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La critica come strumento indispensabile di libertà

di Daniele Frisio - 29/03/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


Edmund Husserl, filosofo tedesco e padre della fenomenologia, sosteneva che per conoscere è necessario adoperare anzitutto un’epochè: una messa tra parentesi di tutto ciò che pensiamo di sapere sulla realtà, attenendoci ai semplici fenomeni che si svolgono davanti a noi. Questo è esattamente l’atteggiamento che bisogna risvegliare in Occidente: la capacità di sviluppare una critica ed il coraggio di osare col pensiero, consapevoli che la realtà è sempre il frutto di volontà in atto.

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Fra le molte problematiche che oggi ci coinvolgono, c’è un aspetto della società occidentale contemporanea che si sta affermando e che non può lasciarci indifferenti. Sto parlando di quella tendenza sempre più marcata all’interno dei centri di potere a presentare le proprie decisioni come le uniche possibili, la propria versione come l’unica in grado di spiegare la realtà e di poterla, se non proprio cambiare, quantomeno condizionare.

Un esempio che ci riguarda da molto vicino è naturalmente quello relativo all’alternanza dei governi italiani negli ultimi anni: Monti, Letta e adesso Renzi, sono stati presentati di volta in volta come l’ultima e poi l’ultimissima e dopo ancora l’ultimissimissima speranza di salvezza dal baratro della crisi. Questo genere di decisioni strategiche vengono puntualmente scaricate da ogni responsabilità politica, cosa che d’altronde non può più sorprenderci nel momento in cui la classe politica ha ceduto ogni pretesa di sovranità all’economia e alle grandi strutture sovranazionali. Semmai ciò che può stupirci è che qualcuno possa ancora crederci in buona fede.

E’ la storia più vecchia del mondo: quando il potere è in difficoltà governa strumentalizzando la paura. Niente di più semplice e niente di più efficace. Ecco quindi spiegati gli scenari apocalittici che ci vengono prospettati qualora dovessero avvenire cambiamenti radicali. Chi si oppone non può che essere complice di questa corsa al grande disastro, egli è un populista (termine moderno per eretico), uno che sfrutta per i propri loschi fini i sentimenti più bassi della brava gente, quando invece noi sappiamo benissimo che è proprio il potere a farlo, uno che non capisce la portata e l’importanza delle strategie economiche in atto, quando sappiamo altrettanto bene che sono state proprio le decisioni prese dalla classe dirigente ad averci portati sull’orlo del baratro.

Il primo passo da compiere per chi voglia guardare con lucidità al presente, è applicare una sospensione di validità alle tesi che ci vengono offerte dagli organi del potere costituito. Edmund Husserl, filosofo tedesco e padre della fenomenologia, sosteneva che per conoscere è necessario adoperare anzitutto un’epochè: una messa tra parentesi di tutto ciò che pensiamo di sapere sulla realtà, attenendoci ai semplici fenomeni che si svolgono davanti a noi. Questo è esattamente l’atteggiamento che bisogna risvegliare in Occidente: la capacità di sviluppare una critica ed il coraggio di osare col pensiero, consapevoli che la realtà è sempre il frutto di volontà in atto.

Certo, non basta volere un mondo diverso per poterlo cambiare. Ma volerlo resta il primo, decisivo, passo per poterci riuscire.

Libertà e volontà sono concetti intrinsecamente legati. Oggi come per tutti i momenti di svolta nella storia,  se vogliamo cambiare la società ed il sistema che ci governa, dobbiamo coltivare come non mai la nostra volontà di mettere in discussione, di criticare per poi ricostruire. Se vogliamo vivere da uomini liberi dobbiamo rifiutare il ricatto della paura e dello scarico di responsabilità. La “salvezza” non sta in parlamento, non sta nell’Euro, non sta nelle privatizzazioni, sta solo in noi stessi e nella fermezza della nostra volontà.