Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il mare intorno

Il mare intorno

di Lorenzo Merlo - 01/11/2025

Il mare intorno

Fonte: Lorenzo Merlo

Piccola ipotesi indirettamente proporzionale all’eventualità.

Atto 0 – Premessa

L’emozione statunitense detta Destino manifesto impone ai suoi coinvolti una psicologia da crociata. L’intento di diffondere nel mondo il proprio modello socio-economico considerato il migliore in assoluto per l’individuo, per la società e per l’economia, può essere riconosciuto come matrice della politica interna ed estera prima e della geopolitica poi. Un intento fondamentalisticamente puritano all’origine che, nel tempo, è evoluto in volontà di egemonia, perdendo con la muta lo spirito morale per acquisire quello cinico. In sostanza, God bless America, in voga ancora oggi, non è che una patina adatta a nascondere le pretese di potentati plutocratici finanziari, tecnologici, industriali, sempre taciuti e per molti occulti, con i quali, chi più, chi meno, i presidenti degli Stati Uniti devono fare i conti per restare in sella. Non rispettarne il potere è mancare al primo comandamento della religione egemonica, uno sgarbo grave che può costare loro la vita.

 Atto I – Lungimiranza

Verso l’epilogo della Seconda guerra mondiale, gli argonauti di Jalta (1945) scomposero e ricomposero il mondo a proprio gusto, diritto ed equilibrio. Quell’evento aveva offerto agli statisti statunitensi l’opportunità per implementare la forza del proprio potere militare, economico e di comunicazione. Infatti, due anni più tardi, la lungimiranza del Piano Marshall (1947) avrebbe permesso loro di estendere virtualmente il proprio territorio all’Europa occidentale intera. Gli aiuti economici per la ricostruzione legavano economicamente e sentimentalmente buona parte del Vecchio continente agli Stati Uniti. Un amore, ancora oggi, irrinunciabile per molti nostalgici e un giogo condivisibile per presunto interesse da parte di progressisti e conservatori d’Italia, tanto per impiegare termini obsoleti che andrebbero sostituiti e unificati con filoamericani, abiuranti di sovranità, ripudianti d’indipendenza. Un declino che questi considerano intelligente nonostante i tamburi di guerra che echeggiano da tempo e sempre più vicini. 

Atto II – Preda

Ma gli aiuti agli alleati europei del Blocco Atlantico erano un cavallo di Troia per scongiurare l’eventualità, seppur lontana, ma pur sempre da considerare, di restare soli in mezzo al mare, in possibili balie di tempeste d’oltre oceano. Un timore vivido, a causa della neo-potenza sovietica e della nascita del Patto di Varsavia (1955), contraltare della creazione della Nato (1951). Non era opportuno sottovalutare l’eventualità di soccombere militarmente al nuovo blocco orientale, con il quale, dopo la riunione in Crimea, si sarebbe dovuto fare i conti. La competizione per la conquista dello spazio, la corsa agli armamenti, gli scudi satellitari, l’implementazione delle armi nucleari prima e tecnologico-digitali poi, il filone hackeraggio, intelligenza artificiale inclusa. Se il destino manifesto aveva animato la politica statunitense nei confronti di un mondo impreparato a quella modalità pragmatico-mercantile di rapportarsi, dal termine della Seconda guerra il campo mondiale non era più indifeso e in discesa. L’imperialismo dell’Unione Sovietica e i paesi che controllava, avrebbero potuto prendere il sopravvento e ridurre gli Stati Uniti e l’America settentrionale terra di conquista o costretta all’autarchia. La Guerra di Corea e quella del Vietnam, insieme a numerose altre azioni e politiche, solitamente e giustamente considerate quali interventi di accerchiamento dell’Urss, contenimento dei paesi filosovietici e filo comunisti, estensione del controllo politico e installazione di basi militari – Giappone e non solo incluso – non sono solitamente concepiti anche nella prospettiva di esorcizzazione del rischio di autarchia nord-americana.

 Atto III – Sorpresa

Il collasso dell’Unione Sovietica (1991), con la conseguente indipendenza e diritto all’autodeterminazione dei paesi che la costituivano, aveva resuscitato il pensiero di un definitivo dominio mondiale per gli Usa. Nonostante la strada spianata, nonostante le primavere arabe e quelle colorate e il sostegno agli islamisti, tutto a regia statunitense, per allungare definitivamente i propri tentacoli intorno al globo, la storia rilasciava la sua nuova sorpresa. Putin riusciva prima a tenere insieme la Confederazione, nonostante El’cin e la relativa svendita dei beni statali e la conseguente creazione di potenti oligarchi spiritualmente antirussi e filoamericani e poi realizzava una ripresa economica sufficiente a non sottostare ai diktat d’oltre oceano. Di diversa natura ma di pari eccezionalità, una grande educazione popolare e un costo del lavoro considerevolmente inferiore a quello occidentale, permettevano l’avvento della Cina sul teatro geoeconomico e geopolitico.

 Atto IV – Mastice scaduto

E siamo alla guerra Ucraina e a quella Israeliana, ancora una volta necessarie a ridurre il rischio di trovarsi soli in mezzo al mare, per non dire schiavi. L’Ucraina quale ultimo tentativo di scalzare Putin e smembrare la Confederazione russa, lo sterminio palestinese per attestare un proprio pari in un’area altrimenti nemica, nonché presenza mediterranea e quindi italiana, terra a stivale quale vedetta di controllo, garitta di protezione e rampa di lancio per ogni futura necessità. Un rischio autarchia che, per essere sventato, tra tutto richiede proprio la guerra e la sua industria che solo se produttiva permette agli Stati Uniti buona parte del galleggiamento internazionale, nonostante la navigazione nelle acque abissali del suo debito pubblico. Ma anche nazionale, visto il crescente ribollire bellico-civile, per il quale il mastice del God bless America e dell’America first potrebbero non bastare più.

 Atto V – Poli, non polli

E siamo ai Brics, ultimo colpo di teatro della vicenda geopolitica, creazione per ora su un’idea precisa e pochi fatti, a parole fondata sulla collaborazione internazionale e sul rispetto reciproco, al fine di una pace commerciale capace di emanciparsi dalla necessità delle armi. Si tratta di una filosofia potenzialmente traumatica per l’identità e la psicologia statunitense, abituata ad identificarsi con la forza del messaggero celeste prima e con la necessità della guerra poi. Dunque tutto un rampicante da seguire nelle volute che il futuro ci mostrerà. Tuttavia nonostante l’incertezza degli sviluppi geopolitici, le pretese dello stato profondo e i conigli sempre saltellanti nel cilindro della storia, l’epoca trumpiana, più che mai direi quasi confucianamente pragmatica e animata dall’America first, potrebbe essere la giusta ricetta galenica per tenere a bada un mal di testa americano altrimenti esplosivo.

 Atto ipotetico – Il mare intorno

L’abbandono da parte statunitense e, giocoforza della Nato a propria – diretta o indiretta – guida, dell’Unione Europea meticciata UK in merito alla guerra ucraina potrebbe essere un segnale a favore di questa ipotesi di disponibilità di spartizione del mondo di matrice Brics. O di paura? Perché non chiederselo? Cina e Russia affiancati da Pakistan, India, Brasile e altri paesi a questi sodali, avrebbero molte ragioni di vendetta per lasciare solo il Nord America con il mare intorno.