Belen, Valeria Fonte e la violenza femminile
di Antonio Terrenzio - 03/11/2025

Fonte: Antonio Terrenzio
L'intervista a Belve della showgirl Belen e la pubblicazione delle chat delle tre militanti-scrittrici femministe, tra cui Valeria Fonte, hanno in comune un aspetto rivelatore: la violenza femminile, che troppo spesso è derubricata ad aspetto di colore o a eccesso passionale. Ho già scritto come le donne siano capaci di esprimere aggressività
e cattiveria alla stregua degli uomini e che la femminilizzazione della società faccia apparire le prime esclusivamente come vittime. Belen intervistata dalla Fagnani ha dichiarato con fare divertito di avere picchiato tutti i suoi partner, compreso Stefano De Martino, e che risolverla alla "sudamericana" costituisce una modalità consuetudinaria della showgirl argentina quando perde la pazienza. Mentre le tre amazzoni del femminismo 2.0. si sono scatenate sul web, con insulti e parole molto forti ed in delle chat private hanno coivolto la senatrice Segre e addirittura Sergio Mattarella. Le tre ovviamente hanno minimizzato riconducendo il tutto alla normale dialettica della libertà di pensiero, ma intanto la gogna social e lo stalking via telegram ha portato un uomo quasi a tentare il suicidio.
Ciò che però preme sottolineare è che oltre la retorica del maschio e del patriarcato oppressore, oltre alle idiozie assurte al rango di ideologia, tra asterischi e "shwua", dietro l'ostentazione di un vittimismo sbandierato, si celino vendette e faide interne tra le erinni del politicamente corretto. Scandali di bassa lega si dirà, materia da pecoreccio per esperte in telenovela alla Selvaggia Lucarelli, eppure rivelazioni come quella della Belen e di Valeria Fonte mostrano dei comportamenti che sono comunemente tollerati ed accettati da una società femminilizzata che ha decisamente deresponsabilizzato moltissime rappresentanti del sesso femminile dei propri pensieri e delle proprie azioni. Dovuto principalmente alla scomparsa del senso di vergogna nelle società occidentali, e soprattutto con l'esplosione dei social media, il fenomeno di outing, con la confessione di aggressioni e violenze, non suscitano la dovuta attenzione per il senso di impunità che ne segue. Ecco che lanciare un cactus al proprio fidanzato o bullizzare via fb o Twitter, enfatizzare la "morte politica" e fisica di qualcuno come nel caso della Fonte, viene ritenuto un fatto alla fine tollerabile perché esercitato da donne. Ora nel caso della Fonte e delle sue compagne, la magistratura si occuperà di fare chiarezza, ma se non comincerà a passare il concetto che chi sbaglia paga, e se attacchi qualcuno fisicamente o psicologicamente, vai incontro a delle sanzioni, molte donne per il semplice fatto di essere tali, penseranno di poter usufruire di salvacondotti per le loro azioni. La menzogna del femminismo è stata quella di rivendicare partirà di diritti, ma mai quella di pari responsabilità. La leggerezza della Belen che dichiara il fatto di essere manesca e di aver menato tutti i suoi fidanzati, si inscrive in questo doppio standard. Le donne, specie le femministe più fanatiche, rivendicano l'eguaglianza solo quando conviene loro, mai quando questo comporta assumersi le responsabilità dei propri comportamenti. Ecco quindi che se dovessimo nominare l'ipocrisia principale del femminismo, sarebbe proprio questa. Oggi le tre militanti femministe rivendicano il diritto alla privacy per i contenuti presi nelle loro chat, anche se alcuni di questi contenuti incriminati erano pubblici; ma quando è successa la stessa cosa a Raul Bova, con le sue chat private trafugate ed esposte alla pubblica gogna, nessuna di costoro ha difeso l'attore. Per cui, aldilà dei casi singoli che rivestono scarsa importanza per la pochezza umana ed intellettuale delle soggette coinvolte, torna utile ancora una volta smascherare le incongruenze e le contraddizioni del movimento femminista che sin dai suoi primordi ha prodotto solo storture e che da movimento di presunta emancipazione sì e tradotta in ideologia anti-maschile. E che ha creato donne sempre più instabili ed infelici, incapaci di vivere un rapporto di coppia normale, con vite segnate da divorzi quando si sono sposate, ed adesso nella fase ultimale, sterili e senza figli. Passando dal gossip a riflessioni più serie, sono tantissime le donne che si sono pentite di essersi fatte plagiare dall'ideologia femminista, ad averne scoperto l'inganno; tra loro anche scrittrici come Kate Mulvey, giornalista ed attivista radicale di 63 anni, che al contrario dei fenomeni da baraccone e pseudo-scrittrici nostrane, accusa l'ideologia alla quale ha dedicato una vita e che in cambio l'ha ripagata con la sconfitta. E come lei tante si pentono di aver rifiutato il matrimonio e la vita domestica, di vedere gli uomini come nemici e non come partner. Persino Candace Bushnell, autrice della serie "Sex and the City", che ha fatto del sesso occasionale e senza legami la bandiera della liberazione femminile, ha ammesso laconicamente, quando ormai era troppo tardi:"Siamo tutti donne single e senza figli. Prima non ci pensavo adesso mi sento sola". Di uguale tenore anche le parole della scrittrice Samantha Johnson, dichiaratasi delusa dal femminismo, di come dia prevalenza alla carriera professionale e di come sia invece importante per una donna essere madre. Per fortuna qualcosa sembra cominciare a muoversi in America col fenomeno delle "tradcons" e delle "tradwife", donne anti-femministe che elogiano la distinzione tra i ruoli, la maternità e la vita familiare e che si stanno ribellando al trend dominante.
Per finire, se c'è qualcosa in più da apprendere da queste misere vicende tra il gossip e lo sputtanamento mediatico, è la prova, l'ennesima, dell'impostura retorica delle militanti femministe che si coprono dietro il vittimismo, ma che invece nascondono bassezze e meschinerie legate a piccoli personalismi, e dove quattro imbecillità servono solo a mascherare il vuoto umano ed ideologico che distinguono queste macchiette del femminismo terminale. Alda Merini in una intervista nel 2008, aveva già capito quale era l'obiettivo del femminismo che a parere di chi scrive è stata l'ideologia più nefasta in assoluto dell'ultimo secolo, perché dietro la bandiera dell'emancipazione sociale della donna, quello che in realtà perseguiva e che ha raggiunto, era l'emancipazione dalla maternità, quindi snaturare nell'intimo ciò che di più essenziale e caro caratterizza la donna:
«Il vero diritto di una donna è quello alla maternità: il figlio è il più grande atto d’amore e il suo mistero resta intatto. E’ una bestemmia negare tutto questo in nome di un femminismo che è l’opposto dell’essere femmina, nel senso più alto del termine».

