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Renzi rottamerà anche l'Italia?

di Luigi Tedeschi - 18/02/2014

Fonte: centroitalicum



Arriva Renzi, largo dunque al nuovo che avanza? La personalità eccentrica e ciarliera di Renzi, sembra garantire, piuttosto che un futuro radioso, la conservazione di questo immobile presente cui l'Italia sembra essere condannata. Non deve nemmeno stupirci il fatto che il probabile governo Renzi sia sorto in una assise del PD, con contemporanea destituzione dell'uscente governo Letta, che nessun governo italiano sia più legittimato dal consenso del popolo, che il parlamento sia stato esautorato dei propri poteri istituzionali, fagocitati da un presidenzialismo strisciante, che nomina ed esautora governi in spregio alla costituzione. Dalla nascita del governo Monti, sorto non solo grazie ad iniziative poco trasparenti del presidente Napolitano, ma soprattutto a seguito delle pressioni delle oligarchie finanziarie della BCE, la politica italiana ha subito dei mutamenti sistemici di carattere istituzionale, che hanno profondamente inciso sulla stessa sovranità politica del nostro paese. Non è un caso che la Merkel faccia apertamente pressioni per una rapida soluzione della crisi e nasca l'auspicato governo Renzi. I governi in Italia sono dunque nominati dal presidente, sulla base della legittimazione esterna ad essi conferita dagli organi della BCE e della Germania, paese guida della UE. Il parlamento italiano, alla stregua di un governatorato coloniale, è chiamato a ratificare le decisioni assunte dalle oligarchie finanziarie europee. Si è allora mobilitato il circo mediatico, in sostegno del nuovo astro nascente Renzo, diffondendo nell'opinione pubblica un ottimismo virtuale, decantando la crescita del PIL nell'ultimo trimestre dello 0,1% (ma nel 2013 il decremento del PIL è stato dell'1,7%, che si somma al calo del 2,5% del 2012), la crescita record  della borsa (ma al boom finanziario fa riscontro il calo dei consumi e degli investimenti), la discesa dello spread a 201 punti (ma a causa del credit crunch praticato dalle banche i tassi sui prestiti a privati ed imprese sono tra i più elevati d'Europa), la ripresa economica trainata dall'export italiano in crescita (ma la disoccupazione sfiora il 20%), il debito pubblico in discesa (ma nel 2013 ha raggiunto quasi il 140% del PIL).

La rapida caduta  del governo Letta è dovuta non tanto alle iniziative mediatiche di Renzi, ma alla pressione esercitata da mesi da Confindustria, che ha attaccato con insistenza l'immobilismo del governo uscente, in tema di riforme strutturali per quanto concerne le riforme sul lavoro, i tagli alla spesa, il rilancio della competitività, l'elevata pressione fiscale. Come si può facilmente costatare sono le classi dominanti ad esautorare  i governi, non certo il malessere sociale diffuso, ma privo di rappresentanza politica. L'esempio più evidente di tale stato di cose è la marcia virtuale dei 40.000, manifestazione di protesta degli imprenditori patrocinata da Confindustria.

In realtà, di concerto con le direttive imposte dalla BCE, la grande industria (anche criticando la politica di austerity), pretende l'attuazione di quelle riforme strutturali da lungo tempo annunciate da  governo Letta, ma finora mai attuate. L'Europa, così come i poteri forti italiani, vogliono imporre una trasformazione dell'economia italiana in linea con le logiche liberiste del capitalismo finanziario, con la flessibilità generalizzata del lavoro e delle retribuzioni, tagli sistemici allo stato sociale, dismissioni del patrimonio pubblico e privatizzazioni dei settori industriali in mano pubblica al fine di diminuire il debito. E quindi, data la vaghezza dei programmi enunciati da Renzi (lo Job Act è poco più di uno slogan), il prossimo governo, proprio per le sue carenze programmatiche, potrebbe rivelarsi lo strumento più idoneo per omologare l'Italia alle strategie finanziarie della BCE. Il probabile governo Renzi, nasce pertanto, non sull'onda di uno spirito innovatore, ma per garantire la continuità dei governi Monti e Letta, già nominati su mandato della BCE. La conferma di questo orientamento continuista nel processo di destrutturazione dell'economia e nella politica italiana è data dal fatto che al posto di Saccomanni, alla guida del Ministero dell'economia sarà probabilmente nominato Bini Smaghi, altro esponente di rilievo di Bankitalia ed ex membro del board della BCE.

Se dunque l'economia italiana viene eterodiretta dalla BCE mediante la nomina al  Ministero dell'Economia di uomini di fiducia, anche la politica deve adeguarsi a tale procedura. La caduta del governo Letta e la nascita dell'”auspicato” governo Renzi, sono eventi maturati a seguito di una conflittualità interna al PD, che è il partito che offre maggiore affidabilità nei confronti della oligarchia finanziaria europea. Il dinamismo di Renzi dovrebbe sostituirsi all'immobilismo di Letta: Renzi, dopo aver rottamato il PD, potrebbe rottamare anche l'Italia. Comunque in questo clima di avvicendamento repentino, lo stesso Renzi potrebbe avere breve durata e questo personaggio imposto mediaticamente potrebbe presto eclissarsi a favore del nuovo astro nascente di turno. Ma questo processo di destrutturazione politica ed economica dell'Italia, comporta costi sociali devastanti, non certo tenuti in debito conto da una classe dirigente, che perpetua i propri privilegi in cambio della subalternità italiana verso la UE. La conflittualità sociale potrebbe in un prossimo futuro esplodere e solo allora potranno delinearsi soluzioni alla crisi non omologabili al capitalismo assoluto oggi dominante.