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I legami di sangue insegnano ad amare

di Antonio Catalano - 13/08/2023

I legami di sangue insegnano ad amare

Fonte: Antonio Catalano

Rubo dal mio romanzo “Già ci sentiamo”.
«…il matrimonio è valore da difendere in un mondo in cui la solidità giorno per giorno cede il passo alla liquida precarietà, come diceva lo scrittore sardo che scriveva di passioni sangue e amori alla presentazione del suo ultimo libro nel suo vestito di velluto. Uno scrittore cabillo? Parlava di un amore coniugale robusto come una quercia, anzi granitico, che si rinnova nel patto della vita contro la morte… parlava di amore coniugale che oggi non vive più di solidità, abnegazione, solidarietà, comprensione, tolleranza mentre un tempo invece teneva uniti specialmente nei momenti più duri e disperati… parlava dell’amore odierno globalizzato omologato plasmonianamente omogeneizzato che tiene uniti col moccio, di amori per i quali basta uno starnuto per mandarli via… parlava di amori fatti solo di egoismo profondo, ma gli egoismi profondi che si incontrano non fanno nascere grandi amori e né mai grandi famiglie… Amore fondato sulla felicità. Mai parola fu più ambigua e ingannatrice, i rapporti solidi non poggiano sulla felicità, sarebbero effimeri, aveva ragione il vecchio Solzhenityn, ormai ignorato dagli stessi che si erano illusi di poterlo usare per i propri meschini giochi, a dire che è sbagliato indirizzare le persone verso la felicità, essa è solo un idolo del mercato, si dovrebbe al contrario indirizzarle verso l’affetto reciproco, perché anche la bestia che mastica la sua preda può essere felice ma solo gli esseri umani possono provare affetto l’uno verso l’altro.»
Lo scrittore sardo cui faccio riferimento è Salvatore Niffoi che scrive di passioni sangue e amore, con quella sua scrittura magica, antica, ancestrale ma così “moderna”, un autore che mi ha profondamente segnato, mai alla ribalta perché schivo e soprattutto non accomodante verso il banale pensiero dominante.
Ho avuto modo di conoscere dal vivo la scrittrice cabrarissa (di Cabras) in un paio di eventi letterari in Sardegna, e di lei ebbi l’impressione di una donna intelligente e piena d’ironia. Della Murgia ho letto “Accabadora”, poi nell’ordine “Viaggio in Sardegna”, “Incontro”, “Chirù, “Presente”. Fino ad “Incontro” la sua prosa mi piaceva, mi sembrava ancora “genuina”, capace a suo modo di raccontare il mondo, la cultura e i sentimenti dell’Isola. Poi con “Chirù” qualcosa è cambiata, in questo romanzo perdeva la precedente freschezza e abbracciava quell’idea di “famiglia elettiva” su cui si è conclusa la sua parabola terrena. Non a caso è questa Murgia a piacere e a diventare icona di quegli intolleranti ambienti dove vige l'ossessione del superamento della "cultura patriarcale", con le appendici – frutto di marketing politico – di fascistometri e corbellerie simili.  Non a caso a lei si avvicinò quel mondo mediatico, dai Saviano ai Fazio, rappresentanti di quella banalità dell’essere di cui abbonda la nostra contemporaneità occidentale.
Ma ora voglio proporvi la lettura della breve e profonda riflessione del teologo don Salvatore Vitiello letta stamattina. La inserisco sotto nella sezione commenti. Don Salvatore contesta la verità “progressista” della superiorità della “famiglia elettiva”, dove ognuno si sceglie genitori o fratelli. Giustamente (per me, naturalmente) considerato un atto di egoismo e di vana illusione di libertà. All’origine della “famiglia di sangue”, dice don Salvatore, c’è sempre un legame elettivo. Uomo e donna si scelgono, si eleggono e, da quel legame elettivo libero, nasce la famiglia di sangue. Fulcro della riflessione – e qui è la verità di questa riflessione – è che nella la “famiglia di sangue” nessuno sceglie il proprio padre, la propria madre e i suoi propri fratelli. È il primo luogo dato, non soggettivamente scelto, in cui l’uomo (non inteso come maschio) impara a relazionarsi con “altro da se stesso” e non solo con i propri desideri e/o capricci. Se scegliete solo quelli che vi amano, dice don Salvatore, dov’è la vostra vera capacità inclusiva? La vostra apertura dell’altro?

[in ricordo di mia madre, che oggi avrebbe compiuto 99 anni]