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Alla Casa Bianca gli "interventisti liberali"

di Alberto Negri - 26/11/2020

Alla Casa Bianca gli "interventisti liberali"

Fonte: Quotidiano del sud

Quello di Biden è il solito team di ipocriti: Israele prima di tutto, poi le monarchie del Golfo e gli europei a fare le ruote di scorta. Il nuovo segretario di stato Blinken, di famiglia ebraica, vanta ottimi rapporti con Tel Aviv ed è un accanito sostenitore dell'uso della forza contro la Siria di Bashar Assad. Business as usual.
La Casa Bianca è in mano agli “interventisti liberali”: la linea da seguire è quella dei droni e dei “piccoli omicidi”. Così li definisce il New York Times che indaga su chi sono gli uomini e le donne di Joe Biden: dal segretario di Stato Blinken, nel 2011 favorevole all’intervento in Libia, alla specialista di droni Haines, capo dell’intelligence.
L’idea soltanto in parte è il multilateralismo ma soprattutto come far digerire agli europei interventi militari limitati degli Stati uniti contro Iran e Siria a sostegno di Israele, delle monarchie del Golfo, dell’Egitto, che sono i veri alleati degli Usa, non l’Unione europea, chiamata più che altro a non fare accordi con la Cina e ad accettare Erdogan sul fianco sud della Nato, che ci ricatta con i profughi e sul gas nel Mediterraneo orientale dopo essersi impadronito di mezza Libia.
La Marina turca intanto scorrazza davanti alla Libia usando le motovedette italiane concesse gratis ai libici per controllare le coste mentre Al Sisi ci prende in giro sul caso Regeni. Questa amministrazione Usa non farà niente a nostro favore come quella precedente, se non qualche dichiarazione generica per accontentare quei babbei degli italiani che si sono fatti sfilare la Libia, come volevano i francesi e Blinken, l’attuale segretario di stato nel 2011 consigliere della Clinton.
E’ il solito team di ipocriti che predica bene e razzola male. Come del resto già faceva Trump. Ricordiamo che l’anno della pandemia è iniziato il tre gennaio scorso con l’assassinio da parte di un drone americano del generale iraniano Qassem Soleimani all’aereoporto di Baghdad: nessuno ha condannato quell’atto condotto in violazione di ogni regola internazionale. Un’azione in un Paese terzo privo di ogni prova consistente contro il generale che per altro aveva difeso Baghdad nel 2014 frenando l’avanzata del Califfato quando l’America di Obama avevano ormai abbandonato l’Iraq.
Gli Stati Uniti, nonostante le dichiarazioni di Biden, non hanno intenzione di cooperare davvero con nessuno ma di usare gli alleati per i loro scopi che sono essenzialmente quelli dell’amministrazione Trump: sostenere Israele e gli stati del Golfo, fornitori di energia e soprattutto maggiori acquirenti della tecnologia militare americana. Del resto non è che si stravolge la politica estera ogni volta che c’è un cambio della guardia alla Casa Bianca. Questa è un’illusione che si portano dietro i giornali italiani che poco capiscono di politica estera e tanto meno di rapporti di forza ma sono assai inclini a incensare la potenza statunitense soprattutto quando il comando passa ai democratici, ritenuti, non si sa perché, dei “buoni” rispetto ai repubblicani. Biden, tanto per dirne una, da senatore votò a favore dell’attacco all’Iraq nel 2003 voluto da Bush junior. In realtà Trump ha dovuto far fuori due generali, Mattis e MacMaster, protagonisti delle guerre in Iraq e Afghanistan, perché erano contrari al suo avventurismo.
E veniamo al nodo della questione. Cosa farà la Casa Bianca con Erdogan, storico membro della Nato in rotta con gli altri stati dell’Alleanza Atlantica. Rifreschiamoci le idee. Gli Stati Uniti anche con Obama avevano dato segnali di forte acquiescenza nei confronti del reiss turco. Biden, quando era vice presidente, in un discorso all’università di Harvard, aveva attaccato Erdogan. Poi dovette chiedere scusa e andare a Istanbul un anno dopo a incontrare il leader turco considerato un pilastro della Nato, non solo in quanto è l’esercito più potente ma perché usa la forza con spregiudicatezza e serve a tenere a bada la Russia.
Lo stesso ha fatto Trump quando nel 2019 nel Nord della Siria, il Rojava, ha lasciato via libera a Erdogan per massacrare i curdi siriani, cioè i nostri maggiori alleati contro i tagliagole del Califfato che tutti i media occidentali avevano applaudito come “i nostri eroi”, quelli della resistenza Kobane. Erdogan ai tempi di Obama aveva già usato i jihadisti contro i curdi e gli americani hanno lasciato che finisse il lavoro in un’area dove per altro i curdi stanno tentando di insediare una regione autonoma basata sui principi della laicità e del secolarismo, sulla parità tra uomini e donne, tra religioni ed etnie. Insomma sui valori che dovrebbero essere quelli americani ed europei.
Ma noi buttiamo alle ortiche i valori a favore della cosiddetta “realpolitik”, che poi significa creare autocrati incontrollabili. La Turchia di Erdogan serve a contrastare la Russia in Siria, in Libia e ora anche in Nagorno Karabakh e nel Caucaso. Ecco perché gli Usa hanno lasciato fare a Erdogan quello che vuole. E continueranno a farlo anche con l’amministrazione Biden. L’unico semaforo rosso per Erdogan si chiama Israele e monarchie del Golfo: quelli il leader turco non li deve toccare perché anche Biden come Trump, che ha voluto il patto di Abramo, segue la stessa linea. Il nuovo segretario di stato Tony Blinken, di famiglia ebraica, vanta ottimi rapporti con Tel Aviv ed è un accanito sostenitore dell'uso della forza militare contro la Siria di Bashar Assad. Business as usual.
Il premier israeliano Netanyahu, nonostante le smentite ufficiali, ha appena incontrato il principe saudita Mohammed bin Salman, mandante dell’assassino del giornalista Jamal Khashoggi, che ha ordinato commesse militari agli Usa per 450 miliardi di dollari. Qualcuno pensa che Biden ci rinuncerà? Ma non scherziamo.
Tutti si stanno riposizionando per la nuova amministrazione americana che sarà ipocrita come quella precedente. Così bastano quattro sorrisi, un po’ di buone maniere e qualche chiacchiera sul multilateralismo per infinocchiare i nostri media europei, costruire una narrativa buonista e poter dire che sono andati via i “cattivi” sostituiti dai “nostri eroi”, copione stereotipato dei film western. Ma, come diceva Frank Zappa, “la politica in Usa è la sezione intrattenimento dell’apparato militar-industriale”.