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Decostruire i decostruttori. La Scuola di Francoforte

di Roberto Pecchioli - 21/06/2025

Decostruire i decostruttori. La Scuola di Francoforte

Fonte: Ereticamente

Nessun movimento culturale ha avuto nel XX secolo l’influenza dell’Istituto di Ricerche Sociali, la Scuola di Francoforte fondata nel 1922 in Germania ed emigrata negli Stati Unti a seguito della presa del potere nazista. Nessuna delle parole scritte sui francofortesi riassume l’esito delle idee diffuse dal gruppo di intellettuali neomarxisti di origine ebraica e dallo stile di vita alto borghese, meglio della definizione di Gyorgy Lukacs: Grand Hotel Abisso. Il filosofo ungherese marxista tosto partecipò agli inizi della scuola per conto del regime sovietico da poco al potere. Per lui i francofortesi vissero in una lussuosa suite del Grand Hotel Abisso, da cui contemplavano il vuoto che avevano creato, la crisi che stavano accelerando, seduti in comode poltrone “tra pasti eccellenti e intrattenimenti artistici”.
Tutti i componenti dell’IRS erano israeliti. Ebbero in comune il giudaismo come contesto familiare, il messianismo e l’utopia di un mondo senza frontiere come orizzonte metapolitico. Un grumo di ebrei non credenti, Max Horkheimer, Theodor W. Adorno, Walter Benjamin, Herbert Marcuse, Henryk Grossmann, Leo Loewenthal, Siegfried Kracauer, Erich Fromm, Friedrich Pollock, Franz Leopold Neumann. La scuola di Francoforte fu il tentativo, coronato da successo, di rimodellare il marxismo, declinandolo in senso individualista e libertario. La libertà collettiva si poteva realizzare per Marx solo nel superamento della proprietà privata con la lotta di classe del proletariato. La libertà di Francoforte sfumò in liberazione individuale, la dimensione collettiva si sfarinò nel soggettivismo più estremo e la critica alla società capitalistica divenne censura implacabile dell’intera civiltà europea. Tutto da cattedre ben retribuite. Innestarono nel pensiero rivoluzionario occidentale Sigmund Freud e la psicoanalisi, comprendendone la portata distruttiva, tra sociologia, psicanalisi e marxismo declinato in chiave individualistico emancipatrice, con qualche spruzzata di irrazionalismo.
Il fallimento del marxismo era per i francofortesi provato dallo scarso interesse del proletariato per la rivoluzione. L’operaio aspira innanzitutto a farsi benestante, ed quindi paradossalmente conservatore. La dimensione economica marxista, il, rifiuto della proprietà privata non li convincevano, specie Friedrich Pollock, che sviluppò i concetti di pianificazione e capitalismo di Stato, fornendo l’arsenale concettuale che permise di separare le concezioni generali sulla società dalle idee economiche del marxismo classico. Occorreva rintracciare nuovi soggetti rivoluzionari. L’ IRS compì un ardito gioco di prestigio, sostituire la lotta sociale con quella generazionale – la guerra contro i padri – attraverso la contestazione globale della civiltà occidentale. Successivamente le nuove leve rivoluzionarie sarebbero state individuate nelle minoranze sociali, etniche, sessuali.
La chiave fu il concetto di liberazione, sulle piste del pansessualismo con dosi di follia di Wilhelm Reich e della lettura “sociale” di Fromm della psicanalisi. La rivoluzione raggiungeva la sfera intima, passando dal materialismo dialettico della società redenta dall’ abolizione della proprietà privata alla liberazione dai vincoli. Quelli religiosi, poi quelli della famiglia, di cui Herbert Marcuse descrisse la “desolazione”, gli usi e costumi, le appartenenze, i legami sociali e quelli comunitari. Con l’aiuto di Freud, Francoforte organizzò l’omicidio perfetto, la morte del Padre, celeste e biologico, il pater familias. Lo sbocco fu il soggettivismo assoluto. I testi dal maggiore peso distruttivo furono La Personalità Autoritaria di Adorno, L’uomo a una dimensione e Eros e Civiltà di Herbert Marcuse, vangeli del Sessantotto, rivoluzione intraborghese.
L’elemento centrale per frantumare il “mondo di ieri” fu la critica durissima al principio di autorità. Da quella spirituale a quella paterna, passando per la politica, la filosofia e l’arte. Adorno ne La Personalità autoritaria introdusse delle “scale” con cui piazzò dinamite sotto ogni principio: la scala F, il fascismo potenziale che dorme in ciascuno di noi, la scala A-S per l’antisemitismo, E per l’etnocentrismo, PEC per i tratti del conservatorismo politico economico. Affondata ogni autorità, restano due possibilità estreme: l’individualismo senza confini e il nichilismo che amministra l’ultima verità rimasta, l’assenza di verità. Dal relativismo al nichilismo chiuso nel Sé. Negata validità alla civiltà, non resta che un presente puntinista, la mens instans di Leibniz. Con l’abolizione del passato, sottoposto all’impietoso tribunale del presente, posta al centro la categoria di progresso (più di ieri, meno di domani), si spegne la tensione verso lo spirito. Francoforte fu anche responsabile del tramonto della forma nell’arte. Scrive Adorno: “l’arte moderna produce verità solo attraverso la negazione della forma estetica tradizionale e delle norme tradizionali di bellezza”. L’arte decade da intuizione compiutamente espressa (B. Croce) a bizzarria creativa, ricerca dello stupore, gesto ad effetto. Una prestazione tra le tante, nonostante l’alto là di Marcuse alla società “performativa”. Esauriti i canoni dell’arte e della bellezza, soggettivi come tutti gli altri, si finisce nell’ happening, l’attimo liberatorio fine a se stesso .
I francofortesi hanno forgiato, sulle ceneri del comunismo burocratico e sulle macerie borghesi, l’Occidente contemporaneo da cui Dio è fuggito dopo aver perso la “D”, e Noi sfuma in milioni di atomi diversamente identici. La liberazione soggettivizzata ha creato una società decomposta e avvizzita – idee, valori, identità, impegni sempre revocabili a capriccio – che sopravvive in un totalitarismo inedito, fondato sull’adesione a parole d’ordine apparentemente emancipatrici, in realtà obbligatorie, pena l’esclusione sociale e l’espulsione dal presente, nuovo idolo dell’uomo a una dimensione, il cui orizzonte è Eros e il cui topos è Oggi. Marcuse ne fu l’ ispiratore nel richiamo alla liberazione sessuale, all’abbandono della famiglia, alla denuncia della società repressiva, nell’ idea di “grande rifiuto” che affascinò milioni di giovani. Rifiutare è il primo passo di ogni idea nuova, ma quello successivo è il progetto, l’alternativa. Immaginazione abortita per eccesso?
Mancò completamente la pars construens, per questo fu Grand Hotel Abisso. Tutto sfociò in anarchismo parolaio, nella decostruzione come unico fine, nei paradisi artificiali, le droghe destinate a estendere e trasportare I’ Io oltre se stesso. Conosciamo bene il ruolo decisivo degli apparati riservati americani nel diffondere l’uso di certe sostanze per indebolire le generazioni e plasmare “l’uomo a una dimensione”. Marcuse smascherò peraltro la “tolleranza repressiva” delle società politiche occidentali, la tendenza a far coincidere progresso tecnologico ed emancipazione. Affermò l’impostura delle società democratiche che rendono impossibile ogni forma di opposizione. L’ incipit dell’Uomo a una dimensione è “una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non libertà prevale nella civiltà industriale avanzata, segno del progresso tecnico”. La dimensione unica è oggi pienamente realizzata nella società neoliberale, ultra libertaria nell’esteriorità, repressiva e totalitaria verso ogni modello non conforme all’idea del consumo e dell’immediato.
La soluzione francofortese alla “società amministrata” (Horkheimer) è tuttavia peggiore del male: la liberazione attraverso l’Eros, la negazione generale del principio di autorità, i paradisi artificiali, la chiusura nella dimensione soggettiva. Esattamente ciò che serve al neo capitalismo per perpetuare il suo dominio. Eterogenesi dei fini o forse no, dal momento che i quattro cavalieri dell’Apocalisse, Adorno, Marcuse, Horkheimer, Fromm, non avrebbero avuto dal sistema onori, prebende e prestigiose carriere se ne fossero stati avversari. Le idee di Francoforte sono divenute potere, senso comune, persino obblighi. Sono il pregiudizio universale d’Occidente.
Il trait d’union tra la filosofia postmoderna e l’origine marxista della Scuola di Francoforte è la matrice psicanalitica, tipica dell’Europa germanofona del primo dopoguerra, lo sfondo magmatico nel quale le tesi di Sigmund Freud sulla repressione pulsionale appassionavano i salotti non meno di quelle di Marx sull’ alienazione, fattore repressivo della classe operaia. La sovrapposizione e commistione tra i due ambiti fu inevitabile. Marx aveva annotato come “la svalorizzazione del mondo umano cresce in rapporto diretto con la valorizzazione del mondo delle cose” descrivendo tale processo come “estraniazione”. L’idea della merce, prodotta dall’operaio stesso, che finisce per schiavizzare il suo creatore, disumanizzato quanto più le dedica tempo ed energie, ebbe una presa radicale sui Francofortesi, i quali spostarono l’asticella della critica, da solo economica che era, all’ intera impalcatura sociale. L’alienazione del lavoro non era l’unica estraniazione a cui l’uomo era soggetto; di qui l’attacco forsennato al principio di autorità, statale, religiosa, padronale, familiare, culturali. Condizioni di dipendenza che producevano il masochismo, tematizzato da Erich Fromm.

Nella sua visione la famiglia ha un ruolo precipuo nella creazione dell’idea di potere “morale”. Il bambino si abitua a considerare i genitori eroici ed indiscutibili, ed a riprodurne le condotte. Il trauma della crescita, il riconoscimento della natura debole dei genitori, non fa che traslare l’aura di eroicità e indiscutibilità, dunque di moralità, dall’autorità familiare all’ autorità sociale per antonomasia, lo Stato. Di qui l’esigenza di ribaltare l’intera struttura familiare, lanciando la sfida di una pedagogia “esclusivamente al servizio dello sviluppo del bambino”, per attuare “l’evoluzione della sua personalità complessiva”. Con questa dichiarazione di guerra cominciava la detronizzazione del padre. L’opera centrale fu la ricerca collettiva dal titolo La personalità autoritaria, pubblicata nel 1950. La tesi centrale di Adorno – ispiratore del testo – era che l’autorità produce “tendenze antidemocratiche” – il cosiddetto fascismo potenziale – le quali si manifestano attraverso disvalori, atteggiamenti, opinioni provenienti da strati profondi della personalità. Evidente è il debito con il freudismo. Sradicare queste tendenze della personalità avrebbe consentito di abbattere per sempre qualunque tendenza al fascismo, all’etnocentrismo ed al conservatorismo, economico e religioso, i nemici assoluti.
Adorno costruì la trama ideologica su cui si regge il progressismo trionfante, all’ombra dei padroni della società di mercato. La demonizzata personalità autoritaria non è che la capacità di trasmettere informazioni, giudizi, comportamenti, base della riproduzione sociale e della civiltà stessa. L’esito è disastroso: nuovi autoritarismi incombono, ma l’opera di dissoluzione del passato, l’annullamento del “mondo di ieri” ha prodotto una personalità fragile, insicura, affezionata all’apparenza della libertà, nemica di tutto ciò che è permanente, stabile, impegnata in un gioco senza inizio e senza fine. Adolescenti che non crescono mai, estenuati da interminabili dispute sul nulla, la cui conseguenza è l’assenza di decisione, l’orrore per la responsabilità, il respingimento di tutto ciò che rende consapevoli. Restare indefinitamente adolescenti rende uomini e donne incompiuti in una fase temporanea dell’esistenza, una condizione temporanea, una scena nel film della vita. Generazioni che non maturano mai. A cui si attaglia un verso della Vita è sogno di Calderòn de la Barca: nada me parece justo, en siendo contra mi gusto. Niente mi sembra giusto se non mi piace.
Vietato vietare fu lo slogan più fortunato del Sessantotto, la rivoluzione che ha prima dissanguato, poi scarnificato la civiltà occidentale. Pronunciato a Radio Lussemburgo, urlato e scritto innumerevoli volte nell’ambito degli eventi “situazionisti” – una delle mode dell’epoca – è uno di quegli enunciati senza senso che diventano iconici, sino a trasformarsi in simboli. Una civilizzazione priva di proibizioni, limiti, autorità riconosciute, punti di riferimento, è destinata a scomparire. La civiltà, come la natura, ha orrore del vuoto. Rifiutate senza appello tutte le fonti, gettate nella spazzatura di una storia che si disfa di se stessa, le sorgenti si sono disseccate. La nostra epoca è segnata da una singolare siccità dovuta alla dispersione. Risultato, la fine della durata, l’avvento del provvisorio e dell’ubiquità iperveloce, il dominio dell’istante. Un altro slogan del Sessantotto, stagione dell’happening a tempo indeterminato, della vacanza permanente, della distruzione sedicente creativa fu “l’immaginazione al potere”. Lo coniò Herbert Marcuse: la filosofia deve appellarsi all’immaginazione, poiché la ragione e il linguaggio non sono in grado di superare la realtà e opporre il “grande rifiuto”. Marcuse, attraverso la rilettura della psicanalisi di Freud sviluppata in Eros e Civiltà, individuava nel principio di piacere la fonte della liberazione attraverso l’immaginazione, componente primaria della libido e dell’eros. 
L’influenza della Scuola di Francoforte fu enorme nella decadenza della civiltà europea e occidentale, in particolare attraverso il lungo, metodico attacco sferrato al principio di autorità, che detronizzò la triade su cui era fondata la visione del mondo europea: Dio, patria e famiglia. Le tre autorità sconfitte, insepolte, guardano dal basso il cammino del gambero della nostra estenuata civilizzazione. Decostruito e destituito il principio di autorità, enfatizzata un’immaginazione soggettiva senza vincoli e direzione, intronizzato, al posto del principio di realtà, il freudiano lust prinzip (principio di piacere) si scatenano le forze infere, istintuali ed immediate. Pochi apparati di pensiero hanno lavorato con più lena a produrre macerie, rafforzando il nichilismo in ogni ambito culturale ed esistenziale.
Il percorso critico, filosofico e pratico dell’IRS è stato coerente lungo una linea in cui, muovendo da posizioni marxiste ortodosse, attraverso la psicanalisi di Freud e la contestazione “dialettica” dell’Illuminismo e della Ragione, ha perseguito un obiettivo nichilistico, nell’interesse oggettivo – usiamo il termine nell’accezione marxiana – del capitalismo libertario, dominus della “società aperta”. Un trionfo rovinoso che ha trascinato con sé la fine delle certezze, delle religioni, dell’etica, dell’estetica. Il nichilismo segna l’insensatezza della vita anonima di atomi che si credono sovrani, “assoluti”, sciolti da autorità, appartenenze, principi comuni. In termini freudiani, vietato vietare e l’immaginazione al potere significano l’egemonia dell’Es e la messa in liquidazione del Super Io. L’ Es è l’espressione psichica dei bisogni pulsionali, il serbatoio caotico e turbolento degli istinti. E’ governato dal principio di piacere, inconscio, privo di logicità, pensiero astratto, moralità. Con esso Freud designa la parte oscura della mente, sorgente di energie non organizzate che fluiscono in una dimensione atemporale, il piano che opera al di fuori delle categorie logiche e da ogni nozione di valore, di bene, di etica. Il Super-Io rappresenta l’interiorizzazione dei codici di comportamento, dei divieti e degli schemi di valore (bene/male; giusto/sbagliato; buono/cattivo) che il bambino riceve dai genitori. E’ l’insieme dei modelli, dei divieti e dei comandi, la coscienza, l’ autorità interiore che giudica, organizza, frena.
La sconfitta del Super-Io, la messa in disparte della dimensione alta, morale e spirituale dell’uomo, a favore della riduzione a puro istinto, rivalutato come sorgente di energia vitale e di equivoca libertà, non potevano che condurre al soggettivismo, al predominio dell’astratto, all’anomia, la regressione a uno stadio primitivo, esaltato come liberatorio, espressione dell’inesistente “buon selvaggio” di Rousseau corrotto dalla società. Vietato vietare, destituire ogni autorità, uccidere il padre sono gli atti di chi sega l’albero della civilizzazione, faticosa conquista dell’homo sapiens. Sapiens, infine, di che cosa? La sapienza è per natura trasmissione, giudizio che distingue il bene dal male, il vero dal falso. Lo spirito del Sessantotto, l’anno in cui la civilizzazione occidentale ha rigettato se stessa, diventa il segnale d’inizio della “dialettica negativa”, titolo di un’opera di Theodor W. Adorno; “pensiero negativo” è chiamato da Marcuse il percorso delle sue riflessioni. Nel Faust Mefistofele il diavolo dice di sé. “Sono lo spirito che sempre nega! E questo con ragione; dato che tutto quello che sorge o nasce, ha valore che vada a fondo; quasi meglio sarebbe che nulla sorgesse o nascesse. Così dunque tutto ciò che voi, peccato o distruzione, in breve chiamate male, è il mio vero elemento”.
Dialettica dell’Illuminismo fu scritto da Adorno e Horkheimer negli anni americani. Come negli Studi sull’autorità e la famiglia, è evidente, con quella di Marx, l’ influenza di Freud, al quale gli autori si ispirano per spiegare il processo di interiorizzazione dell’autorità trasmessa al bambino attraverso la figura paterna. La società, fonte di repressione, è una totalità in movimento che si manifesta attraverso l’istruzione e la famiglia. Si delineano due tendenze della “teoria critica” francofortese: l’avversione assoluta verso il fascismo, considerato non un fenomeno storico, ma un’ invarianza autoritaria atemporale che attraversa l’intera storia umana, e verso l’antisemitismo, categoria assoluta del pregiudizio.
Fascismo e autorità diventano sentine di ogni nefandezza, mali totali a cui ricondurre ogni obiezione al progresso e alla liberazione, concetti a priori, mai definiti compiutamente, che permettono di applicare un’etichetta di infamia e regressione a idee, comportamenti, visioni del mondo non conformi. Quella francofortese fu una trasvalutazione di tutti i valori dal sapore nicciano, priva dell’intensità visionaria dell’autore di Zarathustra, orientata alla costruzione di un paradigma in cui l’autorità è sostituita dall’immaginazione, e la razionalità diventa una gabbia mentale. La libertà è sostituita dalla liberazione, emancipazione da qualunque vincolo etico, comunitario, valoriale, familiare, spirituale; la morale da un informe scatenamento degli istinti, dei desideri, delle scelte individuali insindacabili; la verità è sostituita dall’opinione, il diritto da regole momentanee, transeunti, variabili. L’autorità del presente, del desiderio, del capriccio. Ciò che era solido si trasforma in liquido; privo di forma, acquisisce quella del contenitore. Dispersa l’autorità, ucciso per la seconda volta Dio – la prima, a opera di Nietzsche, fu piuttosto un estremo appello per richiamarlo in vita – ridicolizzato il Padre, attribuita alla casualità l’appartenenza a una comunità e a una patria, revocabile ogni ascrizione familiare, politica, sentimentale, l’autorità è dissolta. “La bussola va impazzita all’avventura e il calcolo dei dadi più non torna” (Eugenio Montale). Il potere, nondimeno, resta, anzi, si rafforza, sciolto dal cemento delle idee, dei costumi, dei principi comunitari, delle tradizioni, della trascendenza, liberato dal Super Io e da ciò che “trattiene”, il katéchon che difende i limiti.
Ne La personalità autoritaria sociologia, antropologia, filosofia della storia, ideologia, si uniscono in un progetto di estirpazione delle radici. Dopo l’inizio filosovietico, l’IRS si costituì in strumento critico dell’autoritarismo e del conservatorismo, il cui humus fu la Germania sconfitta, il bollente calderone di marxismo, psicologismo e sociologismo del rovinoso esperimento della Repubblica di Weimar. La vittoria di Hitler costrinse all’esilio Horkheimer, Adorno e Marcuse, che ripararono a New York. Fu allora che i francofortesi divennero collaboratori dei servizi riservati americani. Questo fatto, taciuto dalla cultura ufficiale, mostra che la contestazione avveniva con il consenso del potere. Scrisse la Executive Intelligence Review: “nel 1942 l’Istituto stipulerà un contratto congiunto dell’American Jewish Committee (Comitato Ebraico Americano) e del Jewish Labor Committee (Comitato Ebraico del Lavoro) per allargare l’ impegno sull’autoritarismo, con attenzione particolare al successo del nazismo. In breve l’Istituto diverrà il dipartimento di ricerca dell’American Jewish Committee, prima del reclutamento di alcuni nel dipartimento di ricerca dell’OSS (ora Cia) e nel Dipartimento di Stato”.
Il passaggio significò un cambio di tattica: abbattuto il fascismo dall’alleanza tra il liberalismo e lo stalinismo, l’autoritarismo prendeva la forma dell’Unione Sovietica e del conservatorismo in Occidente. L’ideologia francofortese andava orientandosi verso la critica radicale delle norme sociali e il freudo-marxismo divenne un’ arma contro il patriarcato e l’autoritarismo. Adorno spiegava così l’obiettivo della Personalità Autoritaria: “L’impresa è paragonabile a quella dell’eliminazione della nevrosi, della delinquenza o del nazionalismo. Sono prodotti dell’organizzazione globale della società e possono essere modificati soltanto se la società è cambiata. Qui può giocare il suo ruolo più importante la psicologia. Non dobbiamo supporre che l’appello all’emozione appartenga a coloro che si dirigono verso il fascismo, mentre la propaganda democratica dovrebbe limitarsi alla ragione e alla moderazione. Se la paura e la distruttività sono le principali fonti emozionali del fascismo, l’eros appartiene alla democrazia”. L’erotizzazione/psichiatrizzazione della politica sarebbe riuscita a rovesciare la percezione delle norme sociali nelle giovani generazioni. La libertà sessuale fu uno dei punti di forza del Sessantotto e l’erotizzazione divenne il distintivo delle società occidentali, chiarissima oggi negli sviluppi di alcuni filoni femministi, nella teoria gender e nell’omosessualismo.
I tratti anarcoidi che caratterizzano l’attualità politica hanno origine nel freudo-marxismo francofortese che ha trasformato il fascismo in epitome dell’autoritarismo. La traiettoria è coerente con l’originale ideologia rivoluzionaria: un percorso che inizia negli anni Venti, continua nell’antifascismo e antistalinismo negli anni Trenta, poi nell’ esilio americano a sostegno della potenza globalista contro l’Unione Sovietica. I francofortesi passarono dal Komintern alle università americane, pagati per diffondere una critica radicale, distruttiva, volta a minare le basi della società. Ciò di cui la Scuola di Francoforte accusava il comunismo erano lo stalinismo e l’autoritarismo, tendenze che hanno frenato lo smantellamento delle nazioni originariamente previsto. Il fallimento della rivoluzione e la persistenza autoritaria spinsero a cercare nuove forme per la rivoluzione permanente contro le strutture sociali tradizionali.
La sconfitta del socialismo spinse il messianismo rivoluzionario a riconfigurarsi. Senza i francofortesi, non vi sarebbe stata la rivoluzione culturale del Sessantotto, l’anno in cui, partiti dall’università americana di Berkeley, si diffusero rapidamente i fuochi della cosiddetta contestazione, culminati nel Maggio francese. La civiltà occidentale iniziò una crisi diversa da ogni altra. Le società del passato hanno cambiato le loro istituzioni sociali e le loro credenze religiose sotto l’influsso di forze esterne. Nessuna ha dovuto affrontare un cambiamento totale delle convinzioni e delle istituzioni. Continua fu la battaglia dell’IRS contro la religione, nella convinzione che il credente non ha la disperazione e l’ alienazione necessaria per volere prima, provocare poi la rivoluzione.
Occorreva minare l’eredità cristiana: a tale fine applicarono la critica distruttiva a ogni sfera esistenziale per destabilizzare la società e abbattere l’ordine “oppressivo”. I francofortesi raccomandavano un’agenda che si sarebbe concretizzata dopo la fine del comunismo con l’alleanza tra il post marxismo culturale e il capitalismo oligarchico. Vi figuravano l’ossessione per il razzismo; il cambiamento incessante per determinare confusione; l‘insegnamento del sesso e dell’omosessualità ai bambini; l‘indebolimento dell’autorità della scuola e degli insegnanti; l’immigrazione per distruggere l’identità dei popoli; la promozione del consumo di droghe e alcolici; la propaganda anticristiana; la creazione di un ordinamento giuridico lassista che non tutela le vittime del crimine; la dipendenza generalizzata dallo Stato; il controllo dei mass media; l’ incoraggiamento del divorzio; l’utilizzo dei concetti freudiani di pansessualismo e ricerca del piacere; lo stravolgimento conflittuale delle relazioni tra uomini e donne. 
I francofortesi attaccarono l’autorità paterna, negarono i ruoli di padre e madre; strapparono alle famiglie il ruolo educativo dei figli; considerarono le donne una classe oppressa, e gli uomini gli oppressori. La teoria critica insegna che la personalità autoritaria è un prodotto della famiglia patriarcale. L’ esito è distruggere l’istituzione familiare. Tutto ciò preparò il terreno per la guerra contro il sesso maschile dagli anni Sessanta sotto le insegne della liberazione della donna e della nascente “nuova sinistra”. Nel 1933 Wilhelm Reich, allora membro dell’IRS, scrisse che il matriarcato era l’unico tipo di famiglia in una “società naturale”. Posizioni analoghe espresse Fromm: la mascolinità e la femminilità non sono diversità “essenziali”, ma derivano “dai diversi ruoli nella vita socialmente determinati”. I progetti di ingegneria sociale francofortese furono sostenuti anche da Bertrand Russell. “L’importanza della psicologia è stata enormemente aumentata dai moderni metodi di propaganda. Il più potente è l’educazione. Gli psicologi sperimenteranno diversi metodi per produrre l’incrollabile convinzione che la neve è nera. Ogni governo sarà in grado di controllare la società senza bisogno di esercito e polizia”.
L’odierna caccia contro il pensiero dissidente è la realizzazione della “tolleranza repressiva”: apertura verso il progressismo culturale, censura delle visioni discrepanti. La diffusione delle droghe ha la sua parte nel progetto di dissoluzione: nessuno è più impotente di chi vive nella dipendenza. Il consumo di stupefacenti è stato un tragico successo del Sessantotto, sostenuto dagli apparati riservati occidentali. Timothy Leary, guru dell’acido lisergico (LSD) sintetizzato in laboratorio, ammise di essere stato un agente della Cia. “Le droghe cerebrali prodotte nei laboratori provocheranno cambiamenti enormi nella società. L’ostacolo a questa evoluzione è la Bibbia. Ci siamo schierati contro il concetto cristiano di un unico Dio, di una sola religione e di un’unica realtà. Le droghe che aprono la mente a realtà multiple portano inevitabilmente a una prospettiva politeistica dell’universo”. Nevitt Stanford, uno degli autori della Personalità Autoritaria, ebbe un ruolo chiave nella diffusione delle droghe psichedeliche.
Adorno si occupò anche di musica, considerata un’ arma per distruggere la società. Il ruolo del rock e dell’industria musicale – oggi del rap e del trap – è evidente da oltre mezzo secolo. Lo dimostrano raduni come Woodstock (1970), il successo del brano nichilista Imagine (1971) e la biografia di moltissimi musicisti: la triade sesso, droga e rock ‘n roll. Marcuse attrasse i giovani degli anni Sessanta in una singolare miscela di Marx e Freud, affermando che la sconfitta del capitalismo avrebbe prodotto una società in cui le massime soddisfazioni sarebbero state di natura sessuale. La musica rock tocca lo stesso tasto, la libera sessualità, l’anarchia, la penetrazione dell’inconscio irrazionale, le briglie sciolte a capricci e desideri. A livello pedagogico, non si deve insegnare, ma instillare fin da bambini la convinzione che l’Io, la soggettività, la volontà individuale, sono le uniche autorità.
Francoforte fu anche all’origine del femminismo antimaschile. L’evidenza che le tecniche psicologiche introdotte dalla Personalità Autoritaria sono destinate alla distruzione del maschio fu tematizzata da Abraham Maslow, teorico della piramide gerarchica dei bisogni umani: “il prossimo passo nell’evoluzione personale sarà una trascendenza della mascolinità e della femminilità in una umanità generale”. Espose la teoria a un gruppo di suore, rimanendo sconcertato dal successo dei suoi argomenti. “Non dovrebbero applaudirmi. Se fossero consapevoli di ciò che sto dicendo, dovrebbero attaccarmi”. Ecco il punto: nessuna reazione al Grand Hotel Abisso. Missione compiuta.  



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