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Il noto vicolo cieco della storia recente verrà imboccato una volta di più

di Andrea Zhok - 11/06/2020

Il noto vicolo cieco della storia recente verrà imboccato una volta di più

Fonte: Andrea Zhok

Le grandi manovre politiche degli ultimi mesi indicano l'orizzonte che attende il paese.

Il "piano Colao", elaborato su mandato della maggioranza di governo, con la specifica benedizione di PD e Italia Viva, è una collezione di idee estratte dai ruggenti anni '90.

Il senso complessivo è: Solo l'impresa privata produce valore, lo stato deve limitarsi a non porre impedimenti (no responsabilità penale per Covid contratto su lavoro, lasciare campo libero alle autocertificazioni) e ad aiutare l'impresa privata a fare profitto, perché poi ne beneficerà automaticamente l'intero paese (trickle-down economics is back).

Prendendo a titolo di esempio le idee per Istruzione, Ricerca e Sviluppo (su cui mi esprimo per maggiore prossimità), troviamo mescolata fuffa allo stato puro ("partnership per upskilling"? "modernizzazione del sistema della ricerca"?), con idee stantie che hanno già avuto modo di fare danni nel recente passato, come la famosa "individuazione di poli di eccellenza scientifica", che hanno già alimentato la concentrazione dell'attività di ricerca in aree sempre più ristrette, creando le condizioni per il deperimento della maggior parte delle università verso mere 'teaching universities'. O ancora, il supporto ad una "istruzione terziaria professionalizzante" (perché il sogno di ciascuna impresa da sempre è di avere ingranaggi pronti all'impiego, che sanno già proprio quello che serve a te, senza dover spendere soldi per onerosi corsi introduttivi o apprendistati).

Questo è quello che ha partorito progettualmente il governo.
Più precisamente, il compromesso tra le forze di maggioranza sembra essere stato: PD e Italia Viva hanno contribuito nominando la banda Colao, Conte e il M5S hanno contribuito mettendo nel cassetto quelle proposte (e, almeno di ciò, vanno ringraziati).

Quanto all'opposizione, ciò che salta agli occhi è il colossale riposizionamento del suo maggiore partito, la Lega, che dopo essersi proposta per un annetto come Lega nazionale, dando l'impressione di alimentare un'istanza di unità nazionale e popolare, è ritornata all'ovile neoliberista della tutela dei centri produttivi padani.

Per un breve periodo Salvini si è proposto come difensore della Patria e del Popolo (con quanta credibilità, è un'altra storia), salvo poi riprendere le gloriose bandiere classiche dell'antistatalismo e del liberismo.
(Naturalmente, visto che Salvini era stato anche prima un sostenitore della Flat Tax, il sospetto che non si fosse allontanato troppo da casa era presente ai più accorti anche prima, ma ora il figliol prodigo è rientrato senz'altro nelle sue casematte brianzole e tutto è di nuovo chiaro.)

Il quadro complessivo è dunque abbastanza semplice: le principali forze della maggioranza e dell'opposizione condividono un vetusto e fallimentare paradigma liberista, che detterà l'agenda degli interventi nei mesi a venire.

La crisi in corso (ed in accelerazione) abbatterà ogni residua resistenza, perché una volta che hai impostato il discorso assumendo che "solo l'impresa privata produce valore", ad ogni problema si potrà rispondere dicendo che la soluzione sta nello stimolare gli 'spiriti vitali' delle imprese, nel 'togliere lacci e lacciuoli', nel 'lasciar fare al mercato', nell'aiutare il mercato nel duro compito di fare profitti.

Il noto vicolo cieco della storia recente verrà imboccato una volta di più.

Eh, sì, ci aspettano anni entusiasmanti.