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Eppure

di Ferdinando Pastore - 21/03/2020

Eppure

Fonte: Ferdinando Pastore

Eppure noto dal mio piccolo osservatorio comportamenti perlopiù ligi ai divieti, persone che camminano rispettando le distanze, file ordinate, pochi atteggiamenti di esasperazione, almeno per ora.

Quindi mi chiedo perché viene data tanta eco - dal panottico virtuale nel quale tutti noi siamo immersi - a quelli che ritengo essere pochi episodi forse inevitabili? La vulgata tende a colpevolizzare gli italiani, la retorica anti-italiana è sempre all'erta, e ad additare le persone colte in flagranza di stoltezza.

Be' eliminare la stoltezza o la superficialità è compito gravoso - non nego che queste inclinazioni siano realmente esistenti - ma anche assai ardito. La contropartita per la loro soppressione significherebbe una perenne caccia all'uomo, magari organizzata da milizie private arroccate sui balconi. In questo caso mi compiaccio di non vivere in un luogo dove si possono acquistare armi come fossero caramelle.

Però non penso che sia questo il reale obiettivo della retata virtuale. Il virus comporta anche problemi sociali e soprattutto economici. Ecco iniziamo col dire che - prendo spunto da una conversazione avuta stamattina - questo potrebbe diventare un alibi. L'alibi per coprire le carenze della sanità deprivata della sua funzionalità dopo anni e anni di tagli e per poter dire che sono i comportamenti individuali a creare problemi agli ospedali. Un modo come un altro per immiserire la critica alle destrutturazioni neo-liberiste.

Parimenti un modo per far dimenticare che molte persone devono uscire ancora per andare a lavorare - e non parlo di chi svolge attività o lavori essenziali per la tenuta del Paese. Esistono ancora attività aperte o per sgraffignare qualche profitto in più o per semplici capricci di titolari di studi professionali. Si dovrebbe parlare al massimo in questo caso di lavoratori sotto ricatto.

Troppi assembramenti poi. Bene, parliamo delle differenze di ceto tra chi abita in quartieri residenziali con larghi viali, piazze aperte e chi vive in quartieri o rioni con vicoli stretti e case che quasi si toccano a seguito di quella che fu denominata qualche decennio fa "edilizia selvaggia". Mi sembra particolarmente difficile far rispettare le distanze dovute in un basso di Napoli. Il virus non è democratico - è stato giustamente detto - prendiamone coscienza.

Prendiamo anche coscienza del fatto che impartire lezioni morali - mi riferisco alle numerose vedette della società civile rinchiuse nei propri attici - a chi abita in catapecchie o in case in cui gli spazi vitali sono minimi, è pratica particolarmente odiosa. Come sempre quel mondo fa della solidarietà umana e dell'empatia caratteristiche ad uso e consumo dei propri standard di vita. Per cui i diritti si meritano solo all'interno della cosiddetta civiltà, premessa per poi dire che gli stessi saranno concessi - a pagamento - solo per chi li merita. In fondo i meritevoli sono solo i benestanti.

Allo stesso modo esistono convivenze forzate, matrimoni finiti, appartamenti divisi tra più persone, che sono forzate spesso per motivi economici. Se questa quarantena durerà per il tempo necessario alla soppressione del virus e quindi per qualche mese, è doveroso iniziare a pensare anche a questo aspetto che è aspetto di giustizia sociale.

Chi oggi conduce la battaglia sulla indisciplina degli italiani, pompando all'infinito casi di violazione delle regole, domani condurrà la battaglia - che puntuale arriverà - tesa a privare gli stessi italiani di quei servizi pubblici oggi tanto difesi. Popolo di scomposti evasori, questo sarà l'ammonimento. E avrà probabilmente come alleati i censori da balcone. Forse gli stessi che per anni ci hanno detto che il debito pubblico impediva la protezione dello stato sociale.

Questa ritrovata unità di intenti dovuta alla comparsa improvvisa della paura della morte - il neo-liberismo ha provato far credere che essa non fosse reale, mimetizzata dalla ricerca perenne del massimo godimento - dovrà essere corroborata da sentimenti di reciproca solidarietà.

Altrimenti il "restiamo a casa" potrebbe diventare una sciocca enunciazione di principio. Che si dia la possibilità a tutti di stare a casa, ma in maniera dignitosa.