Charlie Kirk e il metodo socratico
di Michelangelo Severgnini - 12/09/2025
Fonte: Michelangelo Severgnini
Intervenire sull'omicidio di Charlie Kirk è scelta rischiosa ma credo doverosa.
Ho seguito la sua attività pubblica attraverso video su YouTube per un periodo, nella primavera-estate del 2023.
Ricordo allora feci questo pensiero: Trump rivince le elezioni.
Chiariamo subito: nell'approcciarmi al personaggio, scompongo il suo lavoro in "pars construens" e "pars destruens".
Scarto subito la prima, che ho rigettato non appena si affacciava nei suoi discorsi.
Non solo ho idee diverse, spesso opposte, ma credo che nel momento delle proposte, il suo stesso metodo lasciasse il passo ad un certo identitarismo romantico conservatore, anziché rimanere saldo ai principi del pensiero critico.
Ma nella "pars destruens", ossia nel momento di mettere in crisi la propaganda e la vuota retorica dell'avversario, Charlie Kirk è stato un coraggioso e appassionato giovane maestro.
Coraggioso, perché ai tempi si presentava con dei piccoli gazebo nei Campus universitari, cercando il confronto e ricevendo insulti da una folla di studenti che si assiepava intorno a lui (i video sono ancora tutti su YouTube). Pur tuttavia, non perdeva la calma e con il sorriso cercava il dialogo ad oltranza, a dispetto delle provocazioni.
Appassionato, perché a 30 anni, piazzarsi nei Campus universitari americani oggi, sfidando l'onda di conformismo pink-pal-black-climate non con l'arroganza, ma con il metodo socratico del confronto, cercando di aprire gli occhi (secondo lui) a gente poco più giovane, significa credere nelle cose che si fa e nel potere del dialogo.
Maestro, perché ha saputo applicare il metodo socratico, appunto, in maniera così rigorosa da mandare in frantumi le certezze di schiere di giovani studenti indottrinati.
Questa era la parte che più interessava.
Perché in quel periodo, in quei mesi era in corso il tour con il film "L'Urlo", mi ritrovavo spesso in situazioni analoghe: l'uno contro tutti (o quasi tutti).
E il metodo socratico era l'unico modo per uscirne vivo, sempre che mi dessero la parola, benché ospite, per replicare.
Memorabile fu quando fui accusato, durante un dibattito, di essere un "cis-bianco" e in quanto tale di non essere autorizzato a fare certe affermazioni.
Per chi fosse rimasto indietro, "cis-bianco' nella neolingua significa uomo di pelle bianca che si ritrova all'interno dell'identità sessuale biologica di nascita.
Ecco, per dire. Il lavoro di Charlie Kirk in quel periodo era oro. Uno che chiedeva ai suoi giovani interlocutori, in pubblico: 'Definiscimi il concetto di donna". E quelli rispondevano: 'Donna è chi si sente donna". E lui ancora: "Ma come può uno sentirsi una cosa che non sa definire?".
Nel decostruire la vuota retorica dell'ideologia gender e derivati, Kirk è stato un giovane maestro.
Nei suoi simposi un'intera falsa ideologia perdeva la maschera per rimanere nuda per quel che è: vuota retorica, parole al vento, mantra ipnotici per l'addormentamento delle masse.
L'inconsistenza semantica dell'argomentazione Lib-Dem, quelle che io da anni chiamo "narrazioni fiabesche", ridotta a mera sequenza di parole vuote che non superano la prova della realtà.
Un'ipnosi collettiva che ha investito milioni di giovani nel mondo per decenni e che oggi sta divorando dall'interno la capacità critica delle nostre società occidentali, a beneficio di quei filantropi che l'hanno finanziata che potranno disporre di tanti bei burattini.
Come detto in apertura, non mi sono mai particolarmente addentrato nella "pars construens" di Charlie Kirk.
Qualcuno dirà: "sì, ma lui era un....".
Quel che volete. Non mi interessa.
Aveva trovato le armi giuste per combattere questa dittatura del pensiero.
Ed è per questo che è stato fatto fuori.