In bilico sul bordo del baratro, e guardare giù, con freddezza
di Federico Mosso - 12/09/2025
Fonte: Federico Mosso
1914/1939/2025: se il pericolo di un nuovo conflitto mondiale è oggi concreto, si deve considerare una differenza sostanziale, oggettiva e non politica, con le due precedenti guerre mondiali.
Il consenso alla guerra delle masse, perlomeno quelle del blocco Ovest, ergo NATO, oggi viene a mancare.
Nel 1914, e nel 1939, i popoli coinvolti scesero in guerra con volontà scaturita dalla necessità percepita, se non addirittura con entusiasmo. Vuoi per patriottismo, per ideologia, per conquista o di contrasto alla conquista altrui, per sopravvivenza, per imperialismo, per difesa di un concetto di mondo rispetto ad un altro che si voleva imporre in Europa e quindi a livello globale, eccetera.
Adesso in Occidente, abbiamo sì gli eserciti, più o meno consci e preparati (insomma …) ad uno sforzo terrificante e immane che si prefigurerebbe con un confronto militare con l’Oriente, ma essi rispondono alla direttiva politica di governi che per larga parte non rappresentano assolutamente la volontà popolare, innegabile. Non c’è dietro agli eserciti, il sostegno morale, la determinazione dei popoli che accettano, incoraggiano, partecipano ad un’eventuale discesa in guerra. La Bandiera. L’Idea. La Patria. La Terra. Il Sangue dei propri simili: non pervenuti. Si sta scrivendo con una visione collettiva percepita, e non considerando percentuali ristrette di europei occidentali che sosterrebbero con entusiasmo – costi quel che costi – la NATO in una terza guerra mondiale, nel confronto diretto con la Russia.
Le cause di questa mancanza di supporto morale e ideologico agli eserciti che verrebbero schierati sono diverse, ma le cui principali sono tre:
- La grande disaffezione della gente per la politica comunitaria europea, specialmente in politica estera, i cui motivi si conoscono e non starò qua a snocciolarli. La malattia è endemica. Il cittadino medio non si sente rappresentato, le posizioni assunte dai governi europei sulle crisi internazionali spesso non sono capite, né accettate.
- La sensazione di un rischio estremo, perché la guerra non verrebbe combattuta solo da carri armati, ma con le armi nucleari. L’Olocausto Atomico, il suicidio dell’uomo: non si esagera con visioni apocalittiche; il pericolo di una totale distruzione della razza umana è concreto ed esiste dagli anni ’40-50 del secolo scorso, cioè dall’avvento della tecnologia bellica nucleare e il diffondersi di arsenali in grado di bruciare l’intero pianeta, più volte. Scomparire così, in un fungo atomico, sarebbe il crimine supremo, la blasfemia assoluta nonché l’atto più imbecille che l’essere umano potesse mai concepire: uccidersi in un lampo, tutto finito, off di tempo e storia – per l’eternità.
- La percezione di un nemico a est: in generale non c’è, o comunque non sufficiente per motivare una guerra. Anche rispetto alla guerra fredda di un tempo, l’uomo comune dell’Europa occidentale, non avverte l’ostilità del mondo orientale. Fino al secolo scorso, nella vecchia guerra fredda (o prima guerra fredda), l’uomo comune dell’Europa occidentale, a meno che non fosse un comunista, temeva l’oriente rosso. Quello era il collante NATO e dei popoli appartenenti a Stati che ne facevano parte: l’anticomunismo, che raggruppava a sé un’infinità di idee e gruppi, dai socialdemocratici alle posizioni di destra più accesa, passando per cristiani, liberisti e liberali, e tutto nel mezzo, destra-centro-sinistra: masse, milioni di individui, a centinaia. Era proprio la contrapposizione ideologica tra due modi di vivere, di intendere la vita – distinzione est/ovest = distinzione comunismo/anticomunismo, ergo percezione di un pericolo, ergo percezione di un nemico ben identificato con l’est. La Russia con le immagini del Cremlino e le cupole di San Basilio, rappresentava l’essenza di ciò, il nemico, temuto, contro il quale si avvertiva la necessità di contrastarlo, anche militarmente. Ma il comunismo, inteso come sua concretizzazione nella sua forma URSS e satelliti, è morto oltre trent’anni fa, son tanti, e sul Cremlino e sulle cupole di San Basilio, la bandiera rossa non sventola più, e l’uomo comune europeo non è più ostile a quel mondo, perlomeno non nel grado di ostilità che sia di motivo e forza morale a sostegno di una guerra diretta.