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Botte da Orbàn

di David Nieri - 23/09/2022

Botte da Orbàn

Fonte: David Nieri

Non nutro grosse simpatie per Pontida, “provincia di Ungheria” (ennesimo ruzzolone elettorale del geniale Letta), né tantomeno per Viktor Orbán. Ma un paio di considerazioni credo siano necessarie.
Prima di tutto, in Ungheria le ultime elezioni parlamentari si sono tenute il 3 aprile scorso. Il risultato non lascia il minimo dubbio: il partito del Viktor Orbán (primo ministro uscente), Fidesz, in coalizione con il KDNP, è stato riconfermato al governo con una maggioranza schiacciante (135 seggi su 199, ovvero più dei 2/3 di quelli disponibili nel Parlamento ungherese); l’alleanza unita d’opposizione, Uniti per l’Ungheria, ha ottenuto solo 57 seggi. Elezioni, dunque, vinte “democraticamente” in un paese che l’Europarlamento non ha esitato a condannare a causa dei suoi “sforzi deliberati e sistematici contro i valori dell’Ue”.
A tal proposito mi preme sottolineare che la democrazia (“forma di governo in cui il potere viene esercitato dal popolo, tramite rappresentanti liberamente eletti”) risponde, appunto, alla volontà popolare. Nessuna sovrastruttura (in questo caso: l’Unione europea) dovrebbe intromettersi sindacando quali “valori” siano democratici e quali no. I “punti della discordia” (dodici in tutto) individuati dai maestri dell’Unione riguardano il funzionamento della Costituzione e del sistema elettorale, l’indipendenza della giustizia, la corruzione, i conflitti di interesse, la libertà di espressione, compreso il pluralismo dei media. Anche la libertà accademica, la libertà religiosa, la libertà di associazione, la parità di trattamento, compresi i diritti delle persone Lgbtiq, i diritti delle minoranze, nonché quelli dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati, sono ritenuti problematici.
Certo, ci sono molti nodi da risolvere e molte criticità nell’elenco sopra citato. Tanto che la Commissione europea ha proposto un taglio del 65% ai fondi di coesione destinati al Paese di Viktor Orbán: 7,5 miliardi di euro in meno e la sospensione dal Pnrr perché Budapest si ostina a violare lo stato di diritto, nonostante le promesse e gli impegni. Il D-Day per l’Ungheria sarà il prossimo 18 dicembre: entro quella data la Commissione valuterà se Budapest avrà mantenuto le promesse e il Consiglio prenderà la conseguente decisione. Di fronte a un’inadempienza dell’Ungheria, il Consiglio potrà anche decidere una sanzione più severa e aumentare la percentuale di fondi bloccati.
All’indomani del giro di vite europeo nei confronti del popolo ungherese, mi sono fatto qualche domanda. Mi sono chiesto, per esempio, che fine abbiano fatto i (tanti) problemi delle “grandi” democrazie che costituiscono l’Unione, a partire dal nostro paese. Dove, tanto per citarne uno, la volontà popolare vale quanto il due di briscola da ben undici anni (non mi sorprenderei se dopo un paio di mesi di un eventuale governo di maggioranza, eletto dopo il 25 settembre, si tornasse ai “tecnici” o quantomeno a una famosa “agenda”). E dove, per non farsi mancare nulla, pure lo “Stato” specula sui propri cittadini cavalcando un caro energia che lui stesso ha contribuito a provocare.
Ma quali sono i “valori” ai quali l’Unione europea tiene così tanto? Mentre dall’altra sponda dell’Atlantico la democrazia addirittura si esporta, nel Vecchio Continente un gruppo di lobbisti decide arbitrariamente quali debbano essere le linee guida alle quali conformarsi pedissequamente, indipendentemente dalla volontà espressa dai cittadini dei singoli stati. Dai temi etici alle armi all’Ucraina fino alla lunghezza delle code di gambero rosa.