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Il momento della verità: l'Occidente di fronte ai progressi militari della Federazione Russa

di Thierry Meyssan - 05/11/2025

Il momento della verità: l'Occidente di fronte ai progressi militari della Federazione Russa

Fonte: Voltairenet

Il 26 ottobre il presidente russo Putin e il capo di stato-maggiore Valeri Gerassimov hanno annunciato di aver completato il progetto di miniaturizzazione di una centrale nucleare per installarla su un missile. Hanno dichiarato di aver lanciato un missile 9M730 Bourevestnik a una distanza di 14.000 chilometri. La particolarità di quest’arma a propulsione nucleare, quindi illimitata, è quella di poter essere guidata in modo da aggirare i siti d’intercettazione. Secondo le autorità russe, questo la rende non-abbattibile.

Il 29 ottobre il presidente Putin ha testato un siluro Status-6 Poseidon, pure a propulsione nucleare. Durante il periodo dell’Unione Sovietica i ricercatori militari euroasiatici ritenevano che le esplosioni atomiche sottomarine potessero provocare giganteschi tsunami. Per questo motivo cercavano il modo di lanciare siluri molto più lontano di quanto si riuscisse a fare all’epoca, in modo che i cataclismi provocati non colpissero anche l’URSS. Ora la Russia ha ottenuto questo risultato. Mega-tsunami potrebbero devastare città come Washington e New York, o anche gruppi navali come quelli delle portaerei statunitensi. Ma il siluro Poseideon è molto più lungo degli altri: 21 metri. Quindi non può essere lanciato dai sottomarini attualmente in servizio e abbisogna di una struttura appositamente costruita per il lancio. Il fatto che Poseidon possa muoversi sottacqua quasi all’infinito compensa ampiamente questo svantaggio. In ogni caso, questo siluro garantisce alla Russia la possibilità di sferrare un secondo attacco in caso di offensiva statunitense. Mentre finora la potenza che avesse aperto per prima il fuoco nucleare avrebbe avuto la certezza di privare il nemico dei suoi principali mezzi di risposta.

Nessun’arma è di per sé insuperabile. Tutte si collocano in un continuum di progresso tecnico: vengono superate da altre e presto o tardi finiranno per incontrare scudi o predatori efficaci. Per il momento però non sembra esserci risposta a queste armi né ai siluri né ai missili supersonici russi.

In vent’anni la Russia si è dotata di una serie di nuove armi che superano tutte le tecnologie occidentali.

In Sotto i nostri occhi racconto come la Russia accettò di venire in soccorso alla Siria nel 2012, ma vi si insediò solo a fine 2015. Per quasi tre anni continuò a costruire nuove armi e a testarle nel Levante. Ebbi modo di constatare che disponeva di capacità prodigiose che superavano di gran lunga le prodezze statunitensi della guerra fredda. Naturalmente queste armi erano prototipi, quindi in numero esiguo, ma già allora era chiaro che il dominio occidentale era solo un’illusione.

Ad esempio, la Russia era in grado di neutralizzare i sistemi di comunicazioni militari della Nato. Non si trattava d’interferenze: semplicemente le armi non rispondevano più ai comandi. Per smentire l’incredulità di alcuni osservatori, la Russia estese questo sistema all’intera Siria. E siccome il sistema funzionava su un’area circolare, per due giorni si estese parzialmente a Libano, Iraq e Turchia. Nessun aereo civile poté volare. In seguito Mosca ha installato quest’arma a Kaliningrad e nel Mar Nero.

Anche gli Occidentali testarono numerose armi, per esempio la bomba atomica tattica che devastò il porto di Beirut.

Nel 2018, terminata la guerra di Siria, il presidente Putin presentò al parlamento il proprio programma di armamento [1] che prevedeva la realizzazione di sei super-armi: i missili Sarmate, che escono dall’atmosfera terrestre e vi rientrano quando vogliono, e i missili Kinzhal (pugnale); i lanciatori a propulsione nucleare 9M730 Bourevestnik e Status-6 Poseidon, come detto; i missili Avangard, una combinazione delle caratteristiche dei Sarmate e dei Kinzhal con maggiore manovrabilità; infine i laser antimissile, che però non sono ancora realizzati.

Le armi che negli anni 2010 erano prototipi ora sono operative e sono state prodotte in serie durante la guerra in Ucraina.

La risposta occidentale è stata pressoché inesistente. Solo il presidente degli Stati Uniti, Trump, ha reagito. Si è detto dispiaciuto che l’omologo russo abbia ritenuto opportuno rivelare le proprie prodezze perché ha innescato una ripresa della corsa agli armamenti. Ha inoltre annunciato che gli Stati Uniti riprenderanno i test nucleari. Trump non poteva fare diversamente: deplorare che la Russia rilanci la corsa agli armamenti è un modo per ammettere che la ricerca militare del Pentagono è molto in ritardo e per assicurare che Washington vuole invece la pace. Annunciare la ripresa dei test nucleari significa portare il discorso su un piano diverso perché nessuna nuova arma russa è un progresso in termini nucleari, ma solo in termini di vettori di bombe atomiche. Affermare che è necessario farlo per mantenere la parità con Russia e Cina è una pura e semplice bugia: la Russia non ha effettuato test nucleari dal 1990 e la Cina dal 1996. Inoltre, ci vorranno almeno due anni per ripristinare o ricostruire gli impianti della guerra fredda, quindi per iniziare test. Fino al allora gli Stati Uniti saranno solo «tigri di carta».

Stiamo ormai verso la fine delle ostilità in Ucraina. L’esercito russo sta per ottenere una vittoria decisiva in Donbass. Non solo conquisterà Pokrovsk, ma infliggerà anche la terza sconfitta al führer bianco, Andriy Biletsky: i suoi 10.000 uomini sono accerchiati. Durante la battaglia di Mariupol Biletsky era al comando del battaglione Azov, punta di diamante dei nazionalisti integralisti. Era ancora lui a comandare la battaglia di Bakhmut, alla testa della 3^ brigata d’assalto, nonché a guidare i combattimenti nel Donbass con il 3° corpo d’armata. È improbabile che gli ucraini continuino a proseguire la guerra dopo questa serie di massacri e sconfitte.

Ma il principale obiettivo dell’operazione speciale russa rimane farla finita con i neonazisti. Il 20 ottobre la Russia ha inoltre informato gli Stati Uniti che non intende cedere né sulle concessioni territoriali né sul ridimensionamento delle forze armate ucraine, e nemmeno sulle garanzie che l’Ucraina non entrerà mai nella Nato.

Che lo vogliano o no, gli Occidentali non hanno più scelta. Non hanno assolutamente i mezzi per continuare da soli a fornire armi a Kiev per la guerra contro la Russia. Il piano della Ue di confiscare «a termine» i beni russi bloccati in Belgio e di spenderli già ora potrebbe significare la morte dell’Unione. In ogni caso, Belgio, Slovacchia e Ungheria non parteciperanno a questo furto che persino i nemici della proprietà privata, i sovietici, non hanno mai perpetrato.

Il sogno di grandezza della Ue si scontrerà con la realtà: può continuare questa guerra solo tradendo gli ideali che professa. Del resto è già sprofondata nella follia fingendo di ignorare che l’operazione speciale russa non è una guerra di invasione dell’Ucraina, ma l’applicazione della risoluzione 2202 del Consiglio di Sicurezza. Si è convinta che avrebbe fatto pagare la Russia per i crimini commessi o provocati in Ucraina e che avrebbe giudicato e condannato Putin. Allo stesso modo, negli anni 2010 si convinse che avrebbe fatto capitolare la Siria, giudicato e condannato il presidente Bashar al-Assad e tutto il partito Baas [2].

Tutto questo sta per terminare; in caso contrario l’Ue dovrà impegnarsi direttamente nella guerra contro gli slavi che Regno Unito e Germania vollero nel 1933, la seconda guerra mondiale. Ma gli eserciti della Ue, svuotati dei propri arsenali, non hanno alcuna speranza di resistere più di due giorni. Non si tratta di piegarsi davanti a un nuovo padrone, ma semplicemente di riconoscere i propri errori prima che sia troppo tardi.


Rachele Marmetti

[1] “Il nuovo arsenale nucleare russo ristabilisce la bipolarità nell’assetto mondiale”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 6 marzo 2018.

[2] Il documento di una cinquantina di pagine, redatto dalla squadra guidata dal tedesco Volker Perthes per conto dello straussiano Jeffrey Feltman (numero due dell’Onu), sarà fra breve pubblicato su questo sito.