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Individualismo malattia letale

di Marcello Veneziani - 20/02/2017

Individualismo malattia letale

Fonte: Marcello Veneziani

C’è una malattia radicale che colpisce senza pietà il Pd con tutte le sue correnti e la destra intera, pezzettini inclusi, ma anche la sinistra-sinistra, i centrini vari e perfino i grillini. È la malattia che sta uccidendo la politica. È l’individualismo. Ognuno si mette in proprio, nessuno riconosce legittimità di leadership a nessuno, ciascuno sospende le ostilità quando il leader in carica è forte, vincente e distribuisce i dividendi del suo successo.

Ma appena s’appanna la sua forza, s’intravede una sconfitta o semplicemente s’addormenta, ecco che gli saltano addosso e se lo mangiano vivo. Accade a Renzi, come a tutti i leader in ballo. E anche i congiurati, se vai a vedere, rappresentano ognuno un caso a sé.

Tre concorrenti, più una decina di correnti e una spianata di vecchi leader ciascuno con la sua posizione, irriducibile alle altre. Per non dire del pozzo ulivista e democristiano di sinistra, di cui Franceschini è solo il più in vista. Il caso più assurdo è la sinistra “collettivista”: un tempo aveva un leader, Vendola, ora c’è Pisapia che va per conto suo; c’è Scotto, che se ne va col suo gruppo per la sua strada; un altro ancora, Fratoianni, diventa leader, mentre gioca in proprio come Vestale Internazionale, la piangente Boldrini.

Vi risparmio di descrivere la destra, l’ho fatto più volte e sono tutti permalosi, ognuno a turno si sente vittima di chissà quale piano di sterminio e non semplicemente di un’opinione libera e critica. A destra cominciò il Partito Personale con Berlusconi, Fini e Bossi. Poi si estese ovunque e dilagò a capetti, sotto capetti, mezzi colonnelli, capi bastone…

Di microcentrini ce ne sono a grappoli. E lo spettacolo dei grillini che si cannibalizzano a vicenda sul corpo martoriato della Raggi dimostra che anche l’antipolitica segue le stesse regole suicide della politica. Ognuno fa la sua scissione e il suo minipartito nel nome dell’unità… Inteso come uno. Narcisi, egocentrici.

Nessuno riconosce un principio superiore a se stessi, un’idea, una Casa, un partito che prevalga sui singoli. Una volta c’era la Ragion di Stato, l’Amor patrio, il supremo interesse nazionale, la ragion di partito, la fede, l’obbedienza e l’osservanza.

Oggi, nell’epoca liberale e liberista, tutto è ridotto a patto tra soggetti e contratto privato, il politico è un libero professionista con la sua partita Iva e rimorso a piè di lista appena qualcosa non soddisfa i suoi punti di vista. Anche le massicce transumanze di partito nascono di lì. Quel che conta è solo l’Io. Vado dove mi porta l’interesse, ogni intesa dura finché perdura la convenienza a stare insieme. La politica è ridotta a una collezione di casi personali, di selfie in pubblico e di utilità private.

L’individualismo è la causa principale del degrado della politica che per natura e vocazione è passione collettiva, appartenenza a una comunità, gerarchia e solidarietà. Nasce dall’odierno orizzonte liberale e mercantile ma in Italia trova terreno fertile.

Anche il malaffare o la corruzione nasce dal non avere altro principio, altro criterio al di sopra di sé: ciò che più conta sono io e chi mi è vicino. Se l’unico valore assoluto e non negoziabile è il mio vantaggio personale allora rubare è possibile, ci frena solo il timore della sanzione… Non dobbiamo render conto a nessun dio, nessuna storia, nessuna Causa, di quel che siamo e facciamo.

Per questo ho provato un misto di compassione, ripulsa e solidarietà per l’inno comunista che risuonava tra i congiurati contro Renzi; così come in qualche revanche missina o democristiana d’altre parti. Un vintage estremo e grottesco. Una bandiera rossa per coprire con gli orrori grandiosi del comunismo passato le miserie piccine del presente individuale.

L’Italia affonda? L’importante è che galleggio io.