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E’ guerra

di Alessandro Cavazza - 27/02/2020

E’ guerra

Fonte: il Paradigma)

Oggi vediamo in Italia diffondersi la paura e con essa una vera e propria corsa ai supermercati per fare incetta di beni alimentari. Ma non è la prima volta che gli italiani si trovano presi della morsa di un timore  forse irrazionale. Una cosa del tutto identica accadde con lo scoppio della prima guerra del golfo nel 1991 quando una nutrita coalizione guidata dagli Stati Uniti decise di attaccare l’Iraq di Saddam Hussein reo di avere invaso il Kwait. Si ricordano anche allora supermercati svuotati ma, in quel caso,  anche file interminabili davanti ai distributori di benzina temendosi un rincaro o addirittura la sparizione del petrolio. Nel 1991, dopo quasi un mezzo secolo di paura di guerra nucleare, forse fu fatta la impropria associazione di idee tra guerra nucleare potenziale tra superpotenze e guerra generica tra l’unica potenza rimasta ed uno stato mediorientale tutt’altro che invincibile. Poi ci siamo come vaccinati e nei trent’anni successivi abbiamo vissuto quasi con una scrollata di spalle la guerra nell’ex jugoslavia e la guera del Kosovo a soli cento chilometri da noii, le torri gemelle, l’Afghanistan e la seconda guerra del golfo e la stesso conflitto libico nel nostro cortile di casa.  Oggi siamo forse daccapo con il coronavirus che, diffusosi in Cina e comparso in alcune delle regioni più produttive d’Italia, ha in un attimo fatto rivivere quelle strane emozioni apocalittiche di un trentennio fa. Ora come allora i supermercati sono stati svuotati ma, trattandosi di una crisi sanitaria e non petrolifera, in luogo della benzina abbiamo l’amuchina e le mascherine.Ma ciò che è interessante è notare che, forse, epurato di ogni distinguo contingente, se lo riduciamo alla sua essenza, di panico bellico in definitiva si tratta. C’è solo da capire di che guerra si sta parlando e quali siano le parti in causa. E qui non sapremmo spingerci oltre.

IL VIRUS LUNGO LA VIA DELLA SETA?

Giova tuttavia porre qualche sommario punto fisso stimolando quanto meno il dubbio. Di certo si sta creando una frattura seria nell’idillio della globalizzazione con USA e Cina che si guardano sempre più in cagnesco. Per non parlare poi dell’Iran che, giova ricordarlo, è uno dei paesi con più casi di coronavirus la cui diffusione, senza mezzi termini, è stata definita dal presidente Rohani un “complotto dei nemici per colpire  il paese attraverso la diffusione della paura”. Poi saltando la Turchia e i Balcani si atterra nel bel paese. E in questo quadro verrebbe da chiedersi: cosa centra l’Italia? Forse nulla. Eppure siamo i più lontani dal contagio e tuttavia tra i più colpiti. Qui, di certo,  i giornalisti hanno parlato e continuano a parlare con ossessività di pandemia, le istituzioni stanno applicando misure certo zelanti in modo inversamente proporzionale rispetto al sospetto di sottovalutazione iniziale. Intanto il CNR ha negato l’allarme mentre il nostro paese continua a sprofondare nell’ennesimo girone dantesco di incertezza sul futuro che ormai ci accompagna, ad essere buoni, dal 2011. E in Europa? Beh mentre in Francia i controlli sembrano solo formali, in Germania si registrano decine e decine di migliaia di “influenze anomale” che non vengono però ricondotte alla cosiddetta “pandemia” e volendo essere un po’ maliziosi verrebbe da ricordare le falsificazioni sulle emissioni delle automonbili Volkswagen che portarono al Dieselgate.

IL MALATO D’EUROPA

Eppure siamo noi, per l’ennesima volta, il malato d’Europa, l’inadempiente anche quando adempie troppo, quello da meritare la quarantena collettiva o, chissà, il periodico commissariamento. Il paese che non merita supporto alcuno davanti alle crisi migratorie anzi, che si merita il lavorio di tutte le ong d’Europa e d’Italia davanti alle proprie (proprie?) coste. E’ sempre l’Italia che si vede espropriare e svendere il mare alla Francia prima e all’Algeria di recente. Il paese i cui interessi energetici e le cui amicizie internazionali sono sempre, regolarmente insidiate o annientate da quelli che dovrebbero essere i nostri alleati. Tanto che, periodicamente,  basta la drammatica disavventura di un ricercatore incauto o sfortunato a mandare in fumo decenni di rapporti diplomatici in dignitosissime fiaccolate di indignazione. E’ un paese non meno lacerato al proprio interno e che non di rado presta il fianco a forme ibride di guerra civile fredda il cui risultato da noi è la entropia interna e la proiezione di una immagine inadeguata anzi debole, questuante e arrendevole all’esterno. Un paese che, da subito, nella persona del proprio presidente della Repubblica ha comunque saputo esprimere solidarietà al popolo cinese. Un paese, l’Italia, che ha ricevuto la solidarietà formale ad ora (ma potremmo sbagliarci) solo dalla Commisisone Europea presieduta dall’italiano… Gentiloni. Un paese che ospita lo stato del Vaticano ma che non è nelle preghiere del papa e che non sta ricevendo (ma speriamo di doverci ricredere quanto prima) nessun cenno formale di solidarietà dai nostri “fratelli” europei in primis la Merkel e Macron.

LA PANCIA

Che epoca singolare! Se fossimo in un altro secolo, magari meno civilizzato e vibrante di reciproco rispetto, verrebbe da pensare che siamo trattati da nemici da coloro che si definiscono nostri partner. Se fossimo un paese oscurantista avremmo magari il paranoico sospetto di un “complotto dei nemici per colpire  il paese attraverso la diffusione della paura”. Che avessero ragione i vecchi siriani secondo i quali “Il nemico di tuo nonno non sarà mai tuo amico!”. Ma qui, purtroppo, va detto che anche i nostri nonni son stati tra loro nemici e hanno fatto una guerra civile. Ancora oggi sembra non si possa confidare del tutto nemmeno di alcuni nostri connazionali, specie se con stipendi ed incarichi di prestigio o, peggio, con un microfono davanti alla bocca.  Tuttavia, chissà, forse i tanto vituperati italiani, mammoni ed emotivi, ormai da sempre sfiduciati di poterci capire qualche cosa dai media, ostili alla propria classe politica di cui non si fidano e sempre più insofferenti anche verso i tecnici e i professori, da bravi improvvisatori a soggetto hanno deciso di ascoltare solo la propria pancia.E quella stiamo cercando di riempire assaltando i supermercati perché, sempre di pancia, forse abbiamo capito che, sì signori, siamo in Guerra. In una guerra nuova anche se non sapremmo dire contro chi, a fianco di chi e per ottenere cosa.E forse il dubbio irrazionale, sottopelle che ci sta pigliando un po’ tutti, poco a poco, è che la guerra, almeno qui in Europa, a casa nostra, sia forse in parte contro di noi e in parte tra di noi.Eppure con tutti i nostri eccessivamente sbandierati difetti, forse ancora una volta siamo in anticipo sui tempi bui che attendono l’Europa. Avanguardia del peggio, malato primo, primo a guarire e futuro guaritore.Chissà, forse con questo sproporzionato accidente del coronavirus, ci siamo solo auto imposti una simulazione apocalittica preventiva per arrivare più preparati di altri all’ennesimo cambio d’epoca. Un po’ come facemmo nel 91.Se così fosse, sarà da compatire quel popolo che invece, convinto di avere ormai vinto su ogni fronte, si sveglia una mattina e scopre che i sovietici hanno appena piantato la propria bandiera sul Reichstag in fiamme.