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Il migliore dei mondi possibili?

di Roberto Pecchioli - 22/09/2025

Il migliore dei mondi possibili?

Fonte: ilperchecuiprodest

Il suicidio è oggi la seconda causa di morte tra i giovani? La riflessione, semplice sino alla banalità, è che la civiltà in cui siamo immersi non può essere la migliore di tutte, o addirittura l’unica possibile come ci fanno credere, se chi entra nella vita sente l’impulso di togliersela o di metterla in gioco nella schiavitù dei paradisi artificiali, surrogati temporanei di inferni reali.

“Dalla perfezione suprema di Dio deriva che, creando l’Universo, ha scelto il miglior piano possibile, nel quale la più grande varietà possibile è congiunta con il massimo ordine possibile. E ciò perché, nell’intelletto divino, in proporzione alle loro perfezioni, tutti i possibili [enti] pretendono l’esistenza; il risultato di tutte queste pretese deve essere il mondo attuale, il più perfetto possibile. Senza di ciò non sarebbe possibile rendere ragione perché le cose siano accadute così e non altrimenti.” Parole di Gottfried W. Leibniz (1646-1716), l’ultimo genio universale, filosofo, letterato, matematico, fisico, teologo e scienziato, entusiasta sostenitore del progresso tecno scientifico. Voltaire lo attaccò con  pesante sarcasmo nel Candido. Il maestro di Candido è un ottimista leibniziano, Pangloss, docente di metafisico-teologo-cosmoscemologia, dottrina il cui pilastro è che viviamo nel migliore dei mondi possibili: “tutto ciò che esiste ha una ragione di esistere, ad esempio i nasi servono ad appoggiarvi gli occhiali, e infatti noi abbiamo degli occhiali”.  Chissà che avrebbe pensato il sulfureo Voltaire dell’affermazione di Hegel secondo cui tutto ciò che è reale è razionale, poiché possiede una struttura logica e un senso intrinseco, sviluppo necessario dell’Idea o Spirito Assoluto.

Il suicidio è oggi la seconda causa di morte tra i giovani? La riflessione, semplice sino alla banalità, è che la civiltà in cui siamo immersi non può essere la migliore di tutte, o addirittura l’unica possibile come ci fanno credere, se chi entra nella vita sente l’impulso di togliersela o di metterla in gioco nella schiavitù dei paradisi artificiali, surrogati temporanei di inferni reali.

Pensieri oziosi di uno sfaccendato osservatore ed onnivoro lettore, se non fosse che la riflessione sorge spontanea dinanzi a un freddo verdetto statistico: il suicidio è oggi la seconda causa di morte tra i giovani. La prima sono gli incidenti, che lasciano anche un gran numero di invalidi; la terza sono i decessi legati alle dipendenze, droga e alcool su tutte. Il rischio, nel migliore di mondi, votato alla mistica ottimistica del progresso che tanto affascinava Leibniz e Pangloss, è che la guerra ridiventi la prima causa di morte dei giovani. La riflessione, semplice sino alla banalità, è che la civiltà in cui siamo immersi non può essere la migliore di tutte, o addirittura l’unica possibile come ci fanno credere, se chi entra nella vita sente l’impulso di togliersela o di metterla in gioco nella schiavitù dei paradisi artificiali, surrogati temporanei di inferni reali. La sovrabbondanza di mezzi- scambiati per fini- non soddisfa l’inquietudine del cuore.  

Tuttavia non possiamo abbandonarci a un pessimismo distruttivo, alla Schopenhauer, per il quale unico rimedio al male, alle sofferenze, alla caducità e imperfezione della condizione umana, alla lotta di tutti contro tutti insita nella natura, madre malvagia, è l’assenza di volontà, “voler non volere”, la noluntas. Oppure trascorrere la vita intera senza strappare mai il “velo di Maya”, l’illusione che nasconde la vera essenza delle cose. Chi inizia la vita nell’occidente odierno, se conserva sensibilità ed empatia, finisce per credere, come Schopenhauer, che “ questo mondo è fatto per sussistere a malapena” .Che distanza dall’entusiasmo di Leibniz ! Conclude il rivale di Hegel: “se fosse un altro poco peggiore, non potrebbe sussistere più. Ne consegue che uno peggiore, non potendo sussistere, è impossibile; che esso è dunque, dei mondi possibili, il pessimo”. Non la pensiamo come il filosofo di Danzica: non la natura, né il Dio in cui non credeva, rendono pessimo il mondo, ma il comportamento predatorio di una parte dei suoi abitatori umani.

Tanto più nelle civiltà materialistiche da cui sono scacciati lo spirito, la metafisica ( ciò che eccede quanto è fisico, tangibile) l’afflato alla trascendenza e, come capita oggi, addirittura il pensiero, la riflessione, per Boezio- ultimo filosofo del mondo classico- uniche consolazioni della creatura umana, consapevole del suo tragico destino di essere finito. Astrattezze teoriche, arzigogoli della mente? Possibile, tuttavia è tra noi il  convitato di pietra, l’elefante in cristalleria di esistenze – milioni di vite, specie giovanili- a cui è stato sottratto il senso, lo scopo, il desiderio stesso di “esserci” ( il dasein di Heidegger), lottare, cambiare il mondo – aspirazione ed illusione di ogni generazione- sino alla devastante esperienza dell’insignificanza dell’esistere. Questa è , alla fine, la spiegazione del suicidio come orrenda soluzione al male di vivere e la motivazione profonda del successo delle varie dipendenze messe a disposizione dalla società-mercato in cui il consumo è misura di tutte le cose. 

Se i più si lasciano vivere, assumendo come proprie –convinti di averle scelte liberamente- le condotte, le preferenze, le idee proposte dal sistema dominante, alcuni esseri umani, più numerosi di quanto appaia ( la foresta che cresce non fa rumore, a differenza degli alberi che cadono), comprendono che non il mondo, ma il sistema economico, civile, esistenziale vigente non è affatto il migliore possibile. Sarà per questo che il potere lavora alacremente per renderci non solo eterodiretti, ma non pensanti, prevedibili nei comportamenti, burattini nelle sue mani. Chi lo capisce, magari confusamente, d’istinto, come accade nell’età giovanile, rimane folgorato. A differenza del passato non trova però sponde, alternative, idee forti per le quali vivere. Le domande di senso, infatti, sono state espulse dalla gigantesca rete a strascico predisposta dal Dominio.

Ci è già capitato di accennare al pensiero ridotto a FAQ ( frequently asked questions) , le domande predefinite poste a mo’ di libretto di istruzioni a corredo di molti contenuti in rete. Domande costruite a priori con risposte altrettanto standardizzate: il potere se la canta e se la suona; i sudditi-utenti-consumatori devono non solo crederci, rinchiudere il proprio orizzonte nel recinto voluto dai Superiori, ma addirittura diventare resilienti, ossia accettare le negatività, assorbirle e tornare nella posizione iniziale in attesa del colpo successivo. Il gioco continua all’infinito: per chi non ci sta la soluzione , sempre più spesso, è allontanarsi dalla vita o rifugiarsi nella dipendenza preferita, anch’essa costruita, controllata, sfruttata dall’apparato di riproduzione dell’esistente.  L’altra opzione è lasciarsi assorbire. In questo senso , l’alleato perfetto è la tecnologia, diventata insidiosissima padrona in molti ambiti, addirittura sostitutiva dell’umano nella rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale.

Il potere antiumano ci soverchia mentre ci sostituisce, inverando la lezione di Gòmez Dàvila: il progresso si computa in imbecilli. Prigionieri delle FAQ e dell’I.A. che dirime  ogni questione in tempo reale in base alle informazioni ricevute , cioè alle scelte dei dominanti, diventiamo figurine di una civiltà in declino, caratterizzata dalla tendenza alla standardizzazione e all’uniformità ( A. Toynbee), credenti nella finzione democratica, che “ richiede necessariamente, in primo luogo, l’omogeneità e, in secondo luogo, se necessario, l’esclusione e la distruzione dell’eterogeneo.” ( Carl Schmitt). Ma l’Intelligenza Artificiale non lo spiega: domanda inappropriata. Pangloss aggiornato al terzo millennio;  rinunciamo all’uso del cervello, la testa ha la funzione del detto napoletano, “spàrtere” (dividere) le orecchie degli sciocchi. Ai quali bastano le dita per battere sui tasti degli apparati informatici.  La riflessione è una perdita di tempo, tutto è già dentro la scatola magica (smartphone più applicazione di I.A.) già largamente utilizzata al posto dell’intelletto personale. No, non è il migliore di mondi possibili se i manufatti sostituiscono il pensiero, il giudizio, lo sforzo individuale, ed il virtuale vince sul reale.  

Perchè non è così strano, benché sconvolgente, che la parte più sensibile e quella più fragile delle ultime generazioni viva con disagio, persino con disperazione, l’impatto con un mondo sempre meno a misura d’uomo, lasciandosi travolgere da condotte asociali, dalle dipendenze e purtroppo dall’autolesionismo, sino al suicidio.

Un panorama perfetto per il declino cognitivo, accertato dal progressivo calo del quoziente intellettivo medio, che facilita l’operazione di controllo e sorveglianza a danno degli individui e dei popoli, per l’ omologazione delle idee, delle reazioni, delle scelte prodotta dall’apparato pubblicitario-propagandistico. Nel migliore dei mondi possibili, nel regno del progresso, diventiamo più stupidi, più prevedibili, più facili da abbindolare con parole d’ordine quali “ lo ha detto la scienza” , “il lato giusto della storia”, “leggi di civiltà”. Scambiamo la libertà con la comodità nell’ adesione acritica al sistema, il  consenso sottomesso teorizzato da Noam Chomsky. Nell’eldorado post moderno non ci importa che l’uso prolungato dell’I.A. danneggi memoria, creatività e pensiero critico. L’attività cerebrale viene alterata, così come la capacità di interagire con le altre persone. La monade solitaria è spinta a vivere nel chiuso bozzolo virtuale, con atrofia cognitiva, perdita di creatività e proattività. La capacità di calcolo e la memoria vengono intaccate dall’eccesso tecnologico a cui affidiamo tutto, evitando di attivare i circuiti neurali alla base del processo di memorizzazione. Perdiamo l’ abilità di orientamento affidandoci ai  GPS e l’autonomia di ragionamento, delegata all’ I.A. e ai motori di ricerca.

Un gruppo giovanile a cui è stato chiesto di scrivere un elaborato utilizzando i mezzi elettronici ha avuto difficoltà perfino a ricordare il proprio testo, a differenza del gruppo di controllo che ha operato senza ausilio esterno. Un ulteriore esperimento ha rilevato che la riduzione dell’attività neurale tendeva a permanere anche quando è stato chiesto di redigere un contenuto senza l’aiuto tecnologico. L’attività cerebrale si è focalizzata sul tentativo di ricordare piuttosto che elaborare ragionamenti. Un altro effetto dirompente è la difficoltà a socializzare con interlocutori reali, con il rischio di sviluppare dipendenza emotiva verso la macchina artificiale, programmata per fornire approvazione. Non è dunque così strano, benché sconvolgente, che la parte più sensibile e quella più fragile delle ultime generazioni viva con disagio, persino con disperazione, l’impatto con un mondo sempre meno a misura d’uomo, lasciandosi travolgere da condotte asociali, dalle dipendenze e purtroppo dall’autolesionismo, sino al suicidio. Nel migliore dei mondi possibili resistono i gregari e i non pensanti. Selezione innaturale.