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Dopo aver limitato la libertà di circolazione, ora sì è passati alla libertà di espressione

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma - 07/04/2020

Dopo aver limitato la libertà di circolazione, ora sì è passati alla libertà di espressione

Fonte: Paolo Becchi


Oggi l’Eurogruppo deciderà se l’Italia sarà o meno costretta a ricorrere al Mes, così sapremo se il Paese resterà in semi-libertà oppure finirà definitivamente in schiavitù. In realtà riguardo all’ informazione schiavi lo siamo già. Il 4 aprile il governo ha varato una misura di controllo dell’informazione, una task force che si occuperà di contrastare le fake news relative al Covid-19. Ad annunciarlo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega all’editoria, Andrea Martella del Partito democratico: «la struttura (“Unità di monitoraggio per il contrasto della diffusione di fake news relative al COVID-19 sul web e sui social network”) avrà vari compiti ed obiettivi, tra cui l’analisi delle modalità e delle fonti che generano e diffondono le fake news, il coinvolgimento di cittadini ed utenti social per rafforzare la rete di individuazione, il lavoro di sensibilizzazione attraverso campagne di comunicazione».

La delazione sarà insomma all’ordine del giorno: cittadini anonimi verranno coinvolti per denunciare all’”Unità di monitoraggio” chi, a seconda di simpatie politiche o direttive sul pensiero dettate dal governo, esprimerà opinioni differenti da ciò che il potere vuole che venga diffuso. Ad essere perseguitate non saranno pertanto le fake news ma il libero pensiero che si esprime sui social, non avendo altro strumento. Non bastava il controllo totale dell’informazione attraverso giornaloni e televisioni. Doveva essere controllata anche la rete, il luogo in cui esisteva ancora un minimo di libertà.

Di questa psico-polizia orwelliana fanno parte Riccardo Luna, noto editorialista di Repubblica, Francesco Piccinini, direttore di FanPage, David Puente, responsabile della sezione fact-checking di “Open”, Ruben Razzante, professore di diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano, Luisa Verdoliva, professoressa di teoria dei segnali alla Federico II di Napoli ed esperta di algoritmi per l’analisi della contraffazione delle immagini digitali, Roberta Villa, medico e ricercatrice, Giovanni Zagni, direttore di “Pagella politica” e Fabiana Zollo, ricercatrice dell’Università Ca’ Foscari di Venezia ed esperta dei fenomeni di disinformazione. Nessun giornalista dei quotidiani di opposizione. Nessun esperto non allineato al regime. Nessun professore che non sostenga l’operato del governo. Questa “Unità di monitoraggio” sulle fake news è stata introdotta con l’ennesimo decreto della presidenza del consiglio dei ministri e mira a zittire chi volesse «indebolire le misure di contenimento del contagio ovvero accentuare le difficoltà della gestione emergenziale» (articolo 2, lettera a del decreto). In pratica verrà censurata ogni critica sui social nei confronti del governo.

Ma può addirittura un sottosegretario, con decreto della presidenza del consiglio, fare una cosa del genere? No. La libertà di pensiero e la sua diffusione sono garantiti dall’art. 21 della Costituzione: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». È prevista una “riserva di legge” per i soli casi in cui si può procedere a sequestro della stampa. “Riserva di legge” significa che ci vuole una legge ordinaria (approvata dal Parlamento), per sottoporre eventualmente a controllo la stampa, cioè i mezzi di comunicazione sottoposti a registrazione presso i tribunali (quotidiani o periodici). Neanche con legge dello Stato – stando alla lettera della Costituzione – si potrebbe però impedire la libera manifestazione del pensiero, sinché resta tale, figuriamoci con un decreto della presidenza del consiglio dei ministri. Con semplici Dpcm si sono limitati i diritti fondamentali della libertà personale e di circolazione, e ora persino la libertà di espressione. Restiamo in casa, ora anche con il bavaglio.