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Investimenti a medio-lungo termine

di Pierluigi Fagan - 30/04/2022

Investimenti a medio-lungo termine

Fonte: Pierluigi Fagan

L’altro giorno Biden ha chiesto al Congresso di poter mettere sul piatto altri 33 mld US$ più i 14 mld già stanziati per un totale di 47 mld, un bel investimento. Si capisce a questo punto anche meglio quella che a molti è apparsa una precipitosa e mal organizzata fuga dall’Afghanistan (non a chi scrive che si è astenuto da improvvidi commenti sul declino dell’Impero, che poi “impero” non è esattamente rispetto al suo concetto), è chiaro che si trattava di chiudere un rubinetto esoso che serviva a poco per aprirne un altro, anche più costoso, con prospettive però più promettenti. Ma promettenti per cosa?
Biden ha ribadito quanto detto l’altro giorno da Lloyd Austin (Difesa) ovvero che l’obiettivo che gli USA perseguiranno in questa guerra per procura è il -definitivo- indebolimento della Russia. E sappiamo già da molteplici segnali ed aperte dichiarazioni che questo obiettivo, per esser perseguito, richiederà mesi e mesi. Ogni tanto gli americani e gli inglesi si abbandonano ad un più lungimirante “anni”. Poiché messo così è un obiettivo poco chiaro nelle finalità, si deve aggiungere il quanto mai improbabile “fino alla vittoria definitiva dell’Ucraina” cosa che tanto non è realisticamente perseguibile, ma piace molto al superficiale dibattito pubblico che scambia la realtà per Netflix.
Questo obiettivo di indebolimento -definitivo- quindi che senso ha? Nel senso da non permettere alla Russia future altre avventure come in Ucraina, ha detto Biden. Avrebbe potuto anche dire “come in Siria” o “come in Libia” o “come in Africa” più in generale o come “nel Caucaso”, il menù geopolitico della grande frizione USA-Russia è ampio. Insomma, alzando la sguardo da dove cercano di fissarci con l’ossessiva tiritera dell’aggredito-aggressore, l’obiettivo strategico reale è portare la Russia ad un livello di potenza militare (funzione di quella politica-geopolitica-economica-finanziaria-culturale) che non intralci altre future avventure belliche in giro per il mondo con pericolose tendenze multipolari. Obiettivo, questo, aperto? Ovvero senza oggetto specifico e quindi, al momento, ampio ma indeterminato?
Come sa chi frequenta la pagina almeno negli ultimi due mesi, abbiamo più di una volta avvertito del “grande conflitto Artico” che sembra si stia apparecchiando da tempo e con varie conferme empiriche.  
L’Artico ha quattro caratteristiche principali. La prima è che è per lo più disabitato per via del clima e relativa ecologia limitata. La seconda è che in ragione di ciò, ha sì dei “confini” di pertinenza di questo o quello stato, ma nessuno si è mai preso la briga di questionarne pertinenza, origini e ambiguità visto che non c’era alcun interesse in merito. La terza è che la sua condizione climatica ed ecologica sta cambiando in ragione del più ampio cambiamento climatico che già sappiamo continuerà ad agire e modificare questa area nei decenni a venire. La quarta è che ricerche ed approfondimenti degli ultimi tempi hanno rivelato, da una parte una enorme ricchezza di depositi di energia fossile e soprattutto minerali (“soprattutto” perché la penuria di minerali sul pianeta ha anche più rilevanza ed urgenza di quella energetica), dall’altra lo stesso cambiamento climatico promette di liberare la sua navigabilità. Quest’ultimo punto è letteralmente “epocale” in quanto tutta la nostra geostoria e relativa geopolitica e geoeconomia si è svolta nei secoli passati o per terre o per mari caldi o tiepidi. È come se un congruo pezzo di Terra entrasse improvvisamente in gioco ed il gioco di tutti i giochi che è la geopolitica, certo non può non interessarsene.
In senso stretto, sono sei gli stati che hanno pertinenze geografiche sull’Artico: Russia, Norvegia, Islanda, Groenlandia (Danimarca), Canada, Stati Uniti (Alaska), ma in senso più ampio, come stati del Consiglio dell’Artico, ad essi si aggiungono Svezia e Finlandia. Il Consiglio dell’Artico ha poi altri sette membri osservatori permanenti (tra cui Cina, India, Giappone ed anche Italia), più altri sei sempre osservatori ma non membri. Il Consiglio dell’Artico è istituzione giovane, del 1991. La presidenza di turno del Consiglio è della Russia fino al 2023 e dal 3 marzo scorso, una settimana dopo l’inizio del conflitto ucraino, tutti i cinque membri non russi si sono autosospesi quindi il Consiglio non opera più.
Il Consiglio aveva funzioni cooperative multilaterali a fini scientifici. Lo scioglimento dell’Artico pone diversi problemi ecologici, piuttosto gravi. Si va dalla potenziale liberazione di una quantità spropositata di carbonio intrappolato nel permafrost (ben il 50% del carbonio globale) al potenziale suicidio di specie del merluzzo. Il mar Artico è un di cui dell’oceano planetario per cui profondi e rapidi cambiamenti nella zona, avranno effetti complessi (a più variabili ed interrelazioni non lineari) su tutto il sistema delle acque (tra cui il cambio di temperature e salinità dei mari, nonché le correnti anche con forti effetti climatici sulle varie coste ed ecologie).
La Russia è non solo l’azionista di maggioranza geografico dell’Artico (quasi metà delle terre che vi si affacciano), ma molto più militare ed economico. Infatti, i russi hanno investito moltissimo nella militarizzazione dell’area (che assieme ai nuovi sistemi d’arma vantati da Putin e l’ammodernamento dell’arsenale nucleare sono state le tre direttrici di cambiamento della politica militare di Mosca, a scapito della vecchia concezione di terra ovvero soldati e blindati), anche perché il 90% del loro gas e 60% del greggio lo estraggono da loro territori nella sfera artica. Altresì, da tempo promettono alla Cina di offrirgli la nuova rotta di collegamento oriente-occidente che salterebbe a piè pari i molteplici problemi geopolitici degli stretti (Malacca) e degli oceani (questione indo-pacifica).
Venendo all’attualità recente, il 12 aprile Putin ha fatto un vibrante intervento chiedendo di salvare la cooperazione sull’Artico dal processo fratturazione in corso tra USA-NATO e Russia. Fonti ucraine sostengono che molti ucraini dei territori occupati dai russi sono stati deportati proprio nelle zone artico-siberiane (dove c’è un grosso problema di sottopopolazione). La stessa improvvisa fretta di inglobamento di Svezia e Finlandia nella NATO potrebbe avervi a che fare.
La battaglia per l’Artico ha tempi medio-lunghi e del resto ha tempi medio-lunghi anche tutta la problematica del cambiamento climatico-ecologico della regione. Ma se per le questioni planetarie relative all’ecologia e la climatologia, relativamente alle epidemie e pandemie, relativamente al grande disordine demografico-economico e geopolitico non si trova mai tempo ed intenzione per porvi attenzione nel senso dell’interesse comune planetario, le questioni economiche e finanziarie e delle risorse e delle linee di traffico hanno eserciti di studiosi, consulenti, portatori di interesse, nonché stati e potenze che sono i veri enti intenzionali. E questa attenzione sa che il futuro va previsto e programmato mentre noi utenti del futuro agiamo di solito come formichine cieche che hanno a prospettiva il centimetroquadro e la mezz’oretta. Le élite hanno concezioni spazio-temporali diverse dalle nostre, per questo sono élite.
In Ucraina c’è quindi una guerra civile, una guerra aggredito-aggressore, una guerra per procura USA/Nato-Russia, una guerra USA-Russia per l’Europa, una guerra tra uni/bi-polarismo e multipolarismo a scala planetaria, ma anche la preparazione della futura guerra dell’Artico dove chi è in svantaggio (gli USA) vuole -definitivamente- indebolire chi è in vantaggio (Russia).  
Ecco anche spiegato perché nel dibattito pubblico, il vero e più insidioso nemico è il “complessista”, perché se osservate solo una piccola porzione spazio-temporale del quadro darete certi giudizi a cui farete conseguire certi comportamenti, se invece ampliate spazio e tempo dell'inquadratura, be’ la faccenda potrebbe muovervi ad altre più articolate considerazioni.
La guerra sul mondo è sempre una guerra sull’immagine di mondo.
[Se qualcuno ha notizie sul perché non è più accessibile on line l'Osservatorio per la Sicurezza Internazionale della Luiss e relativa pagina facebook (prof. A. Orsini), le può postare per favore?]