Il vate e l'autodeterminazione dei Popoli
di Francesco Petrone - 11/06/2025
Fonte: Francesco Petrone
Se vogliamo uscire da una logica viziata da stereotipi ideologici e analizzare le vicende dell’ultimo scorcio del secolo appena trascorso, esclusivamente da un punto di vista geopolitico, dobbiamo rivedere anche il giudizio che abbiamo dato a molte vicende di un recente passato. Frequentemente, determinate ideologie, sono state utilizzate prevalentemente come idee forza. Sono servite per mobilitare le masse in autentiche guerre di liberazione nazionale in nome della sovranità e dell’indipendenza. La loro era una liberazione da un potere economico che si era esageratamente sovrapposto al potere politico e che rappresentava unicamente gli interessi di centrali economiche, totalmente estranee ai popoli sottomessi. In troppi casi era la classica forma di neocolonialismo. Solo pensando al periodo che parte dal secondo dopoguerra, possiamo osservare che molti popoli adottarono solo strumentalmente determinate ideologie e issarono determinate bandiere, per arrivare al solo scopo di liberarsi dalla soggezione economica straniera. È accaduto con la Cuba di Castro, l’Argentina di Peron, il Cile di Allende, sta accadendo con la Cina di Xi jinping, la Russia di Putin, il Vietnam di Ho Chi Minh, l’India di Gandhi, l’Iran di Khomeini, la Siria di Assad, la Libia di Gheddafi, l’Egitto di Nasser, il Burkina Faso di Sankara, e molti altri Paesi etichettati magari come Stati canaglia o altro. Alcuni leader hanno adottato forme di socialismo, altri di nazionalismo, o di islamismo o anche ideologie parafasciste e sindacaliste come in Argentina. Nonostante ciò tutti avevano lo stesso programma di base che era quello di nazionalizzare le industrie strategiche per sfuggire alla gestione di rapina delle multinazionali e delle grandi banche internazionali. Infatti innumerevoli sono stati i tentativi di edificare banche sovrane o di difesa della moneta. Questo mentre “esperti” e politologi facevano finta di non capire indicando i fenomeni coi nomi più disparati. Possiamo affermare con tranquillità che l’identificazione fra sfruttamento coloniale e imperialismo coloniale fu compresa a livello politico per la prima volta in assoluto dai socialisti italiani Gabriele D’Annunzio ed Alceste de Ambris in occasione degli.eventi di Fiume con la famosa impresa. La cosa era nata come un moto irredentista, una reazione per la vittoria mutilata. Il poeta si mise a capo di legionari per occupare la città con un moto che prese immediatamente una piega rivoluzionaria. Molti pensavano che la cosa finisse in tal modo, un puro atto dimostrativo estetizzante di un poeta amante del bel gesto. Invece la cosa prese un'altra piega e preoccupò più di una cancelleria. Era da poco terminata la guerra, combattuta insieme alla triplice intesa, che, si comprese che certi alleati non facevano gli interessi dell'Italia. Infatti, già il governo Giolitti doveva rifornire clandestinamente di armi la resistenza antinglese dei turchi di Kemal organizzata da Ankara, per impedire che il Mediterraneo orientale venisse interamente colonizzato dai britannici, Al contempo D’Annunzio da Fiume organizzò la rivolta dei molti popoli assoggettati da Londra. Da Fiume si incoraggiarono le genti dell’Indostan, gli irlandesi, gli egiziani, e si sostenne addirittura il diritto degli austriaci di ricongiungersi alla Germania. Inoltre si denunciò il potere bancario statunitense. Con grande intuizione, D’Annunzio parlò in uno dei suoi discorsi di mire statunitensi sul Giappone e sulla Germania per fare il balzo da questi due forti punti d’appoggio sull’Eurasia. Inoltre D’Annunzio ebbe il coraggio di schierarsi con la Russia rivoluzionaria, non perché comunista ma perché disse che riconosceva al popolo russo il diritto di essere padrone del proprio destino. Fece questo discorso dopo aver dirottato il Persia, un cargo carico di armi e destinato all’armata bianca, l’esercito contro rivoluzionario e sequestrò il carico con un atto di pirateria dei suoi uscocchi, i nuovi pirati e dirottatori di navi e di treni. Quello di Fiume fu il primo tentativo di rivoluzione globale che non si limitava al moto irredentista o semplicemente anticolonialista ma parlava di antimperialismo, contro ogni forma di neocolonialismo anche esclusivamente finanziario. Fu un esperimento rivoluzionario estremamente moderno e non del tutto compreso. Infatti recentemente è accaduto che emuli del Cancel Culture, hanno imbrattato con vernice rossa un monumento dedicato al poeta a Trieste. Da Washington compresero la potenzialità epidemica del fiumanesimo e costrinsero il governo italiano, fortemente indebitato con le banche statunitensi, a cannoneggiare la città come gli yankee avevano già fatto con la città di New York durante una rivolta della città al tempo della guerra di secessione. Un proiettile di una bordata aveva preso di mira proprio la finestra dello studio del poeta, il quale si salvo’ per miracolo con Luisa Baccarà che si trovava con lui insieme ad altri ufficiali. La battaglia fratricida, anche per via di terra, durò pochi giorni, dove avvenero cariche di cavalleria da ambo le parti. Fu una vera guerra rivoluzionaria fatta passare in seguito per episodio irredentista per ridimensionarne la portata nonostante avesse avuto il sostegno di tutta l'intellighenzia italiana, dalla Sarfatti, al Verga, da Marconi e Marinetti, da Comisso a Toscanini.