Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Davanti a un bivio

Davanti a un bivio

di Luciano Fuschini - 25/04/2020

Davanti a un bivio

Fonte: Il giornale del Ribelle

Ci sono situazioni in cui l’inautenticità del chiacchiericcio quotidiano, esplorata magistralmente da Martin Heidegger, lascia il posto al dovere di scegliere fra le opzioni fondamentali, quelle che definiscono una direzione esistenziale. Covid-19 ci costringe a questa messa in discussione, ci porta al bivio in cui bisogna scegliere una o l’altra strada. Queste sono le situazioni in cui viene messo alla prova il valore degli individui, delle civiltà e dei loro gruppi dirigenti.
La responsabilità di chi guida una comunità esige che, dopo la doverosa consultazione dei competenti, la politica decida in modo netto. Ora, i competenti, nel caso specifico la scienza medica, ci dicono che il virus è estremamente contagioso, tanto che potrebbe già avere infettato gran parte della popolazione; che un’alta percentuale dei contagiati non si accorge neppure di esserlo; che in un’altra alta percentuale si presenta come una normale influenza: gola infiammata, tosse secca, febbre intorno ai 38 gradi: in genere si guarisce nel giro di qualche giorno, senza tante complicazioni; che in una piccola minoranza giunge a minacciare i polmoni, tanto da richiedere il ricovero ospedaliero; che in una percentuale di questa minoranza, in massima parte persone molto vecchie o già debilitate da gravi malattie, porta alla morte. Le eccezioni confermano la regola.
È doveroso ascoltare questi esperti, anche se non fanno bella figura quando dissentono fra loro, o parlano di crescita esponenziale dei contagi mentre la crescita è sempre stata lineare e mai esponenziale,  quando non danno mai la percentuale dei morti in rapporto alla totalità della popolazione, percentuale che, a differenza di altre drammatiche epidemie, non va oltre lo zero virgola zero e qualcosa per cento, e quando negano che ci possa essere immunità di gregge ma sostengono, forse per interessi con le Case farmaceutiche, che l’unica efficacia è quella del vaccino, senza rendersi conto della clamorosa contraddizione. Ascoltati i competenti, la politica si trova davanti a due scelte fondamentali, a una delle quali sono riconducibili le diverse ipotesi di mezze misure. Entrambi i corni del dilemma coinvolgono valutazioni non solo di ordine sanitario ed economico, ma altresì di ordine politico, valoriale e morale.
La prima scelta consiste in questo: considerare la difesa di ogni vita il valore assoluto, al quale subordinare ogni altra considerazione; orientare gli sforzi affinché il servizio sanitario non sia sopraffatto dalla quantità dei contagi; a tal fine ordinare una rigida quarantena; rimandare a un domani imprecisabile la soluzione dei problemi economici e del disagio psichico e organico indotto nei cittadini costretti alla clausura; confidare in un vaccino per affrontare il rischio del rinnovarsi dell’epidemia per più anni di seguito; utilizzare i media per convincere le persone ad adottare i comportamenti corretti, anche stimolando emotivamente la solidarietà verso gli eroici sacrifici del personale sanitario e mettendo in evidenza la modalità di una morte fra i rantoli di un’agonia che impedisce il respiro.
La seconda scelta consiste in questo: convivere col virus, privilegiando l’interesse del corpo sociale nel suo complesso rispetto alla difesa della vita di una piccola minoranza; considerare che la bancarotta dello Stato quale esito probabile di una prolungata clausura comporterebbe la disperazione di milioni di individui e il suicidio di migliaia; considerare le conseguenze negative della clausura coatta sulla salute mentale e fisica della popolazione; consentire la circolazione del virus in modo che la grande maggioranza della popolazione ne sia contagiata, quasi sempre in modo non grave, e maturi un’immunità di gregge analoga al vaccino o più efficace onde affrontare senza grandi rischi un nuovo assalto dell’epidemia; considerare che tante categorie di lavoratori rischiano la vita: i vigili del fuoco quando ci sono grandi incendi e fughe radioattive, i poliziotti quando devono arrestare bande armate di rapinatori, gli operai che lavorano fra macchinari mobili o in ambienti malsani, i muratori che operano su tetti e impalcature: anche il personale sanitario corre i rischi del mestiere quando ci sono epidemie; considerare che tutti gli anni ci sono migliaia di persone che muoiono per infezioni contratte negli ospedali e per le conseguenze di normali influenze che sfociano in gravi polmoniti: anche in quei casi si muore rantolando ma le TV non ne parlano quotidianamente ed enfaticamente.
Quasi tutti i governi si sono orientati per la prima scelta. Anche chi aveva accennato alla seconda ha fatto un rapido dietro-front quando si è reso conto che ci sarebbero state forse centinaia di migliaia di morti.
Quando si parla di scelte esistenziali fondamentali, bisogna sfrondarle di tutti i dettagli per isolarle nel loro nucleo essenziale, secondo il metodo della riduzione fenomenologica di Edmund Husserl. Allora la prima scelta si riduce a questo: fiducia assoluta nella scienza per esorcizzare i fantasmi del dolore e della morte. La seconda scelta è essenzialmente questa: accettazione stoica e fatalistica della realtà del dolore e della morte, facenti parte della vita, confidare nelle difese immunitarie naturali più che nelle medicine e freddo calcolo razionale di ciò che più conviene ai fini della preservazione della comunità nel suo complesso.
Individui, civiltà ed élite forti e vitali avrebbero scelto la seconda opzione. Non potevamo aspettarci che lo facesse il personale politico più squallido che la storia recente ricordi.
Tuttavia non si deve ritenere che coloro che guidano le sorti del mondo siano soltanto dei mediocri che pensano unicamente alle elezioni più vicine. I veri capi sanno quello che vogliono e sanno valutare ai loro fini le occasioni che vengono anche dagli imprevisti. I veri capi sono i magnati della finanza apolide, i manager delle grandi imprese multinazionali e i responsabili dei maggiori servizi segreti. Per costoro, che probabilmente sapevano che la guerra commerciale, i debiti pubblici e gli scompensi della finanza avrebbero messo fine alla globalizzazione e creato le condizioni per rivolte popolari contro il sistema, il virus è il pretesto per prevenire e deviare il malcontento. Inoltre l’epidemia è l’occasione per un esperimento di controllo totale delle popolazioni, perfettamente riuscito. Si è dimostrato che chi controlla i media più diffusi e attraverso di essi instilla la paura nella popolazione, può ottenere ciò che vuole, annullando con estrema facilità le libertà costituzionali. Le poche voci dissenzienti sono facilmente messe a tacere. Gli strumenti della tecnologia informatica permettono un dominio sugli individui quale nessun totalitarismo del passato aveva osato. Abbiamo visto innocui cittadini che correvano su spiagge deserte individuati da droni o elicotteri e braccati immediatamente dalla polizia. Abbiamo saputo di una madre multata di 400 euro perché aveva accompagnato i suoi due bambini a giocare in un campo, lontano da ogni assembramento. Ebbene, la reazione dei commentatori è stata questa: hanno fatto bene a punirli, le regole vanno rispettate, basta con i furbetti. Che gli ordini vadano eseguiti senza discutere era anche la giustificazione dei gestori dei lager.
Molti degli attuali controlli resteranno, come sono restati quelli introdotti per combattere il terrorismo. Una App sugli smart che permette di localizzare passo per passo i movimenti di ognuno sarà praticamente imposta, pena la rinuncia a una serie di servizi. Il più onnipervasivo dei totalitarismi è la vera minaccia che si profila.