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L’asservimento dell’Italia al paese egemone

di Nicolas Fabiano - 08/09/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


In questo modo prosegue un asservimento totale agli interessi tedeschi e dei paesi del nord, sul piano monetario con Draghi, pur comprensibile essendo capo non di una Banca d’Italia, ma purtroppo di una Banca Europea, sul piano fiscale con Renzi, presidente del Consiglio italiano.

F.D. Roosvelt

Solitamente quando si parla di recessioni, viene in mente quella che colpì l’economia mondiale a partire dal 1929, con il tracollo di Wall Street. Le analogie con ciò che è accaduto dal 2008 in avanti sono tante: entrambe nascono dai mercati privati del sistema americano e successivamente, come la peste, si diffondono nelle altre aree del mondo, ben più impreparate allora come oggi degli stessi Stati Uniti. L’Europa su tutte. Tra il 1929 e il 1933 nei paesi più tartassati dalla grande depressione, l’output si ridusse di quasi un terzo, i prezzi diminuirono di oltre il 30 per cento (la deflazione che vediamo tutt’ora) la disoccupazione raggiunse più di un quarto della forza lavoro. Il ciclo economico presentava una caduta di fatto della domanda aggregata

Dopo aver individuato le cause della crisi, per far ripartire l’economia di uno Stato solitamente si adottano due strumenti: la politica monetaria e la politica fiscale. Per quanto riguarda la prima -in cui per pura ideologia monetarista  confidiamo troppo- è tutto nelle mani dell’attuale presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, il quale di sicuro non è il banchiere del “New Deal” come molti giornali mainstream hanno sostenuto in questi giorni, dopo la decisione del board di abbassare i tassi d’interesse – decisione peraltro condivisibile, visto che serviva un’immissione di liquidità dopo la caduta in deflazione dei prezzi. E Draghi non potrà mai essere il banchiere del “New Deal” in quanto la sua banca – o meglio, la “nostra” banca – non ha gli strumenti necessari che tutte le altre grandi banche centrali adottano, in primis quello di prestatore di ultima istanza. Vi è altresì la convinzione dello stesso Draghi – non essendo accreditabile per fortuna come un monetarista- che la politica monetaria non possa da sola risolvere i problemi senza un’adeguata politica fiscale.

E qui emerge il grande tradimento piuttosto che la grande coerenza del capo della BCE: Mario Draghi probabilmente più per bocca di chi realmente comanda in Europa come la Germania, ha più volte intimato a paesi come l’Italia “forti e decise riforme strutturali a partire dal mercato del lavoro”. L’attuale presidente del consiglio italiano, esattamente come Monti e Letta, ma con un’ignoranza economica maggiore, sta puntualmente eseguendo: Jobs Act, spending review, tagli alla spesa che non vogliono assolutamente dire “abbassamento della pressione fiscale” come mediaticamente il governo italiano sta cercando di comunicare da tempo immemore

Dagli ultimi dati macroeconomici emergono chiaramente tre cose: per chi ne avesse ancora dubitato, Matteo Renzi forte sul piano elettorale, tra una politica “orizzontale” di unione fra paesi della zona del mediterraneo con lo scopo di contrapporsi frontalmente alla Germania, ed una politica “verticale” di adeguamento e asservimento alle proposte dei paesi del Nord ha scelto consapevolmente per la seconda opzione.

Conseguentemente a ciò l’effetto sarà in vista della prossima legge di stabilità, una stretta che potrebbe arrivare a 12 miliardi tra tagli alla sanità, pensioni, difesa e blocco degli stipendi pubblici. E questo non, come asseriscono demagogicamente, per abbassare le tasse, bensì perché i soldi per quest’anno sono finiti anche a causa della manovra sugli 80 euro. Terzo, la revisione sui tagli del commissario Cottarelli volta a tagliare determinati settori quali la difesa che viste le attuali implicazioni di politica internazionale sembrerebbe una  mossa quantomeno alogica, essendo l’Italia membro della NATO. Questi tagli dovrebbero fornire da copertura per poter erogare altri soldi alle persone con un basso reddito. Nulla invece è dato sapere sull’alveare di enti inutili, aziende regionali e partecipate che sono il cuore del sistema malato di questo paese

In questo modo prosegue un asservimento totale agli interessi tedeschi e dei paesi del nord, sul piano monetario con Draghi, pur comprensibile essendo capo non di una Banca d’Italia, ma purtroppo di una Banca Europea, sul piano fiscale con Renzi, presidente del Consiglio italiano. E se all’inizio abbiamo parlato di analogie tra la grande recessione del 1929 e la crisi economica attuale, tuttavia vi sono anche delle grandissime divergenze sul modo di operare e risolvere – o di non risolvere – la situazione. Roosevelt riconobbe il ruolo dello stato nel ciclo economico quando per l’appunto il mercato non è più in grado da solo di creare un perfetto equilibrio tra domanda e offerta. In questo modo fece ripartire la domanda aggregata con un deciso incremento di spesa pubblica e di liquidità monetaria, sconfisse la macchina del nazismo e diede vita all’egemonia americana, sostituendo il ruolo che fino ad allora era appartenuto all’Inghilterra. Per contro nell’attuale eurozona si sta compiendo la mossa opposta: tagli alla spesa, con una ritardataria immissione di liquidità. L’egemonia in Europa con il supporto  atlantico è a trazione tedesca. Ma è illusorio che possa battere qualsiasi macchina russa, cinese o giapponese. Perché  Roosevelt stavolta non li abbiamo noi.