Uno dei capitoli più infami della storia del sionismo moderno
di Matteo Mazzoni - 11/08/2025
Fonte: Matteo Mazzoni
«Israele sotto Netanyahu sta imboccando, come un ciuco ubriaco, la strada verso una debacle economica senza precedenti e l'isolamento internazionale. Se riusciremo ad uscirne, ci vorrà del tempo per rimetterci in sesto. Dell'immagine morale di Israele non parlo, perchè l'ha persa da tempo. Gaza non rischia di essere la tomba di Netanyahu e dei suoi folli seguaci, ma la nostra. E non abbiamo fatto niente per impedirlo. Di fatto siamo suoi complici, ignobilmente complici. La giusta e crudele punizione non tarderà a raggiungerci. E' uno dei capitoli più infami della storia del sionismo moderno. I morti ammazzati di Gaza, donne e bambini, ci inseguiranno con le loro torce fiammeggianti fino al fuoco dell'inferno. E ora provate a bloccarmi e a cancellare il mio post ipocriti, pavidi e vigliacchi. Siete una vergogna nella storia del popolo di Israele».
Ariel Toaff
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Figlio del rabbino capo di Roma Elio Toaff, a sua volta rabbino e storico, l'oggi italo-israeliano e professore lo conoscemmo per il suo libro maledetto, 'Pasque di Sangue', nel quale lo storico indagava sulla possibilità degli infanticidi rituali in area ashkenazita, da parte di estremisti ebraici che, come scrisse Cardini, forse 'furono forse resi folli dalle persecuzioni'. La prima edizione del libro fu ritirata dal commercio per le critiche violente. Ne seguì una seconda edizione, rielaborata con toni più concilianti.
In un qualche modo, per molti, l'ebreo autocritico è una sorta di 'ebreo da cortile'.
Un ebreo buono, 'vero', innocuo, non come i sionisti.
Il sionismo si è alimentato esattamente di questo.
Gli ebrei antisionisti ripetono: il sionismo si origina come nuova immagine di un ebreo militante e militarizzato, aggressivo, diverso dal pio e pavido ortodosso, che si lasciava schiacciare senza reagire. Il sionismo nasce dicendo: non siamo più disposti ad essere passivi.
Il libro di Toaff in fondo indagava esattamente una situazione ipotetica nella quale, oppressi, gruppi ashkenaziti scaricavano la propria rabbia anticristiana con i sacrifici umani rituali.
E il sionismo origina come un movimento egemonicamente ashkenazita, anche se oggi la cosa è in evoluzione.
Bisogna ammettere che esiste nella situazione attuale un dispiegarsi della psicologia ebraica, formatasi attraverso i secoli.
Una cosa che i sionisti radicali odiano e disprezzano, sono i cosiddetti 'assimilati', ossia quegli ebrei che hanno accettato di integrarsi nelle culture dei paesi nei quali vivono. Gli eventi della seconda guerra mondiale sono stati tra l' altro vissuti come un tradimento dagli stessi assimilati. Gli ebrei italiani, che aderirono in buon numero al fascismo, si ritrovarono poi perseguitati durante l'epoca delle leggi razziali. Queste considerazioni non possono non influire su una psicologia collettiva.
Bisogna ammettere che Israele esiste soprattutto (non solo) come conseguenza della repressione nelle aree europee degli ebrei ashkenaziti.
Gli ebrei in Palestina, sotto l'impero ottomano, vivevano in pace. Furono là accolti i sefarditi quando furono cacciati dalla Spagna. Questa cosa è ripetuta di continuo dagli ortodossi antisionisti: in Palestina, prima del sorgere dell' entità sionista, vivevamo in pace.
Rifletto spesso inoltre sul tema delle 613 mitzvot, e su come uno Tzvi teorizzò un loro allentamento in epoca messianica (lui che si proclamava Messia).
C'è tutto il peso psicologico di una normatività irrazionale e asfissiante della quale non si vede l'ora di potersi liberare, oppure, come nella maggior parte del giudaismo, di poter vedere almeno giustificata con una venuta messianica. La psicologia ebraica è tutta intrisa di sofferenza, di disagio.
Il peso che debbono portare gli ebrei è innanzitutto l'ebraismo. Sia come religione della Legge (e non della Grazia), sia come condizione che li ha resi 'europei' di serie B, al punto da volersi oggi proporre come 'paladini dell' Occidente', come se avessero qualcosa da dover dimostrare.
Ma ha ragione Toaff. Otterranno l'effetto opposto. Per questo già il giorno dopo il 7 ottobre continuavo a ripetere, e ripeto ancora oggi: Israele ha già perso. Se resta ferma, se si ferma, ottiene una sconfitta militare. Se mette in campo tutta la sua potenza di fuoco, ottiene una sconfitta morale.
Anzi: al momento ha ottenuto una sconfitta morale, e NON ha ottenuto una vittoria militare.
Quante volte mi sono chiesto: ma i governi europei appoggiano Israele solo perché Israele ha amici potenti? Solo perché è pericolosa? Solo perché geopoliticamente è utile? Mi sono sempre risposto: no. Gli europei appoggiano Israele perché non rivogliono gli ebrei in Europa, a meno che non siano 'ebrei da cortile'.
Mi verrebbe da scrivere che gli ebrei sono un popolo chiuso in un barattolo, dal quale non riescono ad uscire. Epperò non sono nemmeno un popolo. Sono una comunità rituale, tra l'altro estremamente variegata. Ma che condivide in qualche modo una sorta di morale della rivincita.