La rivolta degli anni ’30 in Palestina contro il colonialismo britannico
di Jonathan Cook - 22/12/2025

Fonte: Come Don Chisciotte
Il film “Palestine 36” è un potente promemoria del fatto che il progetto dei depravati crimini di guerra commessi da Israele a Gaza è stato elaborato dall'impero britannico, alla cui tirannia i palestinesi cercarono - senza riuscirci - di porre fine.
Chiunque si chieda perché lo Stato e i media britannici, nonostante questi ultimi pretendano di fungere da guardiani del potere, continuino a tifare per il massacro di civili a Gaza perpetrato da Israele, troverà le risposte in un nuovo film, che non racconta il periodo storico attuale, ma una storia risalente a quasi 90 anni fa.
“Palestine 36”, diretto dalla straordinaria regista palestinese Annemarie Jacir, fa luce sugli eventi che si sono svolti negli ultimi due anni a Gaza più di qualsiasi cosa si possa leggere sui giornali britannici o vedere sulla BBC – ammesso che si riesca a trovare qualcosa su Gaza nelle notizie da quando Donald Trump ha ribattezzato l’uccisione e l’espropriazione dei palestinesi come un “cessate il fuoco”.
E “Palestine 36” lo fa, cosa insolita per un film palestinese, con un budget degno di un blockbuster hollywoodiano e con un cast che include nomi noti al pubblico occidentale, da Jeremy Irons a Liam Cunningham.
Questo è un episodio importante della storia coloniale britannica, raccontato non attraverso gli occhi dei britannici ma, per una volta, attraverso gli occhi delle sue vittime.
Il “36” del titolo si riferisce al 1936, quando i palestinesi si ribellarono contro la tirannia coloniale britannica, più comunemente e ingannevolmente definita “Mandato britannico” emanato dalla Società delle Nazioni.
Il problema per i palestinesi non era solo la violenza sistematica di quei tre decenni di tirannia. Era che il ruolo della Gran Bretagna come presunto custode della Palestina – un “arbitro di pace” tra i palestinesi autoctoni e gli immigrati per lo più ebrei – serviva da copertura per un progetto molto più sinistro.
Furono i funzionari britannici a allontanare gli ebrei fuori dall’Europa – dove non erano graditi ai governi razzisti, compreso quello britannico – per insediarli in Palestina. Lì furono attivamente addestrati come soldati semplici di un futuro “Stato ebraico” che avrebbe dovuto dipendere dalla Gran Bretagna e contribuire a rafforzare la sua agenda imperiale e regionale.
In effetti, un impero britannico ormai allo stremo sperava di poter esternalizzare nel tempo il proprio ruolo coloniale a uno Stato-fortezza “ebraico”.
Lotta anticolonialista
Una delle principali priorità della Gran Bretagna era quella di reprimere il nazionalismo arabo (di cui proprio un inglese, Lawrence, era stato ispiratore e paladino, N.d.T.) che stava dilagando in un’area del Medio Oriente conosciuta come Levante, in risposta al dominio coloniale britannico e francese.
Il nazionalismo arabo era un’ideologia politica laica e unificante che cercava di superare i confini arbitrari imposti dalle potenze coloniali e di rafforzare l’identità araba in opposizione all’occupazione straniera. Era profondamente anticolonialista, motivo per cui la Gran Bretagna e la Francia erano così ostili nei suoi confronti.
I palestinesi erano di fondamentale importanza per il nazionalismo arabo perché la loro patria fungeva da ponte geografico tra le potenze del nazionalismo arabo in Libano e Siria a nord e in Egitto a sud.
Per gli inglesi, era necessario soffocare a tutti i costi l’impulso alla liberazione in Palestina. Tuttavia, la crescente brutalità del dispotismo britannico alimentò semplicemente un’insurrezione che nel 1936 si consolidò in quella che gli occidentali definiscono una “rivolta araba” durata tre anni e che i palestinesi chiamano la loro “Prima Intifada”, o rivolta.
In seguito, ci sarebbero state rivolte palestinesi su larga scala e di lunga durata – questa volta contro il colonialismo ancora più repressivo di Israele – che scoppiarono nel 1987 e poi di nuovo nel 2000.
La rivolta del 1936-39 crebbe a tal punto che, secondo lo storico palestinese Rashid Khalidi, al suo apice la Gran Bretagna aveva temporaneamente più soldati britannici di stanza nella piccola Palestina che in tutta l’India.
Questa è la storia raccontata da “Palestine 36”, una storia che non viene mai insegnata agli studenti britannici e che i media britannici non offrono mai come contesto per i crimini odierni nella Palestina storica.
Ecco perché i britannici che guarderanno il film probabilmente non solo rimarranno scioccati dalla portata e dalla natura della violenza coloniale britannica, ma vedranno in quegli eventi selvaggi una premonizione di ciò che sta accadendo oggi a Gaza.
Formazione sui crimini di guerra
Ci sono piccole frange del movimento di solidarietà palestinese pronte a condannare la brutalità di Israele nei confronti dei palestinesi come qualcosa di eccezionale, di peculiare a Israele e alla sua ideologia razionalizzante del sionismo. Il film di Annemarie Jacir è un potente promemoria di quanto sia sciocco questo approccio.
L’attuale violenza coloniale di Israele è semplicemente una versione più sofisticata e tecnologicamente avanzata delle tecniche impiegate dal colonialismo britannico quasi un secolo fa. L’esercito israeliano ha letteralmente imparato dai britannici.
Uno dei personaggi principali di “Palestine 36” è l’ufficiale britannico Orde Wingate (“Fin dalla sua infanzia fu pervaso dalla ferma convinzione di dover adempiere a una missione divina e dedicò buona parte della sua vita a scoprirne la natura” sic! – da Wikipedia – N.d.T.), che compì incursioni notturne nei villaggi palestinesi per terrorizzarne gli abitanti e organizzò squadre di punizione, composte da soldati britannici e membri della milizia ebraica appena arrivati, per condurre queste incursioni.
L’addestramento che offrì alle milizie ebraiche nella strategia coloniale militare britannica e nella guerra ibrida sarebbe poi servito come manuale per l’esercito israeliano.
La morte di Wingate nel 1944 in un incidente aereo in Birmania fu lamentata da David Ben Gurion, padre fondatore di Israele. Egli commentò che, se Wingate fosse sopravvissuto, avrebbe potuto diventare il primo capo di stato maggiore dell’esercito israeliano.
Il film mostra Wingate mentre commette crimini di guerra di routine: usa un bambino palestinese come scudo umano; raduna donne e bambini per rinchiuderli in un campo all’aperto circondato da filo spinato, privandoli dell’acqua sotto il sole cocente di mezzogiorno; brucia i raccolti palestinesi; fa saltare in aria un autobus pieno di uomini palestinesi che aveva arbitrariamente arrestato.
In quello stesso periodo, l’ufficiale di polizia coloniale britannico Charles Tegart importava in Palestina dei forti militarizzati di un tipo che aveva precedentemente ideato e costruito in India per reprimere le rivolte in quella zona.
Questi forti sarebbero diventati il modello per la serie di muri e posti di blocco in acciaio e cemento che Israele ha costruito, frammentando la Palestina storica e imprigionando gran parte della popolazione palestinese in prigioni, tra cui la più grande, Gaza.
Guardando “Palestine 36” è difficile non ricordare, mentre vediamo i palestinesi ritualmente umiliati, maltrattati e uccisi dagli inglesi, presumibilmente per instillare obbedienza, perché ogni generazione palestinese sia diventata più radicalizzata e più disperata.
La feroce repressione coloniale britannica della rivolta durata tre anni nel 1936 ha portato alla fine alla violenta operazione di Hamas il 7 ottobre 2023 e alla risposta genocida e coloniale di Israele.
Il genocidio commesso da Israele non pacificherà questa generazione di palestinesi più di quanto la repressione della rivolta araba da parte di Wingate abbia pacificato la generazione precedente. Non farà altro che approfondire le ferite e rafforzare la volontà collettiva di resistere.
Fanatismo ideologico
È importante sottolineare che il film affronta anche, seppur in modo più indiretto, il contributo della Gran Bretagna al fanatismo ideologico solitamente attribuito a Israele. Il fervente desiderio di Wingate di sottomettere il popolo palestinese, che considerava poco più che animali, così come il suo appassionato attaccamento al popolo ebraico, affondavano le loro radici nell’ideologia sionista.
Troppo spesso si trascura il fatto che il sionismo è molto antecedente alla sua incarnazione moderna come nazionalismo ebraico.
Wingate seguì una lunga tradizione di influenti sionisti cristiani europei, che credevano che la profezia biblica sarebbe stata realizzata “riportando” il popolo ebraico nella sua antica patria. Solo allora, in una presunta “fine dei tempi”, sarebbe stato pronto il terreno per il ritorno di Cristo e l’instaurazione del suo regno sulla terra.
Lord Balfour, autore della Dichiarazione Balfour del 1917 che prometteva una “patria nazionale” per il popolo ebraico in Palestina, era un altro importante sionista cristiano britannico.
Il popolo palestinese – molti dei quali, secondo studi genetici, discendono dagli antichi Cananei che vivevano nella regione migliaia di anni fa e che successivamente si convertirono al Cristianesimo e all’Islam – era considerato dai sionisti cristiani come Wingate poco più che un ostacolo alla realizzazione della profezia divina.
Se non avessero obbedito alla volontà di Dio abbandonando la loro patria per far posto al popolo ebraico, allora sarebbero stati costretti a farlo.
Il sionismo degli israeliani, come dimostrano i sondaggi, li ha portati in una direzione simile a quella razzista di Wingate: molti sostengono la pulizia etnica e il genocidio dei palestinesi.
Nei loro post sui social media i soldati israeliani si compiacciono apertamente del loro trattamento depravato nei confronti della popolazione di Gaza.
“Non completamente umani”
Il che ci riporta al presente.
I titoli di coda mostrano che la BBC è stata uno dei finanziatori di “Palestine 36”, anche se l’investimento è antecedente agli eventi del 7 ottobre 2023 e alle incessanti pressioni esercitate da allora dalla lobby e dal governo sulla BBC per minimizzare le critiche a Israele.
Di fronte a tali pressioni, l’emittente statale ha disconosciuto due importanti documentari che descrivevano parte della realtà a Gaza durante il genocidio israeliano. Sarà una dura prova per il coraggio dell’azienda decidere se osare trasmettere “Palestine 36”.
Com’era prevedibile, sulla stampa britannica le recensioni del film sono state, nella migliore delle ipotesi, tiepide. Anche il Guardian, che si suppone liberale, lo condanna come “sentimentale”, come se volesse rabbonire un bambino per un tema scolastico di seconda categoria.
Questo non dovrebbe sorprenderci. L’establishment britannico – proprio come quello statunitense che dopo la Seconda guerra mondiale ha assunto dalla Gran Bretagna il ruolo di gendarme globale – continua a considerare il nazionalismo arabo una minaccia mentre continua a vedere Israele come un avamposto coloniale vitale. Inoltre, continua a considerare la Palestina come un banco di prova per le tecniche di sorveglianza e contro-insurrezione e a considerare i palestinesi come non completamente esseri umani.
Ecco perché il primo ministro britannico Keir Starmer – che sembra una versione moderna di Wingate, reinventato come politico – ha difeso senza vergogna la decisione di Israele di privare la popolazione di Gaza, compreso il suo milione di bambini, di cibo, acqua ed elettricità. Cioè di affamarli, violando i principi fondamentali del diritto internazionale.
È per questo motivo che Starmer e l’establishment britannico continuano a fornire armi a Israele e le informazioni che sta utilizzando per colpire i civili. È per questo che Starmer ha accolto a Downing Street il presidente israeliano Isaac Herzog, che ha giustificato il genocidio affermando che a Gaza non c’erano civili “non coinvolti”.
È per questo motivo che l’esercito britannico continua ad addestrare ufficiali israeliani nel Regno Unito, proprio come Wingate fece con i loro predecessori. Ed è per questo motivo che gli ufficiali britannici continuano ad andare in Israele per imparare dal suo esercito genocida.
Ed è ancora per questo che la Gran Bretagna continua a offrire protezione diplomatica a Israele e ha minacciato la Corte Penale Internazionale per aver cercato di chiamare il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a rispondere dei crimini contro l’umanità commessi a Gaza.
Ed è per questo motivo che Starmer e il suo governo hanno modificato la definizione di terrorismo per criminalizzare i britannici che esprimono opposizione al genocidio a Gaza.
La verità è che non possiamo aspettarci che il nostro governo, le nostre scuole o i nostri media ci educhino sulla storia coloniale britannica, sia in Palestina che in qualsiasi altro luogo del mondo in cui la Gran Bretagna ha esercitato la sua tirannia.
Dobbiamo invece iniziare ad ascoltare le vittime della nostra violenza, se vogliamo comprendere non solo il passato, ma anche il presente.
Jonathan Cook è autore di tre libri sul conflitto israelo-palestinese e vincitore del Martha Gellhorn Special Prize for Journalism. Il suo sito web e il suo blog sono disponibili all’indirizzo www.jonathan-cook.net.
Link: https://www.middleeasteye.net/opinion/palestine36-story-90-years-ago-key-grasping-gaza-today
Scelto e tradotto (IMC) da CptHook per come DonChisciotte

