Denatalità, l’estinzione degli italiani
di Roberto Pecchioli - 01/11/2025

Fonte: EreticaMente
Alcuni giorni fa l’ISTAT ha diffuso una non-notizia. Il periodico rapporto demografico sull’Italia segnala dati ancora più devastanti rispetto agli anni passati. Il calo delle nascite segna un altro primato negativo: meno 6,3 per cento di nuovi italiani rispetto alle risultanze drammatiche del 2024, a loro volta peggiori di quelle degli anni precedenti. È in atto l’estinzione del nostro popolo. Sino a pochi anni fa la pubblicazione dei dati era accompagnata dall’indifferenza; ora siamo allo stadio dello stupore. Ridicolo, insopportabile segno di incoscienza e irresponsabilità. Sorpresa – falsa, falsissima – come se il tracollo demografico, la volontà di non avere figli, quindi eredi, successori, non fosse l’esito inevitabile di un processo culturale e politico coltivato per decenni.
L’Italia – e l’Europa, e il mondo centrato sull’individualismo – non fa figli e il potere non vuole genitori. Da quasi mezzo secolo ripetono che avere figli è una scelta personale, libera, non dovuta. Promuovono ogni causa nemica delle nascite, dall’aborto libero e gratuito alla contraccezione farmacologica sino a modelli di vita egoistici, fondati sul breve termine, sul successo individuale, sulla vita come vacanza, sul disimpegno, l’irresponsabilità, il consumo immediato, sui “diritti”, poi fingono meraviglia se i popoli si comportano esattamente come è stato loro insegnato.
La novità, nell’anno di grazia 2025, è che al coro stavolta si è unita parte della politica di sinistra. Improvvisamente si sono accorti non che è importante la sopravvivenza della nostra nazione – parola e concetto che aborrono – ma che la denatalità nuoce al sistema pensionistico al collasso e all’istruzione che non sa più chi istruire. Non che l’altra metà del cielo politico faccia meglio: schiava dell’individualismo liberale, ha negato il problema per anni e oggi non sa affrontarlo per subalternità culturale e per non dispiacere i suoi padroni: vorrei, ma non posso. I fatti, però, valgono più di ogni argomento: una coppia con figli paga più tasse, ha meno libertà, non gode di diritti sociali, tanto meno di prestigio. È una minoranza folcloristica nella civilizzazione in frantumi che idolatra l’individuo senza legami.
La maternità è una catena che immobilizza le donne, la paternità è ridotta a bancomat. Tutti invocano più asili, più strutture sociali, perfino (timide) misure fiscali favorevoli a chi ha figli. È giusto e a lungo termine dà qualche risultato, ma è il modo sbagliato, gelidamente materiale, di affrontare il problema, nientemeno che la persistenza biologica, storica, culturale della nostra gente. Prima hanno ucciso la famiglia e irriso il ruolo di padre e madre, considerato i figli un fardello da evitare in nome della realizzazione personale, della liberazione da ogni vincolo, dalla responsabilità. Poi arrivano i numeri e chi ha appiccato l’incendio (tre generazioni, ormai!) piange lacrime di coccodrillo.
Come se la causa della denatalità fosse misteriosa, un destino cinico e baro. Come se non avessero trascorso decenni a demonizzare la famiglia, i ruoli genitoriali, il sacrificio e la fatica. Grida al disastro demografico chi ha promosso e applaudito ogni passo della dissoluzione della comunità e dello spappolamento della società. Precarizzazione del lavoro, sradicamento dai luoghi e dalla cultura di origine, culto della carriera, infantilizzazione, narcisismo centrato sull’Io– minimo e insieme ipertrofico – demonizzazione del ruolo genitoriale. Mettere su famiglia non è più un’aspirazione. L’idea stessa è derisa, considerata la sconfitta delle ambizioni, dei sogni, dei piaceri e dei desideri. Chiedersi perché non nascano più bambini dimostra stupidità. La crisi non è biologica, è ideologica-culturale. Il modello vincente è il soggetto isolato dipendente dal successo, dal denaro, nomade dei desideri e della vita, alla ricerca di effimeri piaceri, nemico degli impegni di lungo periodo.
Una vecchia pubblicità diceva che un diamante è per sempre. Anche un figlio, ma a differenza del minerale prezioso non si può rivendere o custodire in cassaforte. Tutto ciò che è “per sempre” è aborrito dall’homo occidentalis senza padri e senza eredi. Ovvio che abbia costruito una società che punisce chi genera altri esseri umani. Parlano h.24 di inclusione, ma escludono la maternità dal mondo del lavoro; celebrano la libertà sessuale ma odiano la sua conseguenza naturale, la nascita di nuove vite. Forse per questo preferiscono l’inversione sterile e mettono a disposizione ogni mezzo che eviti la temuta conseguenza del mettere al mondo i propri figli.
I demografi si accorgono ormai anche della “carenza di potenziali genitori”. Non è loro compito scoprire il perché. Lo sanno i semplici, le persone normali. La nonna di chi scrive, nata alla fine dell’Ottocento, ultraottantenne, osservando i primi segnali del fenomeno, si chiedeva: ma chi manderà avanti il mondo, se non fate figli? Siamo un popolo e una civilizzazione stremata che non crede più nel futuro. Quindi smette di generare, in senso biologico innanzitutto, e poi spirituale, culturale, di inventiva, di voglia di vivere. Un’epoca di passioni tristi, un vuoto sterile che sgomenta chi ha vissuto l’epoca precedente. Un mondo vecchio non solo anagraficamente, che finge dispiacere per le culle vuote continuando a praticare la cultura che le ha svuotate.
Perché, si chiede ciascuno, dovrei avere figli proprio io? Ci pensi qualcun altro, io devo pensare al successo, al fine settimana, alle vacanze esotiche, a cambiare partner per provare emozioni nuove. Compro un cane ed ecco risolto il problema dell’affettività. Impegna meno, campa meno. Molti sono stati persuasi da una propaganda battente che l’uomo è il cancro del pianeta. Inquina, produce anidride carbonica, distrugge la natura: meglio non procreare. Incultura di morte, nichilismo gaio. Se proprio mi innamoro, meglio una convivenza provvisoria, senza impegni. Tutto passa in fretta nella società liquida, anche l’amore, spesso scambiato per passione o attrazione. E se mi nasce un figlio, mica lo posso buttare via. Meglio evitare o abortire. Chi ha eroicamente un figlio, spesso non può permettersi il secondo o il terzo – Dio ci scampi perché mancano i soldi, perché la casa è troppo piccola, il lavoro è a tempo determinato. Non ci ricordiamo che prima, nel buio passato, un padre manteneva la famiglia con uno stipendio e spesso si riusciva anche ad andare in vacanza. Non alle Seychelles o a Cortina, ma nei mille luoghi bellissimi vicini alle nostre città.
Chi domina il mondo ha deciso che siamo troppi e vuole abbattere a miliardi (!!!) i capi di umanità eccedenti. Lo dicono tranquillamente gestori di fondi economico-finanziari (Larry Fink di Black Rock, oligarchi della tecnologia (Bill Gates) intellettuali di servizio (Yuval Harari). Quindi, perché preoccuparsi se non nascono bambini? È un vantaggio, è il mondo di domani. Artificiale, transumano, cioè antiumano. Perché riprodurci se siamo la metastasi del pianeta? Perché avere figli, se impedisce la settimana bianca, svuota il portafogli, intralcia carriera, piaceri, libertà, se produce doveri nel tempo dei diritti, se vincola per sempre a un essere pieno di pretese che ci chiama papà o mamma, genitore 1 e 2? Perché inquietarsi per le statistiche? Se il sistema pensionistico traballa e quello economico ha bisogno di braccia e cervelli, basta importare esseri umani adulti dal resto del mondo. Problema risolto. Meglio ancora, sostituire la nostra nazione e gran parte dell’umanità con robot e macchine dirette dall’Intelligenza Artificiale. Saremo più ricchi, più comodi e non staremo più stretti. Oops, saranno più ricchi (Fink, Gates e gli altri oligarchi) saranno più comodi, staranno più larghi. Gran parte di noi verrà eliminata. Senza figli, della nostra assenza non si accorgerà nessuno.

