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Ucraina, Zelensky non ritira i soldati: c’è rischio strage a Pokrovsk

di Maurizio Boni - 03/11/2025

Ucraina, Zelensky non ritira i soldati: c’è rischio strage a Pokrovsk

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Durante un incontro con la stampa avvenuto a Kiev il 28 ottobre, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in risposta a domande sulla situazione delle truppe ucraine a Pokrovsk e Mirnograd, ha smentito qualsiasi accerchiamento. “I nostri combattenti – parola di Zelensky – non sono circondati a Pokrovsk; la situazione è difficile, ma sotto controllo”. Tuttavia, alcune testate giornalistiche non proprio filorusse, come la tedesca Berliner Zeitung o i britannici The Telegraph e, Spectator, riportano nelle loro analisi della scorsa settimana, una situazione decisamente differente. Il titolo di quest’ultimo settimanale è eloquente: “Chi salverà le truppe ucraine a Pokrovsk?” Dove l’autore supplica le autorità ucraine di salvare le truppe lì, piuttosto che lasciarle massacrare come negli accerchiamenti passati, dove i comandanti ucraini, sempre a detta dell’autore, si sono rifiutati di ritirarsi a costo delle truppe.
Il comando militare ucraino non è sempre riuscito a mantenere questo equilibrio, si dice nell’articolo, a volte permettendo che le sue truppe venissero circondate e massacrate piuttosto che ordinare una ritirata tempestiva. Oggi, la stessa scelta tra territori e vite viene fatta a Pokrovsk. Ma a quali precedenti si riferisce l’autore? Nel 2023, durante l’assedio di Bakhmut, Zelensky aveva deciso di difendere le posizioni ad ogni costo, ignorando gli avvertimenti dei consiglieri statunitensi (e del suo stato maggiore) che per settimane avevano cercato di convincere il presidente ucraino che la battaglia era impossibile da vincere. Tra l’altro, il comandante ucraino incaricato della difesa della città, colonnello Pavlo Palisa, aveva dichiarato al Washington Post di non essere mai stato informato dai suoi superiori delle raccomandazioni e delle informazioni dell’intelligence Usa. Il 17 febbraio del 2024 in Germania, alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, dinnanzi a una platea a livello mondiale di sostenitori della causa ucraina, Zelensky aveva detto di aver ordinato alle proprie truppe di ritirarsi da Avdiivka per salvaguardare la vita dei suoi soldati e guadagnare linee difensive più vantaggiose. “La capacità di salvare il nostro popolo è il compito più importante per noi. Per evitare di essere circondati è stato deciso di ritirarsi su altre linee”, aveva affermato. In realtà, la narrativa del rispetto e dell’attenzione alla tutela della vita dei militari è apparsa decisamente strumentale, e rivolta soprattutto al pubblico ucraino. Infatti, nonostante le proteste del generale Valery Zaluzhny, predecessore di Alexander Syrsky, il vertice politico di Kiev non aveva mai accettato l’idea di un ripiegamento in qualunque parte del fronte, sostenendo una lunga serie di battaglie difensive e offensive molto costose in termini di perdite. Il ritiro da Avdiivka è stata la prima rilevante decisione assunta da Syrsky, nominato ai vertici della difesa a seguito della rimozione del troppo cauto Zaluzhny, ma la ritirata ucraina è stata imposta dallo sfondamento russo delle loro linee che ha provocato, il giorno della caduta della roccaforte, ben 1.500 caduti e altrettanti prigionieri, per lo più feriti che non riuscirono a ripiegare.
Poco più di un anno fa, di fronte all’incalzare dell’esercito russo a Ugledar, nel sud del Donetsk, dove le offensive di Mosca ai lati della città avevano determinato il crollo delle linee ucraine, Syrsky, aveva impartito troppo tardi l’ordine di ritirare le truppe dalla città circondata. Secondo alcune indiscrezioni, Zelensky avrebbe ordinato a Syrsky di tenere la città almeno sino alla fine della sua visita negli Usa per evitare che il peggio potesse accadere durante la presentazione pubblica del suo “Piano per la vittoria” all’Amministrazione Biden. Il generale avrebbe obbedito agli ordini lasciando i soldati ucraini alla mercè del fuoco russo. Si tratta di situazioni operative dove un’azione professionale (e morale) tesa a salvaguardare i reparti, a fronte di situazioni militarmente insostenibili, avrebbe dovuto includere il ritiro delle forze, per riorganizzare eventuali difese in profondità. I soldati non dovrebbero mai essere considerati pedine da sacrificare per fini personali o politici, e tantomeno risorse da poter perdere a seguito di valutazioni errate e poco accurate. Quando le vite dei soldati vengono spese in maniera superficiale o manipolatoria, ciò mina la fiducia non solo dei militari, ma anche dei cittadini. E a giudicare da quello che sta accadendo negli ultimi giorni in Ucraina sembra che l’epilogo sia proprio questo.