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Blinken, l'interventista complice della Clinton nei disatri in Libia e Siria

di Alberto Negri - 24/11/2020

Blinken, l'interventista complice della Clinton nei disatri in Libia e Siria

Fonte: Quotidiano del sud

Il Washington Post ci informa che il nuovo segretario di stato Antony Blinken,come consigliere della Clinton sostenne con forza l’intervento in Libia e anche quello in Siria. I media italiani lo incensano come "europeista" e  si fermano alle apparenze.
Politica estera: il “team da incubo” di Biden
I guai non finiscono con Trump. Il team di Biden con Blinken segretario di stato e Sullivan alla sicurezza nazionale ha questa volta l’opportunità di rimediare i devastanti errori commessi in Siria e Libia dall’ex segretario di stato Hillary Clinton di cui entrambi i nuovi responsabili sono stati consiglieri strategici.
Il “dream team” di Biden rimanda ai peggiori incubi del Mediterraneo. Quando nel 2011 la signora Clinton convinse Obama ad attaccare la Libia di Gheddafi insieme a Francia Gran Bretagna intenzionate a sbalzare il raìs libico, il maggiore alleato dell’Italia nel Mediterraneo.
Il Washington Post ci informa che Antony Blinken, come vice della Clinton, sostenne con forza l’intervento in Libia e anche quello in Siria, differenziandosi in questo proprio dalle posizioni assunte allora da Biden. “E’ stato un’interventista convinto”, scrive il quotidiano americano. Forse ha cambiato idea, visto i guai combinati dalla Clinton nel cortile di casa nostra.
Vale la pena ricordare che l’insurrezione popolare di Bengasi del 2011 è stata soltanto in parte spontanea mentre in parte fu organizzata dai francesi che, dopo avere perso la Tunisia di Ben Alì, spinsero verso una rivolta già preparata mesi prima con Musa Kusa, il capo dei servizi gheddafiani che si recato a Parigi a ottobre del 2010 per un mese e in seguito abbandonò Gheddafi per auto-esiliarsi a Londra, dove per altro nel 1980 era stato espulso come mandante di omicidi politici degli avversari del regime. Lo rivendicò persino in un’intervista al Times.
I francesi, come è stato rivelato dai dispacci del dipartimento di stato guidato allora dalla Clinton, furono spinti a bombardare Gheddafi dal piano del raìs libico di creare una moneta africana che avrebbe messo fuori gioco o seriamente minato il franco Cfa gestito da Parigi, che custodisce le riserve valutarie di 13 Paesi africani.
Dopo avere liberato Bengasi, dove furono inventati massacri che non c'erano mai stati come le famose fosse comuni sulla spiaggia, i ribelli ci impiegarono mesi per arrivare a Tripoli. Io ero lì e l'ho visto con i miei occhi: senza i bombardamenti a tappeto della Nato, cui la stessa Italia ha partecipato, non ce l'avrebbero mai fatta. Ci fu allora anche l'intervento di forze speciali britanniche: il nostro console a Bengasi le fece liberare dopo che erano state fatte prigioniere da fazioni filo gheddafiane: a Tobruk infatti la popolazione continuava a ricevere i sussidi del regime. Risultato: questi interventi hanno lasciato che i jihadisti si impadronissero della Cirenaica dividendo in due un Paese che non si è più ricomposto, come del resto era stato scritto sin dal primo giorno. Lo stesso Obama in un'intervista a The Atlantic ha ammesso di avere fatto un errore a intervenire in Libia perché gli occidentali non avevano soluzioni politiche di ricambio al regime, come del resto era avvenuto in Iraq nel 2003. Tanto è vero che poi in Siria Obama evitò l'intervento diretto (ben prima che arrivassero i russi nel 2015).
Gli interventi “umanitari" dell'Occidente hanno creato più guai e morti di quelli che avrebbero voluto evitare. La Clinton, insieme a Blinken, è in buona parte responsabili dei disastri della Libia e del Mediterraneo. I testimoni oculari degli incontri tra la Clinton e l’allora ministro degli Esteri Frattini hanno raccontato che il segretario di stato ridacchiava mentre illustrava al nostro rappresentante come avrebbero fatto fuori il raìs di Tripoli. Lo stesso Obama nel suo ultimo libro, La Terra Promessa, cita un paio di volte il nuovo segretario di stato Blinken come uno dei grandi esperti di Medio Oriente della sua amministrazione. Del resto Obama, a parte l’accordo con l’Iran, che lui stesso però non ha attuato come avrebbe dovuto, di politica estera ha sempre capito poco.
E’ disarmante leggere in questo ultimo volume i brani dedicati ai capi stranieri, (Putin, Sarkozy, Merkel, Cameron, Erdogan) che rivelano un leader scadente nella comprensione del mondo, guidato da stereotipi e luoghi comuni. Con Cameron e Sarkozy _ che Obama prende in giro definendolo “un gallo nano” _ ha pure distrutto la Libia di Gheddafi lasciando che la Clinton combinasse disastri in Medio Oriente. In Siria è stata la Clinton, affiancata dai suoi consiglieri, a volere a ogni costo la caduta del regime di Bashar Assad, lasciando che Erdogan appoggiasse i tagliagole jihadisti di tutto il Medio Oriente e anche europei, i famosi foreign fighters che hanno ispirato gli attentati nel continente dei seguaci dell’Isis.
Se oggi Erdogan spadroneggia in Libia, nel Mediterraneo orientale, in Siria e in Azerbaijan, lo dobbiamo anche a questa politica per altro sostenuta all’epoca anche dagli europei. Vedremo cosa faranno adesso gli americani dove in Libia c’è una lotta a coltello per il potere: useranno forse anche qui il Sultano della Nato? E’ possibile, se non probabile. E a proposito di interventi umanitari: come si comporterà l’amministrazione Biden con l’Egitto? Ci lasceranno soli come ha già fatto l’America di Trump a chiedere invano giustizia per Giulio Regeni? Evidentemente sì. Ci sono dittatori e dittatori. Gheddafi era autonomo e lo hanno fatto fuori, Al Sisi dipende dalle monarchie del Golfo, i maggiori clienti di armi degli americani, e può fare quello che vuole. E ora baloccatevi con il “dream team” di Biden e una giustizia che dalle nostre parti non arriverà mai, per noi, per i palestinesi, per i curdi, per i profughi, per tutti coloro che credono, ingenuamente, come lo studente egiziano Zaki, in un mondo diverso.