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Il diavolo dell’avidità celato in un angolo di paradiso

di Claudio Risé - 30/05/2021

Il diavolo dell’avidità celato in un angolo di paradiso

Fonte: Claudio Risé

Quando la costruirono, con quelle due torri di ferro nero alte sopra i boschi verdi di castagni, per il bambino ancora dentro di me, che sotto quei boschi era cresciuto, fu come una coltellata. Quella roba proprio in faccia alle isole dei Borromeo con le antiche armoniche case di pietra dei pescatori e il Palazzo dell'Isola Bella, e la villa nel parco dell'Isola Madre! Perché poi rinunciare a quella bella cremagliera gialla che al Mottarone saliva prima, fin dall'inizio del 900, con i suoi sedili alti di legno, e le decorazioni Liberty, che saliva mostrandoti paese dopo paese e poi giardini carichi di magnolie e di azalee uno più bello e misterioso dell'altro? Per poi accalcarsi adesso dentro quella cabine penzolanti sopra quello che ora sembrava un burrone, troppo alto e troppo scuro? Per il poco più che ventenne, per il quale la cremagliera era stata prima ricca di affettuosità famigliari, poi accogliente rifugio dei primi flirt, la sua sostituzione con il mostro di ferro fu un potente ammonimento sul passaggio del tempo, e i suoi doni non sempre piacevoli.
Non ne seguii le vicende, seppi che era stata chiusa, c'erano già state grane (con voci in paese di cui naturalmente non mi interessai), poi riaperta. Non diventammo mai amici. Ci salii due volte in quasi quarant'anni, per portarci (quando energicamente lo pretesero), prima l'uno poi l'altro i due figli che nel frattempo erano arrivati. La prima fu l'unica volta nella mia vita che in una funivia ringraziai il cielo di essere arrivato dall'altra parte, ma attribuii il disagio alla mia ostilità per la violenza al paesaggio, e il furto a me della bella cremagliera dell'infanzia e adolescenza.  
Quando lessi, lunedì, ora che il lago è dietro di me con le sue delizie e orrori (i bimbi miei coetanei fatti annegare nel lago, a Meina, non così distanti da dove stavo io), sentii, e non volevo sentire. Sentii anche qui l'orrore, tremendo, difficile da accettare. Sentii lo stesso orrore del profittarsi dell'innocente, là i bambini ebrei calati nel lago dalle SS con catene di ferro perché andassero a fondo, qui i poveri turisti finalmente liberati dalla prigionia delle chiusure obbligatorie, ora precipitati dall'alto, chiusi dentro la nuova prigione, di ferro.
Sarà perché sono vecchio e abituato a lavorare con l'inconscio e con le sue immagini e forze, ma ho sentito forte e preciso il demonio, dietro a tutto questo. Là il demone del potere. Qui, se è tutta vera la storia del forchettone risparmioso - quello dell'avidità. Un sentimento tra l'umano e il diabolico. Per certi versi naturale in una zona come questa, poverissima di tutto se non per la bellezza struggente dei luoghi e della natura (tuttavia non coltivabile dal punto di vista economico) e che per questo ha attirato e ospitato grandi ricchezze. Non solo i guerrieri  e Santi principi Borromeo, ma anche i Branca, i cotonieri Riva, i Siemens, i Mondadori e tanti altri industriali, e poi attori, grandi sarti, professionisti illustri.
Al loro sfilare, e il più delle volte cadere nel giro di un paio di generazioni al massimo, i laboriosi locali opposero e si rafforzarono nel risparmio, non dimenticando nulla di ciò che poteva far guadagnare un po' di più. Una preziosa virtù. Che può diventare un demone tremendo e potente.