Flotilla & vendetta, i torti di Israele
di Massimo Fini - 08/10/2025
Fonte: Massimo Fini
Donald Trump ha dichiarato che ogni attacco al Qatar, il ricchissimo Paese arabo che sta cercando di mediare nella tragica vicenda israelo-palestinese, sarà considerato come un attacco agli Stati Uniti, guarentigia che gli Usa non hanno mai concesso a nessuno nemmeno a Israele.
A inquietare Trump sono state le folle scese in piazza per la questione della Global Sumud Flotilla, che in realtà è solo un frammento dell’intera vicenda israelo-palestinese che non è una questione semplicemente umanitaria, anche se c’è pure quella, ma politica. Con questa decisione Trump ha dovuto forzare se stesso (nel 2019, come segno di particolare amicizia nei confronti dello Stato sionista, aveva spostato l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme) perché si è messo contro la fortissima comunità ebraica americana e l’ancora più forte comunità ebraica internazionale che comprende un bel po’ del potere finanziario. The Donald si è convinto che l’odiosità generalizzata nei confronti di Israele potrebbe estendersi, e di fatto già si estende, agli Usa e al popolo americano.
È quindi completamente falsa la narrazione della destra italiana e dei suoi giornali, secondo cui la missione della Global Sumud Flotilla non solo era pericolosa, ma non è servita a niente. In tutte le città, almeno in Europa, i cortei hanno raccolto l’adesione spontanea non solo degli attivisti, ma anche di gente che passava per la strada e si accodava, o solidarizzava. I cortei infatti si sono creati in modo tanto spontaneo quanto rapido.
Il movimento ebraico ha creato problemi sin da quando si è presentato alla ribalta della Storia, dichiarandosi “il popolo eletto da Dio” (non conoscendo la statura di Dio, non so come costui considererebbe questa ‘elezione’ molto poco democratica che caccia gli altri popoli in serie B). Certamente questi ultimi non l’hanno presa bene ed è forse (anche) da qui che nasce l’antisemitismo. In realtà con la favola del “popolo eletto da Dio” gli ebrei fondarono quel razzismo di cui poi furono tragicamente vittime. Un vittimismo sfruttato fino all’osso, se non da tutti gli ebrei, almeno da Israele, tanto che è stato proprio un ebreo, Norman Finkelstein, a scrivere con molto coraggio il libro L’industria dell’Olocausto.
E il trattamento disumano riservato agli attivisti della Global Sumud Flotilla, fra cui c’erano politici e diplomatici di tutto il mondo, anche cileni e australiani, geograficamente lontanissimi dal luogo delle operazioni, dal “lavoro” come lo definisce cinicamente Netanyahu, non ha contribuito ad aumentare le simpatie verso il “popolo eletto”. Tanto che lo stesso Trump ha dovuto intimare a Netanyahu di fermarsi (“Sei andato troppo oltre”) e le sevizie riservate ai prigionieri non hanno riguardato ovviamente solo la privazione della libertà, ma si sono estese all’umiliazione e alla ridicolizzazione del ‘nemico’: Greta Thunberg costretta a baciare la bandiera israeliana, altri che han dovuto bere dall’acqua del water. Il nostro Alessandro Mantovani, che era su una delle navi della missione, ha documentato tutto questo e il suo racconto è stato confermato dagli altri attivisti arrestati. Insomma le prigioni israeliane riescono a essere simili o peggiori, ed è tutto dire, di quelle turche (Fuga di Mezzanotte, il bellissimo e atroce film di Alan Parker).
A quanto pare le autorità italiane non si sono dimostrate per nulla solerti e del resto Giorgia Meloni, ridicolizzandosi, lei sì, aveva parlato di “weekend lungo” a proposito delle manifestazioni di protesta. Più attiva l’ambasciata del governo spagnolo guidato dal socialista Pedro Sánchez (gli attivisti spagnoli impegnati in questa missione erano 65, rispetto ai 40 italiani).
L’ebreo, in linea generale, è una persona ironica e autoironica. Se volete ascoltare feroci barzellette antisemite rivolgetevi a un ebreo. Ma ciò vale solo fra di loro ebrei. Qualsiasi critica a un’azione israeliana o che abbia alle spalle Israele viene bollata da molti di loro come “antisemitismo” e quindi vi capita di finire, come è successo a me, in una lista nera del Comitato ebraico internazionale in condominio con simpatici individui come Hitler, Himmler, Goebbels.
Un’altra favola è che gli ebrei furono perseguitati perché usurai. Tutti nella Roma pingue erano usurai e il pio Seneca, richiedendo di colpo l’incredibile cifra di 10 milioni di sesterzi ai Britanni, causò una delle due guerre che dovette fronteggiare Nerone (l’altra fu quella, risolta con grande abilità diplomatica, contro i Parti, la grande potenza concorrente). Si sa che Roma, il grande Impero dell’epoca, conquistava province, ma si accontentava di esigere le tasse, frumento in sostanza, e poi gli autoctoni continuassero a vivere come avevano sempre vissuto, secondo la loro storia e le loro tradizioni. L’unica provincia dove ebbero problemi, sarà un caso, fu proprio la Giudea, dove, tra l’altro, gli estremisti ebrei pretesero da Ponzio Pilato, il governatore romano, la crocifissione di Gesù Cristo. Se avete visto Jesus Christ Superstar, l’immortale opera di Norman Jewison, ricorderete come Pilato tenta fino all’ultimo di salvare Cristo dagli energumeni. Pilato dice a Cristo: “Tu rinuncia a questa storia del figlio di Dio, di cui non capisco nulla, così mi libero di questi stronzi che fan solo casino”, ma Cristo non può rinunciare a se stesso, anche se sulla croce, in uno dei più commoventi passi del Vangelo, umanamente dubita: “Padre, padre, perché mi hai abbandonato?”. E un altro governatore romano in Giudea, Annio Rufo, poiché in Gerusalemme si erano creati casini per l’arrivo di Paolo, appena convertito al cristianesimo sulla via di Damasco, convocò i maggiorenti degli ebrei e lo stesso Paolo e fra costoro iniziò una discussione interminabile che io avrei troncato dopo dieci minuti, che il governatore ascoltò invece con santa pazienza. Poi disse: “Se voi accusaste quest’uomo per fatti concreti io vi darei ascolto, come di ragione, oh ebrei, ma qui si tratta di nomi, di interpretazioni, io non me la sento di condannare un uomo per queste cose”. Paolo fu poi tenuto in custodia militaris, una specie della nostra custodia cautelare, nell’accampamento romano, proprio per tenerlo al riparo dagli energumeni, se fosse uscito l’avrebbero ammazzato. Paolo era un cittadino romano e chiese, com’era suo diritto, di essere giudicato a Roma dove imperava Nerone. A Roma, Paolo poté predicare tutto ciò che voleva, il solo limite era che stesse all’interno delle mura. Poi fu giudicato non da Nerone, che in genere si occupava ossessivamente di questioni giudiziarie, mentre avrebbe potuto spazzare via i nemici con un solo cenno della mano, ma dal Prefetto del pretorio, Afranio Burro. E quindi assolto. Paolo, tra l’altro, era accusato di essere uno dei promotori dell’incendio di Roma, che in realtà fu casuale, ma né lui né gli altri cristiani nella Capitale, per non dire nelle province, furono perseguitati per un crimine rispetto al quale l’11 settembre è uno zuccherino. È quindi un’altra favola, di cui darò conto prossimamente nella trasmissione di Aldo Cazzullo, Una giornata particolare, su La7, che Nerone abbia perseguitato i cristiani in quanto tali. Persecuzioni generalizzate arriveranno solo con Decio e Domiziano molti anni dopo.
È incredibile come uomini moderni abbiano assunto, tranne rare eccezioni, Moni Ovadia per esempio, un atteggiamento cannibalico, ancestrale, oltre che criminale, nei confronti dei palestinesi. Peraltro la vendetta sta in molti passaggi della Bibbia (come il Salmo su Gerico: “Tu ucciderai tutti gli uomini, tutte le donne, tutti i bambini, tutte le bestie”) di cui il governo israeliano sta dando, di questo spirito di vendetta intendo, ampia dimostrazione nel genocidio in corso. Il teologo Sergio Quinzio definiva la Bibbia “il libro più noir di tutti i tempi”.