo a raccontare. Chi più chi meno, nessuno sta “al suo posto”, ma, anzi, sgomita, prevarica, cerca di fregare il prossimo, familiari ed amici compresi, con i metodi i più sottili e meschini, e ci vuole davvero un grande sforzo per ricordarsi costantemente di fare due passi indietro prima di farne uno avanti. Gli altri ci ricordano infatti che non siamo il centro del mondo, ma siccome il 99,99% del genere umano se ne dimentica, ecco la situazione di confusione e di disordine sociale in cui versa l’umanità contemporanea.

L’uomo, per “superare se stesso”, deve sforzarsi costantemente, e come si abbassa la guardia ecco che quel tiranno posto dentro di noi – e che in un certo senso dovremmo ‘ringraziare’ perché ci sprona a migliorarci - ci fa uscire dai limiti che sono stati stabiliti per ciascuno, in ragione della sua “consapevolezza”, o meglio, del suo grado di realizzazione spirituale.

Questa ovviamente sarebbe la situazione ottimale, quella cioè in cui la gerarchia tenesse in conto unicamente i fattori spirituali, ché ogni altra gerarchia è più o meno un compromesso. Ma non vuol dire che un compromesso contenga solo un errore, perché se lo si vede da un altro punto di vista esso è senz’altro un modo, provvidenziale, per tenere la situazione ancora in carreggiata. Da qui, l’istituzione delle caste nell’Induismo, e gli ordinamenti ad esse similari in vigore nel mondo tradizionale, dappertutto, prima che prorompessero le forze del numero e della materia sotto i vessilli della “libertà”, dell’ “uguaglianza” e della “democrazia”.

In un ordinamento tradizionale ognuno sta al proprio posto, e questo è indubitabilmente un bene. Sento già fischiare le ingiurie di quelli che, parati dietro gli slogan del “progresso sociale”, mi accuseranno d’esser retrivo, immorale e, ovviamente, fascista, ma se solo si calmassero un attimo e considerassero se davvero tutta questa “libertà” ha reso gli uomini più felici e, in particolare, se ad essa corrisponde effettivamente una “liberazione” da quel “satana interiore” cui accennavo, forse riconsidererebbero l’opportunità dei loro strali.

Ma oggidì anche il senso delle parole è completamente stravolto, segno preoccupante d’un disordine e d’un livello di contraffazione mai visti prima, così la “liberazione”, da supremo obiettivo d’ogni ascesi rettamente orientata e sostenuta dalla Grazia, è diventata solo una vuota parola d’ordine per camuffare malamente le pretese egoistiche di tutti coloro che, per non fare i conti con la loro natura profonda, s’inventano una “categoria” e vi s’identificano ad un punto tale dal mettersi in guerra permanente con tutti coloro che non ne fanno parte o che loro stessi reputano essere i loro acerrimi nemici.

Di nuovo, è facile notare come tutto ciò vada in senso contrario all’“unità”, alla concordia, ma non ci si può fare nulla, poiché questi sono gli scherzi dell’ego, sia al livello individuale che collettivo.


In questo quadro davvero disperato, nel senso che si sta per perdere la speranza di poter rimediare al caos con un qualche provvedimento parziale e selettivo, s’inscrivono senz’altro le “rivendicazioni” delle “donne”. Il secondo virgolettato è presto detto: queste “donne” organizzate, checché si elevino al rango di “rappresentanti di tutte le donne” sono in realtà una delle tante “categorie” in cui l’umanità, dura d’orecchi ai moniti che continuamente vengono inviati affinché si ravveda, si compiace di dividersi una volta che, anziché centrarsi ed adorare solo il Principio da cui tutto discende si mette ad adorare se stessa, sia collettivamente che individualmente.

L’ultima trovata dal cilindro della sovversione in salsa rosa è il cosiddetto “femminicidio”. L’obiettivo, oltre a quello di puntare i riflettori sempre su qualche falso problema o una questione male impostata, è quello di giungere ad una legge che punisca, con un aggravio di pena, l’assassinio di una donna per cause come violenza sessuale, delitti passionali, liti familiari eccetera.

Di nuovo, una precisazione, prima di essere linciato dalle “donne”. Tutti questi fatti di sangue di cui si sente parlare dai media (che non parlano però mai di altri…), sono senza alcun dubbio dei crimini odiosi, che vanno sanzionati in base alle leggi vigenti, almeno fintantoché l’uomo vorrà darsi delle leggi inventate da se stesso, cioè suggerite dal suo “satana interiore” (per questo, non a  caso, le rimette in discussione di continuo). Quindi, nessuna giustificazione o attenuante per chi si fa accecare dalla “passione” o, peggio, dai suoi istinti più bassi ponendo fine ad una vita umana.

Ma non è che l’assassinio di una femmina sia diverso dall’assassinio di un maschio. A me pare che l’assassinio sia già grave di per sé e basti e avanzi. Quale motivo sensato c’è per giudicare con maggior severità l’assassinio di una donna? Non sarà che di questo passo uccidere un maschio adulto, per cause analoghe a quelle individuate dalle paladine del reato di “femminicidio”, comporterà una ‘attenuante’ di fatto?


È la stessa logica che fa richiedere ai “gay” una legge che punisca esemplarmente il “reato d’omofobia” (che andrà pure riempito di contenuti, cosa davvero a geometria variabile), oppure, ai paladini della “società multirazziale”, l’aggravante della “discriminazione etnica e religiosa” per tutta una serie di atti già considerati reato dal vigente ordinamento giuridico. Gli esempi potrebbero continuare, ma questi già bastano per rendersi conto che ci siamo inviluppati in una logica settaria nella quale si creano appositamente delle “categorie” per ricavare qualche vantaggio per sé e a danno di altre, con buona pace della coesione sociale e della ricerca di un’armonia che dovrebbe governare tra gli uomini, tutti, maschi, femmine, piccoli, grandi eccetera.

Invece, così facendo, per ogni “categoria” che si crea se ne forma automaticamente un’altra (i “misogini” o i potenziali “femminicidi”; gli “omofobi”, anche se osano proferire parola su questioni di puro buon senso; i “razzisti”, compresi quelli che provano a spiegare con dovizia di argomenti sensati, e senza bardarsi da “naziskin”, che la “società multirazziale” comporta dei seri problemi).

E chi ci guadagna da tutto questo? L’ego, che si gonfia, tronfio del potere che è riuscito a ricavarsi riducendo questo mondo ad un campo di battaglia tra coloro che invece dovrebbero solo gareggiare nella devozione, nel “servire” e nelle reciproche “opere buone”, rettamente ispirate alla luce della “parola di Dio” e nel rispetto delle Sue leggi.

Ecco, questa sarebbe una buona “competizione” tra gli uomini, non quella che ci viene insegnata a scuola, o indicata come la panacea per il corretto funzionamento di una “economia” che tutto è tranne una “sana gestione della casa”.

E così, in questo quadro sconfortante - che però non deve far deflettere dal dovere di tenere la barra dritta – s’inserisce la vicenda d’un parroco che ha osato dire la sua in merito a tutto il polverone che è stato artatamente sollevato in merito al “femminicidio”. Santi numi, l’hanno praticamente linciato, intimandogli di rinunciare all’abito talare, al che ha provato a difendersi e a ribattere, per quello che consente un andazzo che certo non aiuta chi - e mi riferisco ai sacerdoti – tenta di fornire un appiglio alla Tradizione in questo mondo senza senso.


Perché, come scrivevamo poc’anzi, non trovandoci più nello stadio “primordiale” sono necessari, per mantenere un nesso cosciente con l’Origine, dei “compromessi”, progressivamente sempre meno stabili, eppur tuttavia provvidenziali, mano a mano che si procede lungo la china che conduce ai “tempi ultimi” di questo ciclo dell’umanità. Ora, stabilito questo concetto, ogni forma tradizionale sistematizzatasi anche in forma di “chiesa” svolge la funzione di katechon: “ciò che trattiene” o “colui che trattiene” lo scatenarsi delle peggiori forze infere che conducono alla fase della tribolazione finale, in cui ogni simbolo, ogni concetto, ogni istituto, ogni morale viene invertita in una satanica parodia.

Mi sembra già di sentire il mugugno degli anticristiani viscerali: “se la sono voluta”, “sono degli impostori”, “sono tutti ipocriti e pedofili” e via calunniando. Intanto, sarebbe bene che ciascuno, prima di sparare a zero su cose che a malapena conosce si facesse un bell’esame di coscienza e riflettesse sulla sua miserevole condizione spirituale. Ma questo è chieder troppo, di questi tempi, poiché tutti si sentono il centro del mondo.

Poi, andrebbe ricordato a chi è sempre in agguato contro ogni “passo falso” della Chiesa o di uno dei suoi rappresentanti, se il mondo, una volta scomparsa la religione, la Chiesa e le verità da essa postulate e difese (certo in maniera inadeguata, più d’una volta), sarebbe molto meglio di com’è adesso o se, invece, rotolerebbe ancor più rovinosamente verso il buco nero del nichilismo al quale, in fondo, punta l’ego che si erge a principio.

Ed infine, andrebbe chiesto senza alcun astio, ma in maniera prosaica, se certi “fedeli” estremamente suscettibili ed ammaliati dalle sirene della “modernità”, compresi i suoi aspetti più antitradizionali (e dunque antireligiosi), non farebbero meglio ad andare altrove a passare il loro tempo, inventandosi di sana pianta una loro “religione” che santifichi quello che santo non è affatto, ovvero il loro ego ipertrofico.

Purtroppo questo rincorrere lo “spirito dei tempi” è un brutto vizio che anche la Chiesa stessa pratica, e parecchio, così non ci si può trovare in disaccordo con chi commenta “chi è causa del suo mal pianga se stesso”. A furia di “concessioni”, “aperture” e “ammodernamenti” d’ogni tipo, anche l’autorevolezza stessa del sacerdote è pian piano scemata, ed ecco che appena ricorda il dovere di non andare in giro vestite troppo succintamente o esibendo atteggiamenti estremamente disinvolti, viene praticamente linciato, senza che – ulteriore aggravante dal punto di vista di chi scrive – i suoi superiori facciano nulla per difenderlo, almeno in maniera palese ed inequivocabile, ché ogni tanto ci vorrebbe per dare un segnale chiaro, in controtendenza, a costo di perdere qualche “fedele” che si è fatto un’idea del divino troppo a misura delle sue paturnie e del suddetto “spirito dei tempi”.

Dicevamo che la situazione non induce all’ottimismo, almeno per quanto riguarda la fine che farà la gran parte di quest’umanità. Perché a furia di “rivendicazioni”, elevate con toni e modalità sempre più aggressive da vecchie e nuove “categorie”, finirà che anche la religione si trasformerà in una grande narrazione collettiva autoassolutoria a misura di un’umanità completamente ubriacata nella sua vana pretesa di essere il centro del mondo, di essere Dio. Sarà la pseudo-religione del “faccio quel che mi pare (fintantoché non do fastidio a nessuno)”, perché tanto è questo che i moderni vogliono, “rivendicano” scendendo in strada per protestare, lagnandosi di continuo e sprecando un sacco di energie che potrebbero essere impiegate con miglior costrutto.

Ma quando gli uomini otterranno quest’agognata “liberazione”, che prenderà anche una forma “religiosa” in cui ogni cosa sarà invertita, si renderanno conto d’essersi fregati da soli con le loro stesse mani, di aver “creduto” solo a se stessi, all’illusione costituita dalla loro esistenza separata. Ma a quel punto sarà troppo tardi per tornare indietro: ognuno dovrà fare i conti con quel che ha combinato.

E allora “il problema” non sarà più il “femminicidio” o qualsiasi altra arbitraria elucubrazione della mente, di una mente ribelle che non ha inteso servire adeguatamente allo scopo per cui è stata creata, ma il flagello vero e proprio, purificatorio, al quale verranno sottoposti in molti, oserei dire la maggioranza, di quest’umanità che non fa che correre dietro al proprio “satana interiore”.